CAPITOLO SESTO
Le disposizioni che si devono avere nell'accostarsi alla santa Comunione
Ho pensato che può farci bene, in questo incontro estivo, recuperare e riflettere sul capitolo sesto de “Il vero Spirito”, non solo per dare gloria al Santissimo Sacramento, ritrovandoci insieme in monastero per trattare dell’Eucaristia e della Comunione Eucaristica; ma anche, praticamente, per purificare la nostra disposizione interiore, prima di tutto, nell’accostarci a Gesù presente e vivo nella santa Comunione. Per fare tesoro di ogni santa Comunione che riceviamo.
Come adoratori – adoratrici – e riparatori – riparatrici, non possiamo permetterci la superficialità o la rilassatezza in questo campo, che ci riguarda in modo speciale. Non possiamo accostarci alla Comunione senza intima consapevolezza della Vita che andiamo a ricevere!
Come Oblati e Oblate di un Monastero Benedettino dell’adorazione perpetua non possiamo non riflettere sul nostro rapporto con l’Eucaristia, e, di conseguenza, non rivederci, non correggerci se è il caso, non solo nelle modalità esteriori di rapportarci a questo grande Mistero; ma, prima di tutto, nell’intimo del cuore, nella disponibilità profonda dell’anima.
Madre Mectilde è chiara e forte in questo capitolo:
1. Sorelle mie, dobbiamo accostarci alla santa Comunione: primo, affinché Nostro Signore sia in noi tutto quello che deve essere, e perché noi cessiamo di essere tutto ciò che siamo, con lo scopo di perderci felicemente in Lui e staccarci da noi stessi.
Il Vero Spirito, cap. VI
Ossia: non io, ma Dio! (beato Carlo Acutis)
L’incontro con Gesù nella santa Comunione toglie me da me (san Nicolao da Flüe) e mi dà pienamente a Gesù. Mi libera dall’egoismo, dal pensare a me stesso, mi stacca dall’idolatria di me.
Perderci felicemente in Lui: attirami e trasformami, dice la Madre. Fammi uscire da me stesso.
Sono capace di dire questo accostandomi alla S. Comunione?!
Ci penso: che ricevendo Gesù, do campo a Lui, e mi libero dall’impero del mio io?!
E riesco a vivere questo, a praticarlo?!
2. Secondo, perché Gesù venga a distruggere in noi tutto ciò che è contrario a Dio, e cioè l'eredità di Adamo[1] e la sua ribellione, il regno del peccato, il dominio dello spirito maligno, il nostro amor proprio, mediante il quale usurpiamo la Sua signoria su di noi, facendo così piena giustizia, crocifiggendo l'uomo vecchio[2], per stabilirvi il Regno di Dio. Per questo le nostre imperfezioni devono farci desiderare la santa Comunione, proprio per la volontà di distruggerle.
Il Vero Spirito, cap. VI
Desiderare la S. Comunione vuol dire desiderare la vita di Gesù in me, la Sua signoria, il Suo potere su di me. Ma questo significa perdermi, lasciarmi, perdere me stesso in Lui, e questo non in teoria, non in astratto, ma concretamente, ogni giorno! Nei rapporti familiari, al lavoro, in ogni ambito: lasciare che Gesù viva e regni, cedere, lasciare che la Sua carità trionfi, abbandonare ogni presa e potere mio, ogni rivendicazione…
A che serve nutrirmi di Gesù se poi Lui non vive in me?!
Perdermi, cedermi, come Gesù si cede a me nella Comunione, e mi si dona. Lui si perde… mi si dona tutto, senza condizioni, totalmente. Viene a me così come sono.
Questo è pericoloso, molto pericoloso!
Siamo veramente disposti a vivere questo perderci come Oblati?
Noi sappiamo che questo è liberante, è vincente.
Ma, il passaggio dalla teoria alla vita è la grande sfida, che fa male, ma libera.
Non temiamo le nostre imperfezioni, i nostri limiti, le nostre ferite. Perché l’uomo e la donna vecchia con i loro peccati sono crocifissi dentro il potere dell’Eucaristia, di ogni singola Comunione. Se noi capissimo cosa è davvero la Comunione, non ce la faremmo a vivere senza la santa Comunione quotidiana!
Ricevere la Comunione è lasciare che Gesù venga e distrugga le nostre imperfezioni, i peccati veniali, le oscurità che portiamo. Come si fa allora a non desiderare la Comunione ogni giorno?!
3. Terzo, i doni e le grazie, che a Dio piace comunicarci, devono stimolarci a fare la santa Comunione perché piaccia a Nostro Signore venire in noi, per prendere possesso dei Suoi favori e delle Sue misericordie e perché, a motivo della nostra perversità, non arriviamo a usurpare il dominio e ad appropriarcene l'uso.
4. Dobbiamo accostarci alla santa Comunione per obbedire al desiderio di Gesù di riceverci in Lui[3], nel Suo Essere, e nella Sua vita, distruggendo il nostro essere e la nostra vita attuale col farci diventare ciò che Egli è, cioè vita, amore, verità, virtù per Dio, e anche per sottometterci alla Sua volontà su di noi, la quale vuole che siamo membra animate dalla Sua vita per la gloria del Padre[4] e di cui Egli possa servirsi nelle opere che Lo riguardano.
5. Dobbiamo ubbidire ai desideri di questo divin Salvatore, il quale vuole accoglierci e prendere possesso delle nostre anime. Infatti, la santa Comunione non solo ci dà Gesù, ma dona anche noi a Lui, come si deduce dalle Sue stesse parole: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui»[5]. Il desiderio che Gesù ha di riceverci è tanto grande quanto il Suo amore è infinito e quanto i Suoi meriti Gli conferiscono di diritto e di dominio su di noi. Sarebbe da parte nostra una grossa infedeltà ostacolarGli l'effetto dei Suoi desideri, a meno di trovarci di fronte a impedimenti indipendenti dalla nostra volontà e che non riusciamo a superare.
Il Vero Spirito, cap. VI
Non sono io che faccio la Comunione, non sono io che soddisfo il mio desiderio, ma è Gesù che mi desidera e viene a me, che mi chiama, mi attira, e mi abita dal di dentro, impercettibilmente, e mi possiede, mi trasforma.
Non è un’attività mia, non è tanto lavoro mio, ma è una passività attiva, la mia, che lascia agire il Signore in me.
La Signoria è Sua. La regia è Sua. Io accolgo Gesù, e Gesù fa, opera, agisce, trasforma.
Ma io vivo così la Comunione?! Ma quanto lascio davvero agire Gesù? All’insegna dell’inedito, che è l’azione di Dio…
6. Un'ottima preparazione alla santa Comunione consiste nel non ritenerci nulla, nel non desiderare nulla, nel non poter nulla, ma solo in una disposizione di abbandono totale di sé stessi alla potenza di Gesù nel santissimo Sacramento, per essere rivestite della Sua misericordia e di Lui stesso, secondo il Suo beneplacito e non secondo i nostri lumi e il desiderio dei nostri sensi. Bisogna vivere come Gesù ha vissuto per suo Padre; dobbiamo vivere di Lui e per Lui: questo è il Suo disegno[6].
Il Vero Spirito, cap. VI
Entrare nell’umiltà. RB 7.
Comunicarsi e non lasciarsi “smontare” in pratica dall’umiltà di Gesù, è sprecare la S. Comunione.
Chi sono io, perché Gesù venga a me, e mi nutra di Sé?!
Questa umiltà Eucaristica mi dà sguardo nuovo, cuore nuovo, modi di fare differenti.
E Gesù vive attraverso di me!
Divento un tabernacolo vivente.
Dice Gesù a Vera Grita, che ha dato vita all’Opera dei Tabernacoli Viventi:
C’è chi agisce, parla, guarda, opera sentendosi guidato solo dal mio Spirito ma io sono già Tabernacolo Vivente in quest’anima, ed essa non lo sa. Deve però saperlo, perché io voglio la sua adesione alla mia PERMANENZA EUCARISTICA nella sua anima; voglio che quest’anima mi dia anche la sua voce per parlare agli altri uomini, i suoi occhi perché i miei incontrino lo sguardo dei fratelli, le sue braccia perché io possa abbracciare altri, le sue mani, per carezzare i piccoli, i bambini, i sofferenti [7].Sarò in ogni anima in misura del posto che questa lascia a Me. La mia Grazia compirà grandi cose [8].
E Madre Mectilde:
7. Sorelle mie, andiamo a Dio con fiducia e con amore; nessun timore ci allontani da Lui. Quanto sarebbe temerario pensare di poterci preparare da noi stesse alla santa Comunione in un modo degno di questo augustissimo Sacramento! Solo Dio, con la sua grazia e la sua misericordia ci può preparare degnamente!
Di nostro, dunque, non abbiamo nulla, sorelle mie, ma solo quello che ci dà il Signore. Esponetevi alla Sua santa Presenza, per ricevere ciò che Gli piacerà di donarvi, e pregate Gesù di ricevere sé stesso nel vostro cuore e di glorificarsi nel modo che meglio gradirà, data la vostra incapacità nel fare questo. ChiedeteGli che il Suo amore supplisca alle vostre deficienze e, con queste disposizioni umili, semplici e piene di amore, accostatevi alla santa Comunione.
8. Dopo la santa Comunione mantenetevi in silenzio, nella fede e nel rispetto, al di sopra della sensibilità. Non meravigliatevi per il fatto di non sentire nulla, di non poter dire nulla, di non avere bei pensieri. Voi non vi accostate alla santa Comunione per trovare la vita in voi stesse, ma per trovarvi la morte. Mantenetevi dunque nello stato di morte, affinché Iddio vi dia vita da Sé stesso. Accettate con animo tranquillo tutto ciò che Egli compie in voi e quello che vuole da voi, e, perseverando nel santo abbandono e nel sacrificio reale, farete ciò che Dio vuole e non vi opporrete alla sua azione in voi. Non date retta alla voce dei sensi, né al ragionamento della mente: tutto deve morire, perché tutto è impuro, tutto è peccaminoso[9]. Non date ascolto a queste richieste, ma restate sacrificate al beneplacito e all'amore di Gesù Cristo.
9. Non basta accostarsi alla santa Comunione con questa disposizione, e neppure basta averla subito dopo. Bisogna mantenerla nelle diverse azioni della vita. Bisogna che rimaniamo sempre nello stato di abbandono e che la grazia da cui è accompagnata si diffonda continuamente su tutta la nostra condotta.
Manteniamoci nello stato di vittima, che è proprio di Gesù nel Santissimo Sacramento, col desiderio di esserGli conforme, per quanto è possibile a una creatura.
È fuori dubbio che noi non saremo mai degne di comunicarci, non avendo in noi disposizione alcuna; ma Gesù Cristo, con la sua Comunione, ha santificato le nostre e ci ha meritato la grazia di partecipare al suo banchetto divino.
Andiamo a Lui, nonostante le nostre miserie, privandoci della santa Comunione, solo nel caso in cui ci fosse un valido motivo. Non stiamo a riflettere sulle nostre miserie, ma piuttosto sul desiderio che dobbiamo avere di darci a Gesù.
Rinunciamo all'uso più o meno buono che abbiamo fatto di noi stesse e alla usurpazione dei suoi diritti in noi. Rimettiamoci completamente a quanto Dio dispone, contente di saperlo soddisfatto in sé stesso, e che si accontenta in noi secondo il suo piacere, senza l'intervento dei nostri sensi.
Siamo fedeli, e allora, questo Sole divino[10] ci ridarà, quando Lo riterrà opportuno, la luce e il calore, che emanano da questo augustissimo Sacramento. Non dobbiamo mai stancarci di attenderlo. L'umiltà, la dolcezza e la pazienza Lo attireranno finalmente nei nostri cuori. Io Lo prego, perché viva in noi e vi stabilisca per sempre il suo regno.
Dall’Eucaristia la Vita.
Dalla S. Comunione l’assimilazione della Vita di Gesù, e quindi l’umiltà pratica.
Pratica, non teorica.
Umiltà. Dolcezza, pazienza.
Ma accade questo in me con la S. Comunione?!
È un processo profondo, esigente, crocifiggente, doloroso. Ma salutare. Pasquale.
Non sciupiamo tanta grazia!
Come figli e figlie del santissimo Sacramento - anche Voi Oblati lo siete! - siamo chiamati a passare di qui concretamente.
Non sono i bei pensieri, le luci sull’Eucaristia che ci salvano.
Non sono i miei propositi…
Che Gesù faccia, che Lui regni.
L’Adorazione che viviamo si deve vedere!
La Comunione che riceviamo si deve vedere!
Siamo i Figli e le Figlie dell’Eucaristia non a parole, ma in concreto.
Bisogna che la Comunione Eucaristica ci cambi.
Siamo chiamati a lasciarci assimilare, di Comunione in Comunione, a Gesù nell’Eucaristia.
La nostra è forma Eucaristica!
Come Oblati, e come Battezzati.
Che ogni santa Comunione, come ogni Adorazione, ci faccia più umili e mansueti, ci renda più somiglianti a Gesù.
Perché Lui permanga in noi, e noi portiamo Lui al mondo.
Questo è il nostro programma, è tutta la nostra vita.
Semplice e grandissima insieme.
Preghiamo gli uni per le altre.
Non possiamo arrivare in Cielo senza assomigliare a un’Ostia!
Senza prendere la forma, i contorni, la fisionomia dell’ostia.
Semplice, buona, fragrante.
Docile, paziente, umile.
E questo riguarda anche il nostro rapporto con i fratelli e le sorelle, non solo con Gesù.
Ricevere Gesù nella Comunione non è vivere di intimismo, di una intima armonia con Lui, che però non mi rende disponibile per il prossimo…
La S. Comunione apre, non chiude.
Porta alla carità più leale e concreta.
Viviamola davvero.
Non falliamo l’obiettivo della Vita!
Innamorati di questo Dio
che si fa nostro "prossimo",
abbiamo un modo per dirgli
che gli siamo immensamente grati
per il suo infinito amore:
vivere come ha vissuto Lui.
Ed eccoci a nostra volta "prossimi"
di quanti ci passano accanto nella vita,
volendo esser pronti a "farci uno" con loro,
ad assumere una disunità,
a condividere un dolore, a risolvere un problema,
con un amore concreto fatto servizio.
Chiara Lubich
[1] Rm 5, 12ss Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato... (...).
[2] Rm 6, 6 Lo sappiamo: l'uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato.
[3] Lc 22, 15 E disse loro: "Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione".
[4] Gv 6, 57 "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me".
[5] Gv 6, 56 "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui".
[6] Gv 6, 57 (Vedi la stessa citazione alla nota 124).
[7] Ibidem, p. 61 da p. 142.
[8] Ibidem, p. 141.
[9] Rm 7, 14-25 14Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. 15Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. 16Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; 17quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 18Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. 20Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 21Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. 22Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, 23ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. 24Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 25Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato.
[10] Lc 1, 78-79 78Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, │ ci visiterà un sole che sorge dall'alto, 79per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre │ e nell'ombra di morte, │ e dirigere i nostri passi │ sulla via della pace".
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