INCONTRO GIOVANI
GHIFFA 9-11 ottobre 2009
Cristo, nostra PACE
Alla scuola di san Benedetto:
PACE nelle contraddizioni
I. GESU’ E’ LA PACE (Ef 2, 13-22)
“Ora…, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta
di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due,
un solo uomo nuovo, facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l’inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi
che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci,
gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
Così dunque voi non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito”.
Cfr Mt 10, 34-39
“La pace, quella che Gesù offre al mondo e che ogni suo discepolo è tenuto a generare nel mondo, non è una pace fittizia, esteriore; non è solamente l’assenza di guerra, o un momento di tranquillità che copre ingiustizie e rivalità, per preparare poi un nuovo scontro. Gesù vuole far capire che non è venuto per una pace falsa, per lasciare le cose come sono… Gesù vuole un’altra pace.
La ‘spada’ che Gesù è venuto a portare sulla terra non è quella che offende il prossimo e ferisce il più debole, ma la spada che indica una violenza che l’uomo deve fare a se stesso; un combattimento mai finito conto l’impostura, la pigrizia, l’orgoglio, l’egoismo, contro i veri nemici dell’uomo.
Gesù non è venuto ad addormentare l’umanità, a presentarle un’accettazione passiva delle cose, un’acquiescenza a forme di ingiustizia e di violenza subìte come forza maggiore o per non mettersi nei pasticci: questa non è la pace di Gesù, la pace che Gesù vuole e deve generare nel mondo. Gesù vuole la pace nella giustizia, quindi in un continuo sforzo di verità, di attenzione, di rispetto verso l’altro, chiunque sia: a questo tipo di pace non si arriva facilmente, né lo si trova spontaneamente… La pace è e sarà sempre una conquista sudata, dolorosa, perché nasce sempre e solo dalla conversione del cuore, dall’impegno del servizio, dalla comprensione e accettazione positiva dell’altro.
Non illudiamoci: il cristiano non è quello che accetta tutto o interpreta tutto come ‘volontà di Dio’, con un’accettazione fatalista. La pace che il cristiano vuole costruire sulla terra è il frutto di impegno, di fatica, di sofferenza sostenuta nella certezza che Gesù opera insieme all’uomo di buona volontà e rende fecondo ogni sforzo della sua creatura. Mentre si presenta come il Principe della pace, Gesù vuole anche istruire di quale pace Lui è portatore e di quale pace il mondo ha bisogno, o qual è la vera pace, quella che non subisce sconfitte perché è cercata e generata giorno per giorno nell’impegno serio e generoso di quanti si fidano di Lui e del Suo insegnamento. Di più: Gesù mette in guardia coloro che seriamente intendono essere operatori di pace ( e quindi beati) da ogni possibile illusione: non è facile mettersi in questa posizione, non è comodo. Chi vuole operare la pace vera incontrerà sempre difficoltà ed opposizioni, si sentirà messo da parte, conoscerà divisioni e rifiuti, anche laddove vorrebbe e dovrebbe incontrare consensi.
La pace di Gesù diventa spada perché rivela la sincerità dei cuori, e mette a nudo le vere intenzioni delle persone. Avviene quanto già aveva annunciato il vecchio Simeone quando prende tra la braccia il bambino Gesù al tempio, e rivolgendosi alla Madre lo definisce “segno di contraddizione, perché svelerà il pensiero di molti cuori” (Lc 2, 34).
La spada di cui parla Gesù è l’effetto della pace che riposa sulla verità. Non c’è da meravigliarsi, allora, se l’impegno cristiano nel mondo, a tutti i i livelli del suo convivere sociale, non sempre è capito ed accettato, non sempre incontra favore ed aiuto, e anzi, deve spesso sopportare incomprensioni e giudizi negativi.
Gesù porta la spada, viene a dividere, perché viene a generare una ricerca di verità e quindi a denunciare posizioni di comodo che coprono falsità e violenze.
La pace che il cristiano vuole costruire nel mondo non può non passare attraverso la persecuzione, diventare ‘segno di contraddizione’, specialmente quando denuncia e cerca di eliminare emarginazioni, discriminazioni, miserie e crudeltà accettate come inevitabili, o peggio, nascoste e ignorate, come se non esistessero. Ma non c’è da scandalizzarsi. Gesù lo ha preannunciato, proprio perché quando queste cose avvengono nessuno perda la speranza, o smetta di impegnarsi coraggiosamente. Gesù ha insegnato che si arriva alla vita attraverso la croce, e si costruisce il regno di Dio dando la propria vita.
Cfr Gv 12, 20-27
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore…”. E’ questa la nuova logica che Gesù offre, ed è la certezza che il bene non va mai perduto, anche se in un primo momento sembra scomparire.
Di qui il cristiano prende la sua forza e la sua speranza, per non desistere mai, e continuare la sua azione, anche se si sente solo, anche se agli occhi di molti viene giudicato come inutile e improduttivo, anche se in un primo momento prevale il buio, il silenzio, l’inefficacia. Lavorare per la pace in un mondo come il nostro, dove domina l’idea del potere e del dominio, del profitto e del successo, può sembrare tempo e forze sprecate. Invece, il seme gettato nella terra deve marcire, per dare poi il suo frutto fecondo. E questa prospettiva è certa, perché Gesù la garantisce. Senza questa luce, che viene non solo dalle Sue parole, ma dalla Sua stessa vita, non è pensabile un impegno vero, serio e costante, coraggioso e intelligente per la pace nel mondo, pace a tutti i livelli. Sarà sempre difficile per noi, abituati a vedere crescere le nostre costruzioni e realizzarsi i nostri progetti, accettare che qualcosa di importante venga ‘sepolto sotto terra’ e debba anche marcire per dare poi il suo frutto, sarà difficile anche accettare di non vedere quei risultati che vorremmo o di non vederli in quella direzione che ci aspetteremmo: ma sarà questa la vittoria su noi stessi, la liberazione da una dipendenza che è pur sempre una schiavitù. Gesù insegna che la vera efficacia, la vera fecondità si acquistano nella pazienza, non intesa come passività, ma come passione che attende nella certezza.
Gesù ci insegna che “bisogna perdere la propria vita per trovarla”, presentando così una proposta che ha dell’assurdo, e la propone ancora ai greci, sfidando una mentalità legata all’immediato […] Bisogna seminare.
Bisogna avere il coraggio di marcire sotto terra,
di aspettare il tempo più giusto che fiorirà quanto di bene, di vero, di buono abbiamo donato. […]
La pace è dare la vita. La pace è un dono, il dono di sé, il dono della vita. L’uomo che vuole la pace è quindi destinato a dare la vita: non c’è altra strada se non quella segnata da Cristo, il Messia, il Salvatore, il Maestro. Gesù è la pace. Gesù che ha vinto la morte, ha vinto la crudeltà dell’uomo che condanna e uccide, che tortura e infierisce. Gesù è la pace perché è la vita nuova che scaturisce dal sepolcro vuoto. In Gesù la vera pace è qui, ed è reale. La pace è nelle nostre mani.
Da: G. Basadonna, …E pace in terra, Àncora, Milano 1991, pp. 101ss
II. San Benedetto:
PACE nelle contraddizioni
Gesù è la Pace. Ma seguire Gesù non significa… stare in pace! Trovare una comoda tranquillità, rifugiarsi in un beato pacifismo, accontentarsi del quieto vivere. Tutt’altro.
Seguire Gesù è iniziare una vera e propria lotta spirituale, perché significa iniziare a convertirsi, ritornare al Padre, perseverando in questo cammino di ‘ritorno’, senza voltarsi indietro.
Ce lo dimostra san Benedetto con la sua vita e con la sua Regola. Ce lo testimoniano tutti i santi.
Un passo centrale della Regula Benedicti, un brano che padre A. Louf definisce la notte oscura del cenobita, ce lo spiega bene:
“Il quarto grado di umiltà si raggiunge quando nell’obbedire, pur trovandosi di fronte a qualcosa di molto duro e contrariante per la natura, e persino di fronte a ingiustizie di ogni genere, si abbraccia la pazienza con maturo e consapevole silenzio interiore, e si rimane saldi, non ci si scoraggia né si indietreggia, poiché la Scrittura dice: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato; e ancora: Sii forte: si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.
Per dimostrare che il discepolo fedele deve saper sostenere per il Signore ogni genere di prova, la Scrittura mette queste parole sulla bocca di coloro che soffrono: Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello.
Ed essi, sicuri nella speranza della ricompensa divina, prose guono dicendo con gioia: Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, per virtù di Colui che ci ha amati […]
I discepoli obbediscono dunque al comando del Signore abbracciando la pazienza nelle avversità e nelle ingiustizie: percossi su una guancia, essi porgono anche l’altra; a chi toglie loro la tunica, cedono anche il mantello; costretti a fare un miglio di strada, ne fanno anche due; con l’apostolo Paolo sopportano i falsi fratelli e, offesi, rispondono con parole di bontà”.
Non è, dunque, un idillio, la pace — PAX! - benedettina! E’ un dono che nasce dall’alto, per grazia, e dentro la lotta interiore.
La pace a cui san Benedetto invita è forza nella prova, nelle contraddizioni, nelle cose dure e contrarianti della vita.
Guarda com’è realista Benedetto!
Non ti dice: vuoi essere monaco/a? Starai in pace! Ma: vuoi la Pace? Vuoi essere pace? Sì? Allora, ritorna a Dio. Lotta su te stesso/a; fa tutto per il Signore: sostieni la prova in Lui, spera in Lui, vinci ogni battaglia della vita nel Suo nome, con la Sua grazia.
Così, la ‘fortissima stirpe’ dei cenobiti è un popolo di graziati, sempre in cammino; che cade, si rialza, e sempre spera in Dio.
Anche nel cenobio, non ti è garantita una pace facile, comoda, a buon mercato. No. San Benedetto ti parla chiaro; ti dice addirittura: “sopporta i falsi fratelli”. E’ molto forte: falsi fratelli… E si tratti di monaci! Non ti illude il nostro santo padre. Ma ti promette la grazia di Dio, se tu cammini nella luce: con bontà, con pazienza, con fortezza, con intensità di desiderio. Avanti sempre in Lui: costa, ma la pace, la pace del cuore, nasce dentro questo costo. Dalla croce, la vita.
“Se la tensione non entra a far parte della mia vita, non avvertirò l’esigenza di diventare migliore di quanto sia. Finché sono inerte, non crescerò. Spesso è molto doloroso. San Benedetto non tenta di abolire il contrasto…”
E. de Waal
E lo dimostra la sua stessa vita, così come ci è stata raccontata da san Gregorio Magno nel secondo Libro dei suoi Dialoghi. Gregorio ci presenta un Benedetto messo alla prova, provocato continuamente alla lotta dall’avversario, osteggiato, incompreso, invidiato: la triste figura del prete Fiorenzo è la rappresentazione
visiva dell’invidia del nemico, che non gli da’ tregua.
Ma Benedetto dimostra che la sua pace è davvero Cristo, perché anche di fronte al male resta sempre interiormente libero, pronto a ricominciare sempre, aperto comunque all’amore. Questa pace interiore nelle prove e contraddizioni viene solo da Gesù Cristo, dalla vita centrata e ricentrata ogni giorno in Lui. E questa pace - dalla Pasqua! - assunta, rielaborata con tutte le proprie risorse, mi fa nuovo...
“Nella vita monastica ci viene data l’occasione per essere uomini e donne così liberi da poter dire di no al male, e questo pagando con la nostra vita, dando prova che è possibile crescere, cambiare, migliorare […] Davanti alla disperazione di Fiorenzo, Benedetto comprende che c’è un appello non a cercare di porre rimedio alla situazione con qualche rattoppo, ma che si necessita un ulteriore passo, un nuovo cammino… Fiorenzo sta creando a Benedetto dei grossi problemi ma, proprio in questo frangente, l’uomo di Dio comprende che gli si stanno aprendo delle opportunità che lui non aveva ancora visto. Così il nemico si trasforma, suo malgrado, in pedagogo, per l’eccellenza del discepolo. Benedetto comprende che qualcosa di nuovo deve nascere. Nasce, perché qualcosa deve morire…”
M. D. Semeraro, Liberi di amare, pp. 74-75.
PAX!
Noi vorremmo un cristianesimo a buon mercato, ma...
È dalla morte di sé che nasce il mondo nuovo!
Se la pace ha un prezzo,
se a volte ha un costo molto alto
acconsentire alla realtà,
accondiscendere alle contraddizioni della vita,
dentro questo SI’ anche paradossale
Dio ti si dona,
affinando nella vera libertà il tuo cuore.
E allora, in Lui, ha senso
il bene, l’amore, la vita che doni!
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