Indubbiamente colei che istituì la Congregazione monastica delle Benedettine del SS. Sacramento è una grande maestra di vita spirituale e, per tanti aspetti, una delle più grandi, non solo nella Francia del suo secolo d'oro, ma di tutta la Chiesa.
Don Divo Barsotti
La vita
Catherine de Bar nasce il 31 dicembre 1614 a Saint-Dié, in Lorena, da una famiglia agiata.
Manifesta sin dalla più tenera infanzia il desiderio di consacrarsi totalmente al Signore e pur possedendo un temperamento molto vivace e un carattere tutt’altro che mite e remissivo, appare particolarmente attratta dalla preghiera e dal silenzio. All’età di 17 anni entra nel monastero delle Annunciate di Bruyères, un ordine legato alla spiritualità francescana e caratterizzato da una forte devozione mariana, fondato all’inizio del XVI secolo dalla beata Giovanna di Valois, moglie del re Luigi XII di Francia. Nel gennaio del 1932 veste l’abito, prendendo il nome di suor Saint Jean l’Evangéliste ed emette la professione l’anno successivo.
Guerra, violenza e carestia segnano drammaticamente i primi anni della sua vita religiosa: la guerra dei Trent’anni (1618-1648) e la parziale occupazione della Lorena da parte del re di Francia, la costringono ad abbandonare il convento con la sua comunità e a rifugiarsi a Commercy, dove viene eletta superiora quando non ha ancora compiuto 22 anni. Inizia per lei un periodo di peregrinazioni a causa della guerra: patisce la fame ed è colpita, come alcune delle sue consorelle, dalla peste.
L’incontro con il monastero benedettino di Rambervillers, segna l’incontro folgorante con la Regola di san Benedetto e con una forma di vita che corrisponde perfettamente alle più intime ispirazioni del suo cuore.
L’11 luglio 1640, con la professione, diventa Benedettina con il nome di Catherine-Mectilde. Il riaccendersi delle ostilità la costringe a un nuovo esodo. Aiutata, fra gli altri, da san Vincenzo de’ Paoli, è accolta con un gruppetto di consorelle a partire dall’agosto 1641 a Parigi, all’abbazia di Montmartre, dove è abbadessa una grande riformatrice: Marie de Beauvilliers. In questo periodo aggiunge al suo nome il “cognome monastico” “del SS. Sacramento”.
Sono anni in cui entra in contatto con alcune delle personalità più rappresentative del “secolo d’oro” della spiritualità francese, intessendo rapporti che avrà modo in seguito di continuare a coltivare e ad approfondire. Ricordiamo, tra gli altri, il laico Jean de Bernières che eserciterà un’influenza decisiva su di lei e con il quale instaurerà un’amicizia spirituale profonda.
Nel 1647 è richiesta come superiora al monastero di Caen, incarico che accetta dopo qualche resistenza e nel 1650 è eletta Priora a Rambervillers, suo monastero di professione. Non è però ancora giunto per lei il tempo della tranquillità, perché la guerra incalza e la comunità si disperde. Con un piccolo gruppo di giovani sorelle si reca a Parigi, ma anche la regione parigina è scossa da fortissime tensioni sociali e politiche: è il periodo della Fronda. Madre Mectilde fugge nuovamente alle porte della capitale, nel quartiere di Saint-Germain: è provata dalla fame e dalla malattia ma è oggetto della carità di alcune nobildonne del quartiere, sollecitate dal parroco di Saint-Sulpice, Jean- Jacques Olier.
Le difficoltà e le privazioni affinano la sua vita spirituale e dilatano in lei una fiducia e un abbandono totali a Dio e alla sua volontà, a cui si consegna senza riserve: “Che io non faccia niente per volontà mia…bisogna essere annientati e morire a tutto”; “Com’è bello essere tutta di Dio: che l’anima si annienti per lasciar regnare Gesù Cristo in lei…”. Una vera e propria “mistica dell’abbandono” la sua, che le fa scrivere, a una delle sue figlie spirituali: “…la vita interiore non sta nelle illuminazioni ma nel puro abbandono alla guida dello Spirito di Gesù”.
Si spiega solo così la rinuncia al suo crescente desiderio di ritirarsi in un eremo per vivere in solitudine e nella preghiera. Quando, attraverso una serie di circostanze, comprende che il Signore le chiede di dare forma a un voto fatto dalla reggente Anna d’Austria - la fondazione di un monastero di religiose consacrate all’adorazione del SS. Sacramento – non esita a dare il suo assenso e scrive: “I disegni particolari di questa fondazione sono mirabili”, pur sentendosi inadeguata “…io sono un povero strumento marcio…”.
Nasce così, nel 1654 un ramo dell’Ordine benedettino dedito all’adorazione perpetua del SS. Sacramento, in spirito di riparazione per le profanazioni e i sacrilegi di cui la stessa Madre era stata testimone durante la guerra e che l’avevano dolorosamente toccata.
Il 12 marzo 1654 a Parigi, in rue Férou, ha luogo la posa della croce e Anna d’Austria, con la corda al collo e un cero in mano, davanti al SS. Sacramento solennemente esposto, recita la prima “Ammenda onorevole”, una preghiera di lode, di offerta e di riparazione.
Il 22 agosto avviene l’elezione della Vergine a Abbadessa perpetua di tutti i monasteri dell’Istituto.
Seguono anni di consolidamento e di espansione dell’Istituto con la fondazione di un monastero in rue Cassette, a Parigi, a Toul e con l’aggregazione dei monasteri di Rambervillers e di Nancy.
Il 29 maggio 1668 vengono approvate le Costituzioni, ma bisognerà attendere il 1676 perché Papa Innocenzo XI con la bolla Militantis Ecclesia eriga in congregazione autonoma i monasteri mectildiani.
Nel 1677 viene fondato il monastero di Rouen e nel 1683 viene pubblicata a Parigi la prima edizione del libretto Le Véritable esprit des Religieuses adoratrices perpétuelles du Très Saint-Sacrement de l’Autel (Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare)”, autentico testo-base della spiritualità delle benedettine del SS. Sacramento.
L’Istituto comincia ad espandersi e giunge sino alla Polonia.
Il 6 aprile 1698, Domenica in albis, madre Mectilde vive il suo ultimo atto di abbandono: la morte. “Adoro e mi sottometto” sono le sue ultime parole e la cifra della sua lunga vita.
Alla morte di madre Mectilde, l’Istituto conta dieci case e in seguito il numero crescerà, mostrando quanto fosse vivo lo slancio carismatico da lei impresso all’inizio della fondazione.
Attualmente, l'Istituto conta 17 monasteri in Italia ed è presente, oltre che in Francia, in Polonia, Germania, Olanda, Lussemburgo.
Il messaggio spirituale
Al centro dell’esperienza spirituale di madre Mectilde de Bar sta la contemplazione del mistero della kénosi di Cristo, del suo abbassamento, del suo “svuotamento” nell’Incarnazione, che la Madre vede sintetizzato nel mistero eucaristico: l’Eucaristia è per lei il punto prospettico da cui leggere tutto il mistero cristiano.
Al Sacramento della presenza di Cristo, al suo “rimanere” nella forma umile del pane e del vino, madre Mectilde consacra l’intera sua vita, riconoscendo in essa il bene più prezioso, il tesoro più grande della Chiesa. Da questa consapevolezza scaturisce una triplice urgenza: adorare, riparare, imitare.
Adorare: perché di fronte al dono immenso dell’Eucaristia offerto all’umanità di tutti i tempi, una vita non basta per rendere grazie al Signore. Per questo, riferendosi alle monache del suo Istituto scrive senza mezzi termini che “esse non hanno altri scopi nella loro vita che di onorare Dio immolato e continuamente annientato sotto le specie del pane e del vino”.
Riparare: perché di fronte alla grandezza del dono, molti fratelli e sorelle rimangono indifferenti o addirittura ostili. La Madre – e con lei le monache dell’Istituto da lei fondato – si fa carico, per amore, di questa ingratitudine adorando per chi non adora e amando per chi non ama, riconoscendo nel peccato la povertà più grande e più urgente da soccorrere nell’uomo. Perché è questa la vera solidarietà: desiderare che tutti i fratelli e le sorelle in umanità accolgano l’amore e la grazia che Dio offre loro incessantemente, affinché “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Imitare: perché “assomigliare, imitare, è un bisogno violento dell’amore”, come affermava Charles de Foucauld. L’Eucaristia, ha scritto Benedetto XVI, non è solo un mistero da credere e da celebrare, ma è anche e soprattutto da vivere. La continua contemplazione di Cristo crocifisso e risorto, presente nell’Eucaristia, inserisce e fa radicare sempre più profondamente nel suo mistero pasquale, per glorificare con Lui il Padre e per assumere, con il proprio, anche il peccato dei fratelli, diventando quella “creatura nuova” in cui Cristo abita stabilmente.
“Se mi domandate – scriveva madre Mectilde ad una nobildonna – di quale vita dovete ormai vivere, vi rispondo: non della vita delle anime buone, né degli angeli e nemmeno della vita delle anime buone, né degli angeli e nemmeno della vita dei santi, ma della vita pura e santa di Gesù. I vostri anni devono essere un proseguimento degli anni di Gesù, e di conseguenza la vostra vita un proseguimento della sua”.
Un messaggio non certo riservato alle monache ma destinato ad ogni cristiano in virtù del battesimo che in Mectilde de Bar rivestirà sempre un’importanza fondamentale. Un cammino esigente ma da percorrere con gradualità: “Non si diventa perfetti in un istante: avete tutta la vita per arrivare alla perfezione”. Nessuno sforzo titanico per scalare la “vetta” della santità, ma lo stesso cammino deciso, sereno e liberante che san Benedetto prospetta nel Prologo della sua Regola: “É naturale che, agli inizi, la via sia stretta e faticosa, ma poi, avanzando nel cammino di conversione e di fede, si corre con cuore dilatato e con ineffabile dolcezza di amore sulla via dei divini comandamenti”.
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