Sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, in una splendida cornice naturale, a breve distanza dal confine svizzero, in posizione elevata, sorge il Monastero della SS. Trinità. Qui dal 1906, proveniente da Seregno (Mi) vive, prega e lavora una comunità di circa 50 monache, secondo la Regola di San Benedetto e lo speciale carisma dell’adorazione eucaristica perpetua che da oltre 100 anni continua ininterrottamente!
A questo indirizzo è possibile visualizzare il documentario realizzato dall'emittente televisiva VCO Azzurra.
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Approfondimento: Terra di oranti, Ghiffa?
Postfazione del libro
«Lettere di un'amicizia spirituale»
di Monsignor Aldo Del Monte, vescovo emerito di Novara
Dopo Verbania, sulla strada nazionale che porta al Sempione, vi incontrate con un modesto gruppo di case, che fanno corona a una chiesetta che si specchia nel lago. È il piccolo borgo di Ghiffa. A sinistra, verso il ronco montano, si inerpica una stradetta asfaltata, che conduce a Ronco di Ghiffa, e va oltre, fino alla zona sacra della Santissima Trinità, già sede, nel XIX secolo, di un'altra comunità religiosa. Terra di oranti, Ghiffa?
Ora, dall'inizio del XX secolo il centro più sacro della zona, è il monastero delle benedettine del Santissimo Sacramento, cuore della frazione di Ronco e di tutta la riviera. È nascosto in un grande parco, che risale agli inizi del secolo, fiancheggia la strada ma appare, infine, alla destra di chi sale verso il monte, con una preziosa facciata di chiesa in pietra, di stile neoromanico. È l'unico luogo dove potete avvertire che il monastero vive; perché qui, sette volte al giorno, è possibile ascoltare la voce della preghiera in canto gregoriano della comunità "sepolta in Cristo". All'esterno, il monastero non si vede neppure: tutto è silenzio e solitudine.
Dunque per capirne la presenza bisogna entrare. Ogni tanto, si sente qualche squillo di campanella. È la voce dello Spirito che scandisce le ore dedicate alla preghiera e quelle dedicate al lavoro: «Ora et labora». San Benedetto, nella sua Regola, si rivela un Padre umanissimo: già nel prologo raccomanda: «Nihil asperum, nihil grave». È qui che si respira la spiritualità benedettina. Lo confermano due suggestive immagini di san Benedetto e di santa Scolastica, che sembrano vigilare amabilmente sull'osservanza della santa Regola. Le trovate ai primi passi di una breve gradinata che porta alla sacrestia. Ma è veramente solo benedettino l'ambiente spirituale di questo monastero? Me lo sono chiesto più volte anch'io, sentendomi investito, appena immerso nella comunità, da un fervore diverso, che, pur non cancellando nulla della Regola Sancti Patris Benedicti, attira lo spirito verso il più grande mistero della Chiesa: il Santissimo Sacramento. Il monastero di Ronco di Ghiffa è una singolare esperienza di ascetismo benedettino. Mi è familiare, da tempo, dopo la lettura di uno studio sui contenuti essenziali della Regola benedettina, di dom Maurus Wolter, abate di San Martino di Beuron, in Germania. È, forse, l'approfondimento più documentato intorno agli elementi di base che costituiscono la Regola di San Benedetto.
Non mi sembra inutile, prima di parlare di madre Mectilde de Bar e dell'innovazione che la Madre, sospinta dal suo tempo, porterà nei suoi monasteri, riferire una versione della realtà benedettina che risale al secolo della grande rifioritura dovuta alla riforma dei fratelli Wolter, alla fine del XVIII secolo. Maurus Wolter si ferma un attimo sul proemio della Regola Ausculta, o fili, solo per documentare che l'invito paterno di san Benedetto non è che la voce dello Spirito che in tutti i tempi, armonizzandosi con ogni cultura, chiama alla grande tenda dell'Amore infinito. E lo documenta citando un passo suggestivo di san Girolamo:
O deserto, che ti fai giardino con i fiori che nascono da Cristo. O solitudine, dalla quale si estraggono quelle pietre mistiche – di cui parla l'Apocalisse – con le quali viene costruita la città del gran Re. O sacra solitudine che ti pasci dell'intimità di Dio!
Amico, che sei più grande del mondo, cosa fai nel mondo? Perché ti accontenti di vivere nello spazio angusto di una casa, o nella atmosfera mefitica di una città, mentre ti è possibile contemplare qualche cosa di molto più splendente della Luce? Vieni con me; è bello, abbandonata la zavorra del corpo, prendere ali per trasmigrare verso il fulgore del Cielo.Ep. XIV, ed. Migne, vol. XXII, coll. 353-354.
Non ha attinto dall'esperienza di san Girolamo, quando san Benedetto ha scritto il proemio della santa Regola? E non ha attinto dall'amabilità e dal santo zelo del proemio benedettino, la madre Mectilde de Bar, quando ha scritto le sue lettere a Maria di Châteauvieux? Questa sorgente di acqua limpida, anche attraverso san Girolamo, risale allo Spirito e alla creatività dei primi secoli della Chiesa: «Seguire Gesù, nella solitudine per la vita eterna». Dopo questa breve sosta sul proemio, dom Maurus Wolter elenca e medita sui sette elementi fondamentali della vita monastica benedettina: 1° La «vita claustrale»; 2° l'«Opus Dei»; 3° la «Santa povertà»; 4° la «Santa mortificazione» (cioè la Castità); 5° la «Sacralità del lavoro nello Spirito di Obbedienza»; 6° le «Opere della Carità»; 7° il «governo della comunità, le doti di chi presiede», e lo spirito di dedizione e di disciplina di tutta la famiglia religiosa.
Tutto questo, nel famoso studio di dom M. Wolter, dapprima è esposto con rigorosa fedeltà al testo; poi è ampiamente commentato e approfondito con originali citazioni patristiche e teologiche, tratte dai primi secoli cristiani e dal Magistero della Chiesa. L'abate dom Wolter, come più tardi l'abate dom Marmion di Maredosus con Cristo vita dell'anima, l'abate Baur di Beuron con Intimità con Dio, sono dei generatori di santità, perché trasmettitori fedeli della linfa rinnovatrice che sgorga dal mistero pasquale e redime il mondo con una nuova creazione, di cui Cristo è il centro. La Chiesa ha sempre vigilato con trepidazione su questa comunicazione, torrente di grazia che scorre attraverso i secoli. Mentre alimenta la storia, dalla storia non cessa di trarre la spinta per una maggiore pienezza. Non fa meraviglia, se da un albero così rigoglioso, a ogni tratto di storia, continuino a germogliare con esuberanza foglie, fiori e frutti.
Questo albero, che ha le sue radici nel mistero e che continua a riempire i secoli di santità, potrebbe benissimo interpretarsi come il respiro della Chiesa nel mondo. Dapprima si fa traditio, cioè comunicazione del Vangelo a chi vive e fa storia. Poi diventa redditio, perché la storia provocata dal divino non rimane sterile. Anche l'umano provoca il divino: rispondendo alla traditio con una redditio. La storia della santità, nella Chiesa, è un impasto di cielo e di terra, di umano e di divino, che riflette l'umanità e la divinità del Salvatore. E si riveste – attraverso la Croce – della gloria della risurrezione. Ecco il Re vincitore. Il Christus victor non è un altro grande messaggio benedettino?
È solo a questo punto che possiamo chiederci che cosa ci sia d'altro in questa comunità benedettina di Ronco di Ghiffa, piantata solidamente sulla struttura spirituale della Regola di san Benedetto.
Siamo a un'altra avventurosa testimonianza del "come" si congiungano tra loro santità e storia. Per essere più preciso dovrei dire: ecco altre meravigliose testimonianze di quel mistero! Sì, perché ce n'è più d'una, nei monasteri benedettini del Santissimo Sacramento, e risalgono tutte al modo e all'intensità coi quali madre Mectilde de Bar si è calata nel suo secolo. Siamo nel cuore della Chiesa di Francia del 1600. Gli eventi civili, politici e culturali, per la loro drammaticità sono pari solamente a quella misteriosa lievitazione spirituale che tempera le asprezze e sostiene la tensione dei nostalgici del regno di Cristo, nonostante la tristezza dei giorni.
Basta ricordare i più grandi maestri spirituali di questo secolo, per rendercene persuasi: Bérulle, Jean Eudes, Condren, Olier; sono i principali epigoni di quella scuola francese che sarebbe più preciso chiamare scuola berulliana. Pur restando fedele a san Benedetto, Mectilde de Bar non può sfuggire a questa irradiazione teologica e spirituale provocata dal trisma del secolo. Il dolore si rifugia nella Croce. La Croce è l'albero su cui fiorisce l'Eucaristia. È tutto dire: persino a Port Royal vive questa attrazione, anche se subito obnubilata dal quietismo.
Tutti gli appartenenti alla corrente berulliana sono seminatori di santità, ma non con un identico volto. Ognuno di loro ha un proprio dono e ogni dono sembra una specifica medicina per la varietà dei mali del secolo.
Una figura di spicco, che mette in rilievo lo stretto rapporto tra santità e storia, è indubbiamente Mectilde de Bar. Tutta abbandonata ai progetti della Provvidenza, quasi a sua insaputa viene coinvolta nel movimento drammatico del secolo, che la lega in qualche modo al famoso voto di Anna d'Austria.
Nei travagli politici della guerra dei Trent'anni, che mette a soqquadro anche le istituzioni religiose di tutto il paese, madre Mectilde, già professa benedettina e priora di una piccola comunità in fuga perenne per le devastazioni delle ostilità che non accennano mai a placarsi, non fa che trasferirsi di monastero in monastero, tra pericoli e ristrettezze, e arriva finalmente ancora a Parigi nel 1651, in rue du Bac. Si rifugia tra le sue consorelle in stato di estrema povertà, nel sobborgo di Saint Germain. È qui che il Signore finalmente l'attende.
Mentre coltiva il progetto di ritirarsi a vita eremitica, una voce interiore la invita: «Adora e sottomettiti a tutti i disegni di Dio, che al momento ti sono sconosciuti». Il progetto si svela solo a tratti. Mectilde si sente indegna, recalcitra, ma ormai le indicazioni sono chiare, anche se ancora tra precarietà e insicurezze: sul tronco benedettino sta per innestarsi una fondazione votata all'adorazione perpetua del Santissimo Sacramento e alla penitenza. Tra difficoltà e ostacoli il Signore compie la sua opera. Nell'area della spiritualità benedettina, il 25 marzo 1653, a Parigi, in rue du Bac, nasce un altro ramo rigoglioso: l'Istituto delle benedettine dell'adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. Come è vero che santità e storia si intrecciano, coinvolgendosi a vicenda!
In quel clima di disordine e di violenze, Anna d'Austria presa da un dolore mortale per la rivolta rivoluzionaria di gran parte della Francia contro il Re, suo figlio, prese la risoluzione, per placare la collera di Dio, di darsi lei stessa alla preghiera e di mobilitare il maggior numero di persone nella sua crociata. Trai i voti che in mezzo a queste tribolazioni si sente ispirata a fare c'è un atto profondamente religioso di uno speciale carattere.
Si tratta, scriverà lei stessa,
di rendere onore al Santissimo Sacramento, in riparazione dei moltissimi oltraggi e sacrilegi commessi in quella guerra sventurata.
E suggeriva che, per raggiungere questo scopo, non c'era nulla di più efficace della fondazione di congregazioni religiose, vigilanti giorno e notte nel lodare e adorare il Santissimo Sacramento, per la salvezza della Francia. E aggiunge esplicitamente:
E pensando a tutto questo, da tempo io ho messo gli occhi su madre Mectilde del Santissimo Sacramento.
Ci viene spontaneo chiederci se sia stato il voto di Anna d'Austria a suscitare questa particolare ondata di spiritualità eucaristica, o se non sia l'anima profonda della santità, che in quei decenni arricchiva asceticamente la Francia tormentata, a evocarne la necessità. È, comunque, una dimostrazione in più che santità e storia si abbracciano misteriosamente, perché Cristo risorto è il Re dei secoli.
Personalmente, sono dell'opinione che la storia è la casa dello Spirito. Difatti, contemporaneamente a questa propensione di Anna d'Austria, gli scrittori di questo secolo narrano molti altri aneddoti similari, i quali mettono in chiara evidenza che è la santità in cerca di Dio che ricorre al mistero dell'Eucaristia, centro della Chiesa. E la Chiesa è centro della storia.
Un esame più approfondito delle vicende personali di madre Mectilde de Bar basta, da solo, a evidenziare la fondamentalità della presenza di Cristo nella storia. Chi cerca la vera anima dei secoli non può non incontrare Cristo, uomo e Dio, che manifesta la sua arcana potenza salvifica proprio nei misteri pasquali e nel continuo donarsi agli uomini come cibo e come bevanda. Adorare il Santissimo Sacramento non è il più adeguato gesto per fare scorrere in noi il fiume della redenzione e per glorificare la Santissima Trinità?
Seppellitevi in Cristo, fatevi sua immagine nell'immolazione. Voi credete di distaccarvi dalle creature e dal mondo, e persino di distruggere voi stessi [questa è una delle espressioni più dure della Madre!]. Ed invece non fate altro che fondarvi nella morte e risurrezione di Cristo, che nella sua oblazione al Padre, riconduce tutte le creature alle più pure sorgenti della vita.
Se c'è un'ombra, nel linguaggio di madre Mectilde, ha la sua radice nella cultura del secolo. Trascinata dalla suggestione dell'Amore puro e del farsi vittima, senza volerlo cela la gioia generativa e salvatrice, che è il cuore della redenzione. Ma è proprio vero che la fondatrice delle benedettine del Santissimo Sacramento finisce col celare questo "cielo dei cieli"? A parte le particolarità di certe espressioni desuete alla nostra teologia e alla nostra spiritualità (noi siamo più sensibili al Vangelo del «Vitam habeant et abundantius habeant») la santità di madre Mectilde, proprio perché sepolta in Cristo, è una irradiazione nella storia così continua, e a livello così profondo, da irrompere nelle anime dei protagonisti del secolo. Le varie migliaia di lettere che nascono dalla sua adorazione del Santissimo Sacramento, come scintille nelle stoppie, raggiungono i nodi più importanti del tessuto morale e culturale del suo tempo e vi lasciano una traccia. Fra tutte, famoso è il Breviario indirizzato dalla Madre alla giovane contessa di Châteauvieux che vive nel grande mondo di Parigi. È membro di una delle famiglie che contano nella capitale, e bastano poche sobrie parole di madre Mectilde – in risposta a una precisa domanda della giovane contessa – per accendere un fuoco che non si spegnerà nemmeno dopo la loro morte, tanto l'Amore puro di Dio sa costruire nei meandri della storia. A quelle prime sobrie parole di madre Mectilde, la giovane contessa risponde:
Le vostre parole, anche se così sobrie, costituiscono il messaggio di cui, da tanto tempo, la mia anima andava alla ricerca.
Non c'è da meravigliarsi davanti a questa dinamica misteriosa con la quale la grazia penetra nel vissuto. Chi è solidamente immerso in Cristo, lo Spirito Santo lo riempie dei suoi doni, e gli dà la capacità generativa che è propria della Chiesa, sposa di Cristo. Ritorniamo sempre qui: all'amore infinito della Santissima Trinità. Chi costruisce la sua tenda davanti al Santissimo Sacramento, si incorpora in questo santo mistero: lo vive e lo fa vivere, in ogni suo gesto, in ogni sua parola, perché partecipa alla gioia creativa dello Spirito. Ma c'è qualche cosa di particolare nella sua stabilità adorante, in atteggiamento di immolazione. Gesù lo fa fiorire
come un albero piantato lungo il fiume, le cui foglie non appassiscono mai, e dà copiosità di frutti nel tempo opportuno.
Quanto più madre Mectilde cerca di annichilirsi davanti al Santissimo Sacramento, per riparare – come Gesù – le miserie degli uomini, tanto più il Cristo la immette sui sentieri misteriosi che fanno scorrere la sua vita nel mondo. Quanto più si svuota di sé, tanto più lo Spirito la riempie di forza redentrice. Fuggi il mondo, se vuoi partecipare alla salvezza del mondo.
Abbiamo messo in risalto il metodo – cioè le migliaia di lettere – con il quale madre Mectilde esprime il suo essere nella storia. Ma non è solo nel metodo, è soprattutto nei contenuti di quelle lettere che la Madre fa risplendere la gloria di Cristo e la misteriosa centralità dell'Eucaristia, nel redimere l'umanità. Le migliaia e migliaia di lettere, con le quali madre Mectilde irradia nel mondo quanto l'adorazione del Santissimo Sacramento fa fiorire nel suo cuore, mettono in risalto il modo con il quale la Madre si tuffa nella storia. Ma la sua capacità di interferire nella storia appare soprattutto nei contenuti di quelle lettere. Tentiamo di fare una lettura moderna, ma fedele, del suo carteggio più famoso, quello chiamato Le bréviaire de feu, cioè la sua corrispondenza con madame la Comtesse de Châteauvieux.
È un'unità organica di lettere, destinate a una sola persona, che vive nel grande mondo. È, si direbbe oggi, un itinerario catechistico, che afferra una giovane sposa con rispetto, con un colloquio franco, ma non meno umano del proemio di san Benedetto alla sua santa Regola. Per capirlo bene e cercare di tradurlo in un messaggio di attualità, dobbiamo solo ritornare un momento sul linguaggio di quel secolo. Dobbiamo, cioè, liberare questa intima comunicazione da una nomenclatura per noi apparentemente incomprensibile e ambigua, ma il cui midollo, vivo ancora oggi, non è che un mettere a confronto l'umano col divino. I progressi sembrano lenti ma, alla fine, questa giovane donna resta così abbagliata dalla gloria del divino, che si arrende totalmente alla grazia. E passo passo, nel rispetto delle persone (la contessa è da poco sposata!), delle circostanze e soprattutto dei suggerimenti dello Spirito, si mette sulle orme di madre Mectilde, alla ricerca dell'Amore puro, fatto con fede pura. E si lascia affascinare dal mistero trinitario, di cui la Madre parla sovente con un rigore metafisico: «Dio è colui che è da sé»; è possibile parlarne? Ma quando si pone davanti alla divinità di Cristo e alla concretezza della sua missione, scopre che il Figlio è anche il rivelatore del Padre. Madre Mectilde è una donna consacrata a Dio, che sa anche andare contro corrente. La mistica astratta del suo secolo non parla molto di Cristo: si veda, per esempio, Il trattato dell'amore di Dio di san Francesco di Sales. La fondatrice delle benedettine del Santissimo Sacramento è sulla sponda opposta:
Se voi mi domandate, a questo punto, quale via scegliere, io vi rispondo: non la via delle anime buone; nemmeno quella degli angeli e dei santi: ma la vita pura e santa di Gesù...
Reminiscenza della Regola di san Benedetto: «Nihil praeponere amori Christi»? Influsso della cristologia berulliana? «In tutto aderire a Cristo». Questo, certamente, è il carisma di madre Mectilde.
Fate che tutte le vostre operazioni siano dunque le operazioni di Cristo in voi... che i vostri pensieri siano i pensieri di Gesù... le vostre parole siano le parole e le opere di Gesù...!
Questo tipo di incontro con Gesù, sia pure nell'attrazione di tutto il mistero trinitario è, per madre Mectilde, un punto caratterizzante della sua dottrina spirituale. Dunque vale la pena che mettiamo in rilievo un altro aspetto originale della sua ascetica. Anche su questo punto la fondatrice, personalità forte, limpida, franca, in balia soltanto dello Spirito Santo, non esita ad andare contro corrente. Nella letteratura spirituale del XVII secolo era assai comune dire che «Gesù è il divino sposo dell'anima». Non piace alla Madre questa espressione. C'è un orientamento diverso nel suo pensiero religioso. Nella teologia mistica ci sono due tendenze fondamentali nell'interpretare la consacrazione a Cristo: la mistica dell'unità con Cristo e la mistica nuziale. Madre Mectilde preferisce di gran lunga la prima. Il suo ragionamento è semplice, segue la via del prologo di Giovanni: «In principio c'era la Parola, e la Parola era presso Dio e Dio era la Parola. E la Parola si fece carne», che è come dire si fece annientamento propter nos homines et propter nostram salutem. È come dire: «Cristo fonte di santità si incontra con la storia». Madre Mectilde fa proprio il pensiero di Paolo, circa questa umiliazione del Cristo, Redentore del mondo:
Egli non ha ritenuto un privilegio essere eguale a Dio, ma se ne è spogliato, prendendo la condizione di servitore divenne simile agli uomini; proprio come un uomo riconoscibile a tut-ti, Egli si è abbassato facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce (Fil 2, 6-7).
E sulla Croce, con la sua morte e risurrezione, il Verbo incarnato si fa il Salvatore dell'umanità. Questa è la strada descritta nel Bréviaire de feu per la contessa di Châteauvieux, e per le benedettine del Santissimo Sacramento, nei secoli. In sintesi: dapprima affidarsi alla potenza dello Spirito,
con una fede pura, con amore e rispetto, immergendosi nella volontà di Dio; [poi] disporsi con semplicità, a perdersi, a imitare Cristo che offre la propria vita, per darla in abbondanza agli uomini.
In pratica, come prosegue questo cammino? Alla contessa di Châteauvieux, madre Mectilde non esita a parlare di voti, ai quali dà una grande importanza, nonostante le polemiche del suo secolo. Ma per lei, i voti non sono altro che lo sviluppo dei germi di unione con Cristo, inseriti in noi dalla grazia della consacrazione battesimale. Avant lettres del Vaticano II?
Che cosa è la santità? Crescere in Cristo, per Cristo e in Cristo. Il sacrificio della santa messa, appunto, e la centralità della Eucaristia nella Chiesa, sono il più alto momento generativo della Santissima Trinità; e l'adorazione del Santissimo Sacramento è la scuola misteriosa, nella quale Cristo, immolato per gli uomini, coinvolge i fedeli nella sua storia e nella sua missione per dare la vita al mondo. In questo modo madre Mectilde si identifica con la nostra sensibilità spirituale. «Io sono venuto per dare la vita e l'abbonda-nza della vita». Sembra dire alle sue figlie:
Vogliamo glorificare il Signore? Uniamoci a Cristo e facciamo quello che ha fatto Lui! Si è fatto obbediente fino alla morte? Facciamolo anche noi! Si è fatto vittima per redimere il mondo? Facciamolo anche noi con Lui! Si è fatto ostia per rimanere fermento nel regno dei secoli? Anche noi! Si è fatto redentore della storia e trasformatore della morte in vista della Croce, in risurrezione? Anche noi in Lui!»
E così, la prospettiva di immergerci nella storia e nella missione di Cristo, che è il grande fiume di acque vive, che escono dal tempio e dove arrivano si fanno sorgente di vita, accende un bagliore di luce e di pura gioia per quanti, trascinati dallo Spirito di Cristo, facendosi ostia e vittima hanno il coraggio di dire al Signore: «Ecce, ego, mitte me!».
Altro che autodistruggersi, nel dedicarsi con pura fede a Dio! La fondatrice delle benedettine del Santissimo Sacramento non si libera mai del tutto dalla improprietà del linguaggio del suo secolo, proprio perché essendo santa, è immersa in quella storia. Ma il suo autentico pensiero religioso è questo:
Cristo è il fiume di santità che si fa perennemente lievito di una storia che ha il volto del Regno.
Se con Lui soffriamo, con Lui saremo glorificati. E la nostra gloria non consisterà nel nutrire rancore verso il mondo; bensì nell'avere il coraggio di darsi al mondo come Cristo, ut in omnibus Deus glorificetur. E così, alla fine, ci ritroviamo ancora sulla via di san Benedetto: ma grondanti delle acque della salvezza, che sono quelle che escono dal tempio, cioè dal Santissimo Sacramento che è il centro della Chiesa e della storia. Chi ripercorre, per amore delle vie della santità, questo lungo e suggestivo itinerario, alla ricerca dello splendore del volto di Dio, arrivato al termine di questo santo viaggio, non può non porsi questa domanda: come mai una donna, così rapita nei misteri del suo Signore e affascinante maestra di santità, non è ancora stata canonizzata dalla santa Chiesa?
Monsignor Aldo Del Monte
vescovo emerito di Novara
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