SINTESI DELLA RIFLESSIONE PROPOSTA AGLI OBLATI
SUL CAPITOLO 6 DELLA S. REGOLA: L'AMORE AL SILENZIO
Il silenzio è indubbiamente un valore poco coltivato in questa "civiltà della comunicazione", in cui la parola è talmente preponderante da essere un valore inflazionato. L'uso – e l'abuso – della parola arrivano a svuotarla di senso.
Il silenzio è dunque una dimensione da recuperare non tanto contro la parola ma soprattutto perché solo il silenzio dà il giusto peso alla parola. Sembra una contraddizione quanto sto per dire, ma il silenzio è importantissimo quando si parla: se le nostre parole scaturiscono dal silenzio, allora scaturiscono dalle profondità di Dio. Saranno quindi sempre parole di bontà, di benevolenza…Senza il "peso" del silenzio, le parole sono vuote o rischiano di ferire.
Niente sembra più facile del silenzio, eppure nulla è più difficile: quando tentiamo di fare silenzio con le labbra, ci assalgono i pensieri delle preoccupazioni e occupazioni di ieri o di domani…
San Benedetto attribuisce al silenzio grande importanza: non solo consacra ad esso il cap. 6, ma vi allude in molti altri passi. Ne ricordo alcuni.
Nel Prologo. la prima parola: ascolta non è forse un invito al silenzio?
Al cap 4°: quando invita a custodire le proprie labbra da ogni parola cattiva o sconveniente, non aver gusto al molto parlare, non dire parole vane…non essere facile alla chiassosità… (cf. cap. IV, 51-54);
Al cap. 7°, il 4°, 7°,8°,9° grado di umiltà;
Al cap. 42°, quando invita i monaci a custodire con amore il silenzio sempre….
È bello che il nostro Santo Padre inviti a custodire il silenzio con amore, non come qualcosa che si subisce, non come un peso, ma come qualcosa che si ama, che si desidera, che diventa quasi il proprio habitat e di cui si sente l'esigenza profonda.
Il titolo stesso del capitolo 6° è molto eloquente: in latino è De taciturnitate, giustamente tradotto con "L'amore al silenzio".In italiano, quando definiamo taciturna una persona, intendiamo generalmente di una persona un po' "musona", che rifugge i contatti con gli altri. Ma il termine taciturnitas è tutt'altro: non indica il silenzio assoluto quanto piuttosto una disposizione a tacere, lo "spirito di silenzio", l'amore al silenzio.
Il capitolo si apre con un'esortazione a tacere: san Benedetto "taglia corto". Lo fa appoggiandosi– secondo la sua abitudine - sulla Scrittura (Salmo 38).
In effetti il silenzio è in genere una linea di condotta saggia, umile, prudente. Quanti malintesi causati dalle parole! Quante mancanze di carità, di delicatezza! Quanto si può ferire con la parola!
Dobbiamo davvero fare attenzione a ciò che esce dalle nostre labbra. È il primo invito che possiamo raccogliere (Cf. anche Gc 3,5ss: "Così…la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare…"; oppure Gc 1,26: "se uno pensa di essere religioso ma non frena la lingua…la sua religione è vana…").
"Tacere anche delle cose buone…"
È facile sentirsi sapienti, o maestri, anche nella vita spirituale, e cadere nella tentazione di "dettar legge" agli altri… San Benedetto ci invita a sentirci sempre discepoli…
"Quando si ha qualcosa da domandare a un superiore.."
I nostri rapporti reciproci dovrebbero sempre essere improntati a questo rispetto, a questa delicatezza…Nell' altro, chiunque esso sia, abita il mistero di Dio e questo mistero esige rispetto…
Potremmo applicare anche l'invito di Mt 6,7-8 a non moltiplicare le parole quando siamo in preghiera davanti al Signore (è Lui il "Superiore" di tutti, monaci e oblati!).
Il mistero chiede sempre silenzio. Il silenzio è uno dei tratti del "carattere di Dio".
"Dum medium silentium…" questa splendida antifona del tempo Natalizio ci indica che il Verbo – cioè la Parola! – ha scelto il Silenzio per la sua Incarnazione (quando il silenzio avvolgeva ogni cosa….). Silenzio e presenza di Dio coincidono…sono molti i riferimenti biblici che potremmo richiamare. Due fra tutti: Ap 8,1: "Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora. (È curioso che si annoti anche la durata del silenzio, laddove non c'è tempo!).
Rm 16,25: il mistero della nostra salvezza è definito da san Paolo come "il mistero taciuto per i secoli eterni".
Potremmo quindi affermare che il silenzio per san Benedetto è la fisionomia interiore del monaco.
Così deve essere anche per l'oblato, benché – diversamente ad monaco – egli utilizzi ordinariamente e frequentemente il linguaggio della parola. Ma è necessario coltivare la dimensione del silenzio per fare buon uso della parola.
Lo scopo del silenzio è quello di liberare l'anima, come l'obbedienza di liberare la volontà, perché il chiasso più forte non è quello che esiste fuori di noi, ma quello del nostro io.
Il silenzio ci stabilisce in una regione serena in cui poter parlare a Dio e ascoltarlo, in cui accostarci con delicatezza di amore all'altro, chiunque esso sia.
Vi invito a fissare, a contemplare due "silenzi" che possono rappresentare per noi il modello del silenzio.
silenzio degli anni oscuri di Nazareth (quasi tutta la sua vita!)
silenzio dei 40 giorni nel deserto
della preghiera notturna e solitaria
silenzio imposto ai miracolati e indemoniati
silenzio chiesto sul Tabor
silenzio della morte e della sepoltura
silenzio della Risurrezione, senza testimoni….
silenzio dopo l'Ascensione (questo tempo!)
silenzio dell'Eucaristia…
Il silenzio di Maria
Condensato in quella espressione che non finiremo mai di sondare…"Serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". Si È silenzio, più che fare silenzio.
Non è silenzio di isolamento quello di Maria: a Cana è lei ad accorgersi del vino che sta per finire.
È silenzio di attenzione, di comunione. È forza per sostenere la prova (Stava sotto la croce…). E del resto…quando viviamo momenti di straordinaria intensità (di gioia o di dolore), l'atteggiamento più "naturale" non è forse quello del silenzio?
Due espressioni della Scrittura per terminare.
La prima: - Is 30,15: Nel silenzio e nell'abbandono confidente è la vostra forza.
La seconda, che vuole essere un augurio reciproco e un impegno a chiedere l'uno per l'altro al Signore il dono di diventare "silenzio fecondo": Ef 4,29: Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano.
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