INCONTRO GIOVANI
GHIFFA 15 ottobre 2011
Questo primo incontro, così come lo saranno i successivi, è dedicato a Maria e a Gesù: a Maria che cammina, lei per prima, verso Gesù.
Questa prima tappa, in particolare, la rivolgiamo alla fede di Maria, alla custodia, da parte della Vergine Madre, di un mistero troppo grande, che la supera infinitamente: dare alla luce, accompagnare, portare il Figlio di Dio agli uomini!
Maria è, per grazia, la custode di un dono. Non è, il suo, un bel programma, un percorso tranquillo e prestabilito… non è una missione invidiabile. No. Ce l’ha messa proprio tutta, Maria. Seguiamola, sulla strada spesso impervia della fede, facendoci con lei cercatori di Gesù.
Dal Vangelo secondo Luca 2,33-35. 41-52
“Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: ‘Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima – affinché siano svelati i pensieri di molti cuori’.
[…]
I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: ‘Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo’. Ed egli rispose loro: ‘Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?’. Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
Di Maria, è risaputo, sono registrate poche, pochissime parole nei Vangeli.
Tante però sono le emozioni e i sentimenti – ricordiamo il “fu molto turbata” di Lc 1,29 - le esperienze, le domande, i silenzi, gli imprevisti, lo stupore, i punti di domanda e le “novità” che vive con questo Figlio sorprendente… per cui il suo, dietro a Gesù, è proprio un continuo pellegrinare, sempre in movimento…
Non è mai ‘arrivata’ Maria. Gesù la porta sempre oltre. Nello spazio misterioso, dapprima angusto, ma sempre in crescita e liberante della fede, non ci sono punti morti, statici: si procede ad ogni passo verso un di più, un oltre, di sorpresa in sorpresa, allargando gli spazi del cuore nell’incontro con Dio.
La garanzia del cammino è proprio la fede. Senza approdi scontati o definiti una volta per tutti. Dio ci vuole così: in cammino con Lui. Guai a chi si ferma!
Per questo si parla – lo dice il Concilio ecumenico Vaticano II – di peregrinatio fidei della Vergine Maria, dall’Annunciazione, fin sotto la Croce – stabat! – ed oltre. Pensiamo solo al suo ruolo nel Cenacolo, con gli apostoli, dopo la Risurrezione di Gesù…
La sua vita è stata sempre, da Nazaret a Gerusalemme, un pellegrinaggio di fede: mai scontata… mai con degli ‘sconti’.
“Così anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col figlio sino alla croce…”(LG 58).
Lo spiega molto bene Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater:
“Se mediante la fede Maria è divenuta la genitrice del Figlio datole dal Padre nella potenza dello Spirito Santo, conservando integra la sua verginità, nella stessa fede ella ha scoperto e accolto l’altra dimensione della maternità, rivelata da Gesù durante la sua dimensione messianica. Si può dire che questa dimensione della maternità apparteneva a Maria fin dall’inizio, cioè dal momento del concepimento e della nascita del Figlio. Fin da allora era ‘colei che ha creduto’. Ma a mano a mano che si chiariva ai suoi occhi e nel suo spirito la missione del Figlio, ella stessa come madre si apriva sempre più a quella ‘novità’ della maternità, che doveva costituire la sua ‘parte’ accanto al Figlio. Non aveva dichiarato fin dall’inizio: ‘Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto’ (Lc 1, 38)? Mediante la fede Maria continuava a udire e a meditare quella parola, nella quale si faceva sempre più trasparente, in un modo ‘che sorpassa ogni conoscenza’(Ef 3, 19), l’autorivelazione del Dio vivo. Maria madre diventava così, in un certo senso, la prima ‘discepola’ di suo figlio, la prima alla quale egli sembrava dire: ‘Seguimi’ ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro (cfr Gv 1, 43)…” (RM 20)
E questo è interessantissimo. Il ‘seguimi’, il pellegrinaggio della fede, è un privilegio, un dono, un regalo che Gesù fa innanzitutto a Sua madre, prima discepola.
Il discepolato è una grazia. Ma, con il dono, c’è l’impegno, sempre. Non si tratta di un bel regalo, bello e pronto. Il dono va trafficato.
Dio, come sempre, non fa mai tutto da solo: ci chiede di prendere parte, di collaborare attivamente, di partecipare in prima persona al Suo progetto, di essere co-produttori, compagni di viaggio del Suo cammino per noi, cercando di riconoscere e di interpretare quanto Lui desidera e va scrivendo nella nostra vita. Così come ha fatto Maria.
È affascinante e faticoso insieme. L’importante è leggere bene questo disegno di Dio in noi, e fare bene la nostra parte. E ciò che ci abilita al discepolato è appunto la fede. Di qui non si scappa.
La nostra vita, nelle scelte grandi e piccole, nei passi più importanti e in quelli ‘ovvi’ del quotidiano, si gioca sulla fede, così come è stato per la Madre di Gesù.
Ci viene in aiuto, a proposito, quanto scrive padre Raniero Cantalamessa:
“Che cosa avviene di solito in un cammino di santità dopo che un’anima è stata ricolmata di grazia, dopo che ha risposto generosamente con il suo ‘sì’ di fede e si è messa volenterosamente a compiere opere buone e a coltivare le virtù? Cosa avviene dopo il periodo delle ‘grazie iniziali’ in cui Dio a volte quasi lo si tocca con mano? Viene il tempo della purificazione e della spoliazione. Viene la notte della fede… Maria ci è di guida e di modello proprio in questo: di come comportarci quando viene nella vita il tempo della ‘potatura’ […] Questa spoliazione per lei si consumò sotto la croce, ma cominciò ben prima. Anche a Nazareth e soprattutto durante la vita pubblica di Gesù, ella avanzava nella peregrinazione della fede. Non è difficile notare già allora ‘una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di notte della fede’ (RM 17). Tutto questo rende la vicenda di Maria particolarmente significativa per noi; restituisce Maria alla Chiesa e all’umanità…”. [1]
Maria è talmente associata a Gesù, alla sua missione e alla sua passione, da prendere parte a tutta la fatica, a tutto il dolore, a tutto il ‘prezzo’ della nostra redenzione. In questo Maria non ha avuto nessuno privilegio: è tutta dentro e fino in fondo al dono di sé per noi, per la nostra salvezza. È Madre coinvolta, che da’, che assume, che consuma la sua vita nell’amore, nel dono totale.
Un tempo – e ancora lo spiega molto bene padre Cantalamessa – si pensava a Maria secondo la categoria dei ‘privilegi’ o dell’esenzione [2]. La Vergine Maria esentata dal peccato originale, dai dolori del parto, dalla fatica, dalla paura, dalla notte della fede… E così “non ci si rendeva conto che, anziché associare Maria a Gesù, la si dissociava completamente da lui, che, pur essendo senza peccato, volle sperimentare direttamente tutte queste cose…”.
Così Maria era tutto, fuorché sorella e madre: con noi, per noi…
Ora non più, grazie a Dio e al cammino della Chiesa.
“Ora la categoria fondamentale con la quale, dietro il Concilio Vaticano II, cerchiamo di spiegarci la santità unica di Maria non è più tanto quella del privilegio, quanto quella della fede. Maria ha camminato, anzi ha ‘progredito’ nella fede. Questo non diminuisce, ma accresce a dismisura la grandezza di Maria. La grandezza spirituale di una creatura davanti a Dio, in questa vita, non si misura tanto da ciò che Dio le da’, quanto da ciò che Dio le chiede. …a Maria Dio ha chiesto tanto, più che ad ogni altra creatura…” [3].
Da qui capiamo fino a che punto Maria ci comprende e ci prende per mano. Perché anche lei ha fatto il suo cammino, eccome, senza prerogative e scorciatoie. Noi possiamo affidarci a Lei, perché lei per prima, dietro al Figlio, ha sperimentato la prova, le fatiche, i dubbi, i perché, l’abbandono. Non è Madre solo per grazia, ma per la vita provata. Se soffriamo, lei sa cosa vuol dire! Non ci comprende solo per… privilegio, ma per esperienza. Maria, nostra Madre! Madre con noi, madre per noi. Madre che sempre ci accompagna e sa sostenerci.
Potremmo, parafrasando il testo di Eb 4, 15 – e il suggerimento è sempre di padre Raniero – applicare a Maria le parole che qui sono riferite a Gesù, sommo sacerdote. Potremmo cioè dire: non abbiamo una madre che non sappia compatire le nostre infermità – le nostre tentazioni – essendo stata lei stessa provata in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.
Primo punto: Maria è grande non solo e non tanto per i ‘privilegi’, ma per la fede.
Secondo: andiamo più a fondo. Com’è la fede di Maria?
Come si manifesta? Quali sono le modalità di tale fede?
Torniamo al brano lucano che abbiamo preso in considerazione.
Fermiamo la nostra attenzione su alcuni verbi illuminanti: si stupivano . restarono stupiti – non compresero – (sua madre) custodiva.
Potremmo registrare la scena, nelle sue fasi, così: Maria osserva – reagisce stupendosi (la sorpresa è la reazione che fa ‘incassare’ la novità del vissuto) – non comprende – ma custodisce.
Ascolto e silenzio in Maria sono le modalità privilegiate per apprendere e ricevere il reale; per diventare recettiva, e quindi operativa, e capace di generare vita, proprio in questa accoglienza silenziosa, che non strepita, non fa rumore.
Il silenzio è accoglienza di vita, accoglienza di Cristo.
Il silenzio non è assenza di parole. È una porta aperta a ciò che più vale, al meglio che siamo chiamati ad essere: è accoglienza del Verbo.
“La Vergine Maria è stata puro silenzio per ricevere nello spirito la Parola del Figlio” (J. Dupont).
Ci si permetta qui un riferimento immediato alla Regola di san Benedetto, che inizia così: “Ascolta, figlio”. Qui possiamo dire: ascolta, Madre. Ascolta tuo Figlio.
È significativo, e più che mai oggi. Il silenzio – non la parola, non lo sforzo intellettivo di comprendere, non la dialettica, non il dibattito che estenua… ma il silenzio è la chiave pacificante del reale. La custodia del reale!
Molto bene l’Abate generale dei Cistercensi, padre Mauro Lepori, dice che “il binomio che riassume la Regola e il carisma di san Benedetto non è tanto l’ora et labora, ma il binomio ‘ascolta e segui’”. E se la prima parola della Regola benedettina è: ascolta, l’ultima è: perverrai. “Perverrai, arriverai, è una promessa fatta a chi cammina seguendo una strada” [4].
Ascolta ? perverrai.
Se ascolti, arrivi. Quando vuole Dio, dove vuole Dio. Ma arrivi.
Questo è un grande insegnamento che ci da’ la Madre di Gesù e nostra, leggendo in filigrana il suo ‘stile’ in questo brano evangelico e negli altri in cui lei entra in scena. Di fronte al mistero, a un dramma che accade nella vita, all’apparente non-senso o contro-senso degli eventi, come reagiamo noi, comunemente?
Prima di tutto ne parliamo… magari ci agitiamo… ci arrovelliamo… cerchiamo immediatamente e disperatamente la soluzione. Perdiamo la pace. Di fronte a ciò che non capiamo, e ci risulta ostico, eleviamo il muro delle nostre tante parole e soluzioni. Rifiutando così che si apra un varco, proprio attraverso l’ostacolo, in profondità, dentro di noi. Che la difficoltà fenda il nostro cuore, e apra una via nuova.
Invece Maria ha un altro stile:lei non ha paura di ‘ascoltare’ la vita così come le si presenta, prendendo atto che ci sono eventi che non si possono comprendere. Ma intanto, custodisce. Permette al silenzio di aprire nuove prospettive dentro di lei. Accetta che la vita sia più grande di lei, più grande del suo cuore e dei suoi progetti. Non si difende con le parole. Si lascia educare da Dio nel silenzio e col silenzio.
Non è che non pensi, non è che subisca passivamente le cose, anzi, è al lavoro! Ma un lavoro che non disperde le energie. Questo stile sapiente ci insegna Maria, nostra Madre. Di fronte al mistero, al dramma, alla storia incompresa che le si dispiega davanti, custodisce. Il “tesoro” è troppo grande, la posta in gioco troppo alta, per sperperarla… Così, dice padre Ermes Ronchi, Maria ci insegna l’arte di vivere, dove:
“l’arte di vivere è anche l’arte di pensare, l’arte della profondità. ‘Sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore’. Conservava la parola di Dio, la parola non capìta, la risposta brusca, i fatti che stupivano, i semi seminati e non fioriti. Li tiene nel cuore meditando, conservando, proteggendo. Il dono da chiedere a Dio è quello di essere pensosi, di non arrestarci all’incomprensione, il dono di andare oltre o almeno di intuire che c’è un oltre. La verità è che viviamo la vita in modo precipitoso e superficiale; e così ci sfugge una moltitudine di sorgenti di senso e di felicità. Se fossimo capaci di riempire di luce, di tenerezza, di generosità le realtà che dal grigio quotidiano ci vengono incontro, la nostra vita sarebbe trasformata, trasfigurata” [5].
C’è anche un’altra luce da accendere su Maria.
La Madre, con questo silenzio che custodisce il mistero, accetta di ‘morire’ dentro all’incomprensione. Vive, come Gesù, la sua kenosi, la sua ‘morte’, il non capire, il non farcela, il non essere all’altezza degli eventi; accoglie la sua piccolezza, la ‘tapineria’, il suo essere povera, minima. E proprio grazie a questa resa, Dio la prende per mano, e la porta Lui oltre, alle “sorgenti di senso e di felicità”. Dove lei da sola non può arrivare, lì, nell’oltre, la porta Dio, che vede e gioisce per la sua fede.
Questa è ars moriendi.
Tu ti lasci andare, non tieni tenacemente le mani sulla vita, e Dio ti prende Lui in mano, e ti porta oltre, illuminando di senso più profondo la tua vita.
Come c’è la kenosi di Gesù, così c’è la kenosi di Maria, e c’è anche la nostra: si passa con Dio da morte a vita. Si vede il senso profondo e luminoso del reale, quello vero e ‘sapiente’, oltre ogni limite e fallimento storico.
Arrivare qui è il segreto della vita cristiana: ars moriendi, ars vivendi.
Chi non vuole amare morendo a sé, chi non impara a morire amando, non perviene alla vita:
“La kenosi di Gesù consiste nel fatto che, anziché far valere i suoi diritti e le sue prerogative divine, se ne spogliò… La kenosi di Maria consistette nel fatto che, anziché far valere i suoi diritti come madre del Messia, se ne lasciò spogliare […] Ella dovette rinunciare a tutto ciò che di esaltante c’era nella sua vocazione. Fu messa dal Figlio stesso in condizione da non poter trarre dalla sua maternità alcun vantaggio terreno. Seguiva Gesù ‘come se non fosse’ la madre, pur essendolo. Una volta iniziato il suo ministero e lasciata Nazaret, Gesù non ebbe dove posare il capo e Maria non ebbe dove posare il cuore […] Gesù si è comportato con la madre come un direttore spirituale lucido ed esigente… non le fa perdere tempo, non la fa indugiare in basso, tra sentimenti e consolazioni naturali; ma la trascina, se è anche lui santo, in una corsa senza tregua verso la totale spoliazione, in vista dell’unione con Dio. Ha insegnato a Maria il rinnegamento di sé… Gesù con una mano si lasciava condurre dal Padre… Con l’altra mano conduce la Madre nella stessa corsa a fare la volontà del Padre. Per questo ora lei è glorificata in cielo accanto al Figlio. Per questo ora Maria può stendere a noi la sua mano materna e condurre anche noi piccolini, dietro di sé…” [6].
La fede attira Dio. Maria ci insegna una fede così, che si lascia togliere ogni carta di credito, ogni prerogativa. Ma il suo fiat attrae la grazia di Dio, la sapienza di Dio nella sua vita e nel suo cuore di madre, che ne viene impreziosito, potenziato, valorizzato al massimo.
Proprio perché non chiede, non pretende, ottiene. È sempre così: dove Dio vede la piccolezza, si precipita! Fa da Dio! Ben dice il Montfort: “Dio è l’Invincibile, ma l’umile è il suo vincitore”.
Così, nella mia vita. Quando io accolgo una perdita, quando rinuncio a un diritto che umanamente mi pare legittimo, quando soffro un’umiliazione, quando mi lascio un po’ torchiare sotto il peso di un’ingiustizia… ma non perdo la fede, e continuo ad avere fiducia, e vado avanti a dire: Padre!, allora, come nella vita della Madonna, Dio non sa resistere, e viene… Ma io, come lei, prima devo custodire. Stare dentro il mistero: credendo che Dio sa, che può, che fa’, anche se non vedo, perché lui è più grande!
Concludiamo con la riflessione illuminante della mistica Adrienne Von Speyr. Va letta e meditata con attenzione:
“ ‘Perché mi cercavate? Non sapevate che io mi devo occupare di quanto riguarda mio Padre?’… E la Madre scorge quasi una contraddizione tra la sua missione personale, consistente nel proteggere e nell’educare il Figlio secondo i criteri degli uomini, e la missione del Figlio stesso che si sottrae a questa protezione. Non riesce più a capire. Mediante questa incomprensione le viene insegnato che suo Figlio è Dio: Egli non è solamente grande, ma quanto di più grande possa esistere, comprensibile solo mediante la non comprensione. Dal momento che ella non deve più capire viene sospinta, quasi con violenza, all’interno di questa dimensione divina la cui grandezza non ha paragoni. La possibilità di controllare i primi anni di vita con il bambino ha rappresentato (per Maria) un momento di respiro. Ora ha inizio la scuola che le consente di abituarsi alla sua divinità. […] Questa situazione di divario avrà come conseguenza che tutti i cristiani davanti a Dio non saranno mai alla necessaria altezza… Si apre così uno spazio sconfinato. È il Figlio stesso a richiedere questa assenza di comprensione e ad evidenziarla, domandando: ‘non lo sapevate’? Non da’ nessuna spiegazione, mostra solo la via da percorrere e sottolinea il divario. In questo modo la Madre deve imparare qualcosa di nuovo, cioè a non capire. Ella sa non solo che non capirà ora, ma che questa incomprensione è come il principio di qualcosa che non avrà fine…
Ella conserva tutto ciò nel suo cuore… Una volta ha dato il suo corpo, ha dato la sua vita… Ora deve donare e affidare a Dio anche la sua incapacità a comprendere. È un’apertura verso Dio assolutamente nuova… Non sarà però un vuoto, un buco nero, ma un’occasione di maggiore apertura della sua anima verso Dio, e quindi una situazione di nuova fecondità… […] Dopo il ritorno nella casa di Nazaret, la Madre custodirà d’ora in poi questo segreto nel suo cuore. Deve lasciarlo crescere nella segretezza, e non come un proprio segreto, ma come il segreto estraneo ed incomprensibile tra il Padre ed il Figlio che è stato riposto in lei…
Anche i dottori con i quali si intrattiene il Figlio divengono a loro modo inquieti e rimangono scossi dalla grandezza senza confronti di Dio. Tuttavia, la loro meraviglia è ben altra cosa dalla lacerazione avvenuta nell’animo della Madre… Solo chi crede fervidamente viene trascinato nelle tenebre della grandezza senza confronti di Dio. Il perfetto credente trova qui la sua personificazione nella Madre” [7].
RIASSUMENDO:
FEDE = ACCOGLIENZA SENZA CONDIZIONI DEL MISTERO DI DIO
ACCETTARE DI NON CAPIRE
APERTURA AL DIVERSO, AL DIFFERENTE, AL DIVARIO TRA DIO E ME. DIO È PIÙ GRANDE DI ME! MA, IN QUESTO DIVARIO - LO SPAZIO DELLA FEDE! – IO CRESCO IN LUI E VERSO GLI ALTRI…
- Com’è la mia fede? Mi fido davvero di Dio? Sto crescendo nella fede?
- Sono disposto a giocarmi la vita sulla fede?
- Quando vivo situazioni difficili, che non comprendo, lascio spazio a Dio? Accetto il ‘divario’ che mi apre a una ‘logica’ più grande?
- Chiedo aiuto a Maria? La sento Madre? Mi fido della Chiesa, delle Sue mediazioni, dei fratelli e sorelle che camminano con me?
So che non è facile credere. È più facile ragionare.
Non è facile accettare il mistero che ti supera sempre
e che ti allarga i limiti della tua povertà. Eppure…
Se credere è difficile, non credere è morte certa.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno.
Credo, Signore! Credo, perché voglio vivere.
(C. Carretto)
[1] R. Cantalamessa, Maria uno specchio per la Chiesa, ancora, Milano 1997, pp. 95-96.
[2] Ibidem, p. 96.
[3] Ibidem, pp. 96-97.
[4] M. Lepori ocist, Identità e compito dei Superiori Cistercensi, relazione tenuta al Corso nuovi Superiori OCist – Roma 27.09.2011
[5] E. Ronchi, La case di Maria. Polifonia dell’esistenza e degli affetti, Ed. Paoline, Milano 2997, pp. 84-85.
[6] R. Cantalamessa, Maria uno specchio per la Chiesa, cit., pp. 99-101.
[7] A. V. Speyr,L’Ancella del Signore Maria, Milano 1986, pp. 92-95.
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