I temi delle meditazioni
Lunedì 20 luglio
Clausura:
forza della preghiera,
spazio aperto tra Dio e il mondo
Il cardinale Nicola Cusano (1401-1464), vescovo di Bressanone, non fu solo un grande politico della Chiesa, rinomato legato papale e riformatore della vita spirituale del clero e del popolo del secolo XV, ma anche un uomo
del silenzio e della contemplazione. In un "sogno" gli fu mostrata
quella realtà spirituale che ancora oggi vale per tutti i sacerdoti e per tutti gli uomini: il potere dell'abbandono, della preghiera e del sacrificio delle madri spirituali nel segreto dei conventi.
"... Entrati in una chiesa piccola e molto vecchia, adornata con mosaici ed affreschi dei primi secoli, al cardinale si manifestò una visione immane. Migliaia di religiose pregavano nella piccola chiesa. Esse erano così esili e raccolte che tutte avevano posto, nonostante la comunità fosse numerosa. Le suore pregavano e il cardinale non aveva mai visto pregare così intensamente. Esse non stavano in ginocchio, ma dritte in piedi, lo sguardo fisso non lontano, ma su di un punto a lui vicino, però non visibile ai suoi occhi. Le loro braccia erano aperte e le mani rivolte verso l'alto, in una posizione di offerta".
L'incredibile di questa visione sta nel fatto che queste suore nelle loro povere e sottili mani tenevano uomini e donne, imperatori e re, città e paesi. A volte le mani si stringevano intorno ad una città; altre volte un paese, riconoscibile dalle bandiere nazionali, si estendeva su un muro di braccia che lo sostenevano. Anche in questi casi, intorno ad ogni singola orante si spandeva un alone di silenzio e di riservatezza. La maggior parte delle suore però sosteneva in mano un solo fratello o sorella. Nelle mani di una giovane ed esile monaca, quasi una bambina, il cardinale Nicola vide il papa. Si capiva quanto il carico gravasse su di lei, ma il suo volto brillava di gioia. Sulle mani di una anziana suora giaceva lui stesso, Nicola Cusano, vescovo di Bressanone e cardinale della Chiesa romana. Egli riconobbe chiaramente se stesso con le sue rughe e con i difetti della sua anima e della sua vita. Osservava tutto con occhi spalancati e spaventati, ma allo spavento subentrò presto una indescrivibile beatitudine. La guida, che si trovava al suo fianco, gli sussurrò: "Vedete come, nonostante i loro peccati, sono tenuti e sorretti i peccatori che non hanno smesso di amare Dio!".
Il cardinale domandò: "Cosa succede allora a coloro che non amano più?". Improvvisamente, sempre in compagnia della sua guida, si trovò nella cripta della chiesa, dove pregavano altre migliaia di suore. Mentre quelle viste in precedenza reggevano le persone con le loro mani, queste nella cripta le sostenevano con i cuori. Erano profondamente coinvolte, perché si trattava del destino eterno delle anime. "Vedete, Eminenza", disse la guida: "così vengono tenuti coloro che hanno smesso di amare. A volte succede che si riscaldano al calore dei cuori che si consumano per loro, ma non sempre. Talvolta, nell'ora della morte, passano dalle mani di coloro che ancora li vogliono salvare a quelle del Giudice divino, con il quale devono poi giustificarsi anche per il sacrificio offerto per loro. Nessun sacrificio resta senza frutto, ma chi non coglie il frutto offertogli, matura il frutto della rovina".
Il cardinale fissò le donne vittime volontarie. Egli aveva sempre saputo della loro esistenza. Mai però gli era stato così chiaro cosa esse significassero per la Chiesa, per il mondo, per i popoli e per ogni singolo; solo ora lo comprendeva con sgomento. Egli si chinò profondamente davanti alle martiri dell'amore.
• Io prego?
• Perché prego?
• Per chi prego?
• La mia preghiera diventa VITA?
• E la mia vita diventa preghiera?
"Se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola fra loro, l'anima della sua Teresa, non una dispererebbe d'arrivare alla vetta della montagna d'amore, poiché Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l'abbandono e la riconoscenza. (...) Ecco ciò che Gesù esige da noi, non ha bisogno affatto delle nostre opere, ma soltanto del nostro amore, perché questo Dio stesso che dichiara di non aver bisogno di dirci se ha fame, non ha esitato a mendicare un po' d'acqua dalla Samaritana. Aveva sete... ma dicendo: 'dammi da bere', era l'amore della sua povera creatura che il Creatore dell'universo reclamava... aveva sete d'amore... Lo sento più che mai, Gesù è assetato... e tra i suoi stessi discepoli trova pochi cuori che si abbandonino a lui senza riserve, e capiscano la tenerezza del Suo amore infinito"
Santa Teresa di Lisieux,
Storia di un'anima, 243
La preghiera è una risposta d'amore all'AMORE INFINITO di DIO per me!
Per il mondo!
Dio ha sete...
La mia preghiera è risposta alla Sua sete
E, pregando, Lui risponde alla mia sete
Come posso non sentirne l'urgenza?
Martedì 21 luglio
"San Benedetto:
il cercatore di Dio, appassionato dell'uomo
C'era un uomo di nome Benedetto...
"... e fu davvero benedetto di nome e di grazia. Fin dagli anni della sua fanciullezza era già maturo... (...) Abbandonò con distacco gli studi, abbandonò la casa e i beni paterni e partì, alla ricerca di un abito che lo designasse consacrato al Signore..."
Dal secondo Libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno
- Benedetto cerca Dio
- Si protende verso... è rivolto in avanti, non ripiegato su se stesso
- Avverte il primato della chiamata di Dion nella sua vita
- Non teme di lasciare...
- Parte
- Si fida!
- Vive la sapienza del Vangelo
- Il desiderio di consacrazione lo fa muovere
- Benedetto vive la gioia di chi lascia perché ha scoperto il Tesoro, e va, libero, senza ormeggi, senza zavorre che impediscono il cammino
- Ma Benedetto non va per fuggire: non evade, non fugge dal mondo
- Benedetto sceglie Dio (Subiaco)
- Poi, riportato ai fratelli (Montecassino), non fugge il mondo, ma lo ama, a partire da Dio, dal "nulla anteporre all'amore di Cristo"
- Per questo la Regola benedettina è una perla di Vita per ogni tempo, che oltrepassa il tempo, calando nella storia la luce del Vangelo
- Benedetto non fugge il suo prossimo. Il contemplativo non fugge dai fratelli
- Più Benedetto ha incontrato Dio ( i 3 anni intensi di vita eremitica a Subiaco), più è stato pronto ed aperto alla testimonianza
- Benedetto ha cercato Dio, poi la gente ha cercato lui per ricevere Dio
- Prima Benedetto si è immerso in Dio, quindi è diventato testimone e maestro
- Benedetto è un appassionato della Vita: l'orante, sapendosi amato da Dio, ama! Ama il creato, la terra, se ne prende cura, ama il prossimo e non si sente importunato da chi gli chiede aiuto... è attento ai poveri, ai malati, agli emarginati
- E la sua Regola è un modello di civiltà e di umanità.
- Ogni capitolo della Regola benedettina parte dall'Incarnazione, non è niente di etereo, di astratto
Spunti per la riflessione
La paura di perdere e di perderti ti paralizza
Ma se veramente cerchi Dio, ti muovi, ti lasci provocare e raggiungere dall'invito del Signore, e non tieni stretta la tua vita
Anche la vita contemplative è missionaria
Il monaco è un missionario
È falso pensare di cercare e seguire il Signore senza pensare e prendersi cura del prossimo
Clausura è anche missione concreta: disponibilità e campo aperto non solo a Dio, ma anche ai fratelli
Mercoledì 22 luglio
Ora et labora... la declinazione benedettina della Vita
La vita benedettina è scandita dall'equilibrio dell'Ora et labora, le due 'lancette' dell'orologio interiore del monaco. Non basta pregare, e nemmeno si può solo lavorare. Nella vita, perché la vita sia vera, sia reale e piena, ci vuole equilibrio.
San Benedetto è il santo dell'equilibrio: tutto nella sua Regola, come nella giornata che egli presenta ai suoi monaci, ci parla di equilibrio. Equilibrio nell'ascesi, equilibrio nel regolare i tempi di ogni cosa, equilibrio nei pasti e nel bere, nelle ore di sonno e di veglia. Equilibrio di chi sta bene dentro la realtà.
Equilibrio che dice incarnazione. Nella vita benedettina si segue la Regola, che equilibra, ordina e armonizza, ed evita il troppo, perché il troppo storpia...
Il nostro tempo ha perso l'equilibrio della vita. Molte volte si vive in modo sbilanciato, squilibrato. L'ordinamento benedettino della giornata, scandito dall'Ora et Labora, torna a regolarci dentro, oltre che fuori, ci rimette a posto con Dio, con il prossimo, con noi stessi. E tutto torna a scorrere nel giusto ordine, se lo vogliamo... Si torna, così, a vivere con un senso di pienezza, di proporzione, di meraviglia e di prospettiva. Si diventa più consapevoli di tutto, si accolgono tutte le prospettive, nella vita equilibrata. Si accoglie ogni cosa da Dio, e si impara anche il senso del limite, si accetta il proprio limite persino come dono.
Si prega nel cenobio.
Si prega con scansione costante e ordinata, si prega nella Chiesa, si prega insieme. A poco a poco, con la prassi della vita, I monaci diventano professionisti della preghiera. Ma non assolutizzano questo aspetto della vita.
La preghiera benedettina non porta il monaco fuori dal mondo, dalla realtà, non è evasione o finzione. Nel monaco che prega, i piedi restano ben piantati per terra: egli sa che la preghiera lo apre all'incontro con Dio, che poi prosegue nel lavoro, e in ogni attività della sua giornata, in ogni incontro. Perché Dio è presente nel mondo, nella realtà, nella vita. Dio è qui, ora, nella nostra storia.
La preghiera benedettina è più della consapevolezza che della consolazione.
È regolare. È universale. Porta alla conversione.
La lectio divina è un elemento quotidiano e fondamentale nella giornata del monaco: la lettura orante, attenta e interiorizzata della Parola di Dio, che ogni giorno parla alla vita, dentro la vita. Non preghiera fuori dal tempo...
La lectio, lettura quotidiana, approfondita e meditata della Scrittura, è la pratica monastica che ci ricorda, davanti a Dio, chi siamo e cosa siamo chiamati ad essere ora, in questo tempo, se anche noi vogliamo essere portatori e testimoni della Parola nel mondo. Nascosti, possiamo evangelizzare il mondo con la nostra vita, ben più di quanto pensiamo.
Il lavoro: "proprio allora sono veri monaci, ci ricorda san Benedetto, quando vivono del lavoro delle loro mani" (RB 48, 8).
Il lavoro è un elemento fondamentale della vita monastica, e non va evitato. Il lavoro non è una punizione o una penitenza, non è un ostacolo, ma un dono e una collaborazione concreta all'Opera di Dio che è la creazione; il lavoro è concreazione.
Tutti i monaci lavorano, apportano il proprio contributo nella vita commune.
San Benedetto nella Regola non pone il lavoro al second posto rispetto alla preghiera, ma insieme, sullo stesso piano: Ora et labora, appunto, insieme. Tutt'e due le componenti della vita e della persona sono importanti. Tutto è servizio divino: pregare e lavorare. Non è che il lavoro mi impedisce di pregare, toglie qualcosa alla contemplazione, anzi! Non ci sono scuse.
Questo ci fa consapevoli che la vita monastica non è evasione, non è fuga dalle responsabilità. Lavorare è impegnarsi al servizio di Dio, con tutti se stessi, come nella preghiera ci si offre completamente.
Il lavoro fa crescere: come persone e come comunità. Nel cenobio si lavora insieme, e questo è molto importante. La vita benedettina è una vita di relazione: sono molto importanti le relazioni per san Benedetto. Non si entra in monastero per fuggire gli altri, ma per fare corpo, per diventare giorno dopo giorno, nel lavoro quaotidiano, corpo di Cristo vivo e donato.
Venerdì 24 luglio
"Adoro e aderisco" (Mectilde de Bar):
la riparazione come carisma
"Essere religiosa è essere ricongiunta a Dio, essere reinserita in Dio, ossia non agire più secondo le proprie inclinazioni e i propri desideri, ma lasciarsi completamente plasmare da Dio"
"Darsi a Dio significa fare di Lui la propria vita, la propria dimora, fare dell'anima il tempio di Dio"
Con queste espressioni la nostra Madre Fondatrice, Mectilde de Bar (Saint- Dié 1614- Parigi 1698) ci dice che la vita religiosa, e monastica in modo speciale, è un movimento di ritorno a Dio, un "ricongiungimento" con Lui, che dura tutta la vita, e che comporta
- totalità
- radicalità
Ci si dà tutte, non a metà... senza finzioni, in un Amore unico e indiviso, che riempie il cuore e la vita!
Rispondere alla divina chiamata nella vita religiosa non è obbedire a una ricerca di pace e di sicurezza, bensì scoprire Dio, e vivere in concreto l'incontro con un Dio che ci scomoda e ci fa uscire da noi stesse.
Chi è stata Madre Mectilde?
La prima Benedettina dell'Eucaristia.
Ci ha "viste" tutte, noi sue figlie, la nostra fondatrice, ci ha viste tutte nascere dal Tabernacolo. Con quella forza della visione soprannaturale, che i fondatori ricevono, madre Mectilde ha visto noi, Benedettine del SS. Sacramento, generate dal Tabernacolo, nel momento stesso in cui san Benedetto muore, esalando l'ultimo respiro.
Ma, con tanti Istituti dell'Ordine Benedettino, qual è il posto, la missione, il fine delle Benedettine dell'adorazione perpetua del Ss. Sacramento?
"Dare gloria al Figlio di Dio che nella divina Eucaristia sostiene abbassamenti infiniti" suggerisce la nostra Madre Mectilde
Che significa?
Significa che Gesù nell'Eucaristia si abbassa, si umilia, diventa povero: è la kenosi di Dio
Allora, la nostra vita benedettina:
- con l'umiltà
- e l'obbedienza
e la nostra adorazione continua
- vuole rendere questa gloria a Dio, riparando: al posto di; per chi non ci pensa; per chi non lo fa; per chi offende il Signore
RIPARARE è amare
Amare senza calcolare
Imparando la gratuità dell'Amore che si dona
nella gioia
nell'abbandono dei propri interessi
Per vivere in Cristo, con un Amore disinteressato, e non più proprietario
Avendo a cuore i fratelli, davanti a Lui!
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