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Dom Jean Leclerq osb
Una scuola di spiritualità benedettina che risale al XVII secolo:
le benedettine dell’adorazione perpetua
*

 

I lavori portati a termine nel 1975, per il centenario della morte di Dom Guéranger, hanno permesso di mostrare l’autenticità benedettina e, in pari tempo, i limiti culturali della restaurazione monastica di cui egli fu artefice a Solesmes, di quelle che derivarono o furono influenzate dalla sua in altre nazioni, e di tutte quelle del XIX seecolo [1].

Autenticità e limiti: questi due termini si addicono a tutte le fondazioni e restaurazioni che ebbero luogo nel corso di una tradizione antica di quindici secoli. Attualmente è già iniziata una pubblicazione che invita a verificare questa ipotesi a proposito di uno degli Istituti di vita benedettina che hanno vissuto più a lungo, senza interruzioni, fino ai nostri giorni: si tratta della documentazione su Caterina de Bar, fondatrice delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua nel XVII secolo. Un primo volume, pubblicato nel 1973, contiene i testi riguardanti il periodo 1640-1670 [2]; il seguito è annunciato. Questo volume merita di essere presentato, giacché in esso, «l’autenticità» ha indubbiamente un posto molto più grande dei «limiti». Questa constatazione sarà in seguito illustrata da alcune considerazioni sulle diverse forme di vita benedettina che apparvero ed esistono ancora in un paese dalla storia religiosa immensamente ricca: la Polonia.

I. Influenze diverse e sintesi benedettina

Non è il caso di tracciare qui la biografia ben nota di Caterina de Bar, ma piuttosto di discernere le tradizioni nelle quali la sua opera affonda le radici. Basterà quindi ricordare dapprima brevemente le date principali della sua esistenza [3].

Nata in Lorena nel 1614, entra nel 1631 e professa nel 1633 nel monastero delle Annunciate di Bruyères, che una guerra devasta e riduce alla dispersione. Passa allora nel 1638 tra le Benedettine di Rambervillers, che sono nella corrente di riforma dei Vannisti, e fa professione l’anno seguente. Obbligata di nuovo a emigrare, dalla Lorena giunge in Francia, soggiorna nel monastero delle Benedettine di Montmartre, stabilisce un piccolo monastero vicino a quello dei Benedettini di Saint- Maur-des-Fossés, entra in contatto con Saint-Germain-des-Prés; nel 1653 fonda il suo istituto, le cui case andranno ben presto moltiplicandosi in Francia e specialmente in Normandia, così come in Lorena e in Polonia; dopo la sua morte, avvenuta nel 1698, esso si estenderà ancora in altri paesi d’Europa. Oggi conta quaranta monasteri.

Nelle diverse regioni in cui è vissuta e nelle successive tappe della sua esistenza, è stata contrassegnata da parecchie influenze. Quella che ha ricevuto dalla Lorena è stata sottolineata da uno specialista nella storia di questa provincia, Mr Pierre Marot [4]. Un maestro della spiritualità del XVII secolo, Louis Cognet, vi ha aggiunto il suo valido apporto [5].

Presso le Annunciate, ove Caterina dimorò all’inizio, la spiritualità si ispira ai mistici del Nord e a Benedetto di Canfeld: si insiste quindi molto sulla interiorità e sulla vita mistica [6]. Ma il monastero di Rambervillers, dove ella si stabilisce, è sotto l’influenza della Congregazione di Saint-Vanne, che rappresenta una riforma rigorosa, feconda di scritti dottrinali di carattere molto tradizionale [7]. Il suo fondatore, Dom Didier de la Cour, aveva avuto come discepolo Dom Antoine de Lescale, che aveva favorito l’entrata di Caterina tra le Benedettine [8]. In Lorena poi, è aiutata dal canonico premostratense d’Etival, che resterà sempre in relazione con lei, le invierà lettere spirituali e redigerà, per lei e per il suo istituto, due opere di spiritualità benedettina, una delle quali era destinata alle novizie: non esistevano compartimenti stagni tra le differenti tradizioni, e i più grandi spiriti sapevano rispettare e incoraggiare quelle alle quali non appartenevano. Così, la celebre Madre de Blémur, benedettina, pubblicò una vita di san Pietro Fourier, riformatore di una Congregazione di canonici regolari di sant’Agostino. E quando le monache lorenesi si stabilirono a Parigi, furono protette da san Vincenzo de’ Paoli [9].

A Parigi, Caterina de Bar visse dapprima in un ambiente che ereditava una tradizione benedettina venuta dal medioevo, ma che non escludeva le ricchezze trasmesse da altre correnti spirituali: l’abbadessa di Montmartre, Marie de Beauvilliers, era infatti «molto intima coi cappuccini e gli oratoriani e, tra i cappuccini, in primo luogo naturalmente con Benedetto di Canfeld». Per lui «tutta la vita di pietà si riassume nell’unione di volontà con Dio. Dio è essenzialmente la “Volontà Divina”…». Questa tendenza fu completata - saremmo tentati di dire: corretta - da quella che, durante il soggiorno di Caterina in Normandia, le venne da Jean de Bernières, fondatore di una casa di ritiro, chiamata «l’Hermitage» e situata presso un monastero di Orsoline in cui egli aveva una sorella. Ora Bernières, come il Padre de Coudren [Condren?] e il Padre de Saint-Jure che esercitano anch’essi un’influenza su Caterina, ha una spiritualità tutta incentrata nel Cristo. A Saint Maur-des-Fossés, suo direttore è il cappuccino che lo fu anche del Bernières, il p. Crisostomo de Saint-Lô. Perciò, in tutto questo periodo che precede la fondazione del suo istituto, Caterina de Bar - come ha constatato quel conoscitore obiettivo che era L. Cognet - riceve influenze diverse che ha saputo «assimilare per farne una sintesi personale» [10].

II. L’influenza decisiva dei Mauristi

Tuttavia, è soprattutto durante quello che si potrebbe chiamare il suo «periodo maurista» che la spiritualità propria di Caterina de Bar, divenuta Madre Metilde del SS. Sacramento, riceve il suo orientamento definitivo. L’idea di fondare un istituto ove si praticasse l’adorazione perpetua del SS. Sacramento le era venuta dalla Lorena, dove, come dovunque si diffondeva il calvinismo, si voleva compensare il rifiuto che gli si attribuiva di riconoscere la Presenza reale. Questo modo di reagire, con la devozione o la teologia, non era senza precedenti nel monachesimo. Già un monaco di Liegi, Alger, prima di entrare a Cluny, aveva scritto per confutare alcuni errori la cui origine risaliva a Berengario di Tours, e che si erano diffusi a Liegi all’inizio del XII secolo [11]. Così, nell’ambiente spirituale che Madre Metilde frequentava, le fu suggerito di fondare «una congregazione che, conservando l’osservanza benedettina, introducesse però l’Adorazione del SS. Sacramento, cosa alla quale si presta mirabilmente dato l’orientamento liturgico della sua pietà» [12]. Fu allora che venne validamente aiutata dai monaci della Congregazione di San Mauro e in special modo da quelli di Saint-Germain-des-Prés. Poiché questi fatti sono già stati stabiliti e documentati altrove [13], qui basterà ricordarli.

Il Priore di Saint-Germain è allora Dom Placido Roussel. E’ lui che nel 1656 stende il «verbale» delle formalità per la fondazione di Parigi. Le religiose promettono di riconoscerlo come «loro superiore ordinario per guidarle sia circa le cose temporali che spirituali». Nel 1659 il suo successore, Dom Bernardo Andebert, conferma che il monastero situato nella rue Cassette è «sotto la sua giurisdizione spirituale». Madre Metilde non lasciò la rue Cassette. Fino alla morte restò in relazione con i religiosi di Saint-Germain e specialmente con Dom Ignazio Philibert, allora superiore. Egli prese in mano gl’interessi del nuovo monastero di Benedettine per tutto il tempo che rimase a Parigi, vale a dire fino alla sua morte, avvenuta nel 1667. «Fece istituire una commissione di dodici membri, tra i quali Dom Andebert, superiore generale della Congregazione riformata di Citeaux. Essi furono del parere che era assolutamente necessaria una Congregazione per far sussistere l’adorazione perpetua del SS. Sacramento e incaricarono M. Metilde di redigerne gli statuti». Ma il Document biographique ci dice che la Madre «non potendo lavorare a questo scopo sia per i frequenti viaggi cui era obbligata per le fondazioni dell’Istituto, e sia per guidare la sua comunità nel poco tempo che vi rimaneva, si trovò nella necessità di pregare lui stesso di compilarle, visto che di tal genere di cose egli aveva molta più competenza di lei, avendo esperienza della Congregazione di San Mauro, in seno alla quale aveva anche governato per tanto tempo parecchie delle loro prime case».

«Al Priore di Saint-Germain, nell’agosto 1654, M. Metilde aveva proposto di far benedire “una grande immagine in rilievo della Madre di Dio”, la quale sarà considerata come la Superiora dell’Istituto. Un po’ più tardi, il 24 agosto, M. Metilde sottometteva al Priore l’atto che aveva compilato per “dedicare” il suo monastero alla Madonna. Cosi facendo, le Benedettine di rue Cassette rimettevano in vigore un’antica devozione praticata fin dall’XI secolo a Marcilly, sotto l’influenza di Cluny. Si può pensare che l’erudizione dei Mauristi non sia stata estranea a questa restaurazione di un’usanza medioevale. Dom Bernard Andebert, monaco di Saint-Germain, “ha permesso che la suddetta offerta e la sua rinnovazione si facesse tutti gli anni nel giorno dell’Assunzione della Santa Vergine ... ” » [14].

I monaci di Saint-Germain non aiutarono soltanto le Benedettine di rue Cassette nel governo della loro comunità. Esercitarono un’influenza diretta e decisiva sull’orientamento spirituale di tutta la Congregazione delle Benedettine del SS. Sacramento. All’occorrenza, prestavano la loro penna e il loro talento: nel 1696 Dom Mabillon redasse a nome della Priora una lunga e bella lettera circolare sulla morte di Madame de Blémur. Nel 1702 uno scritto, firmato da tutte le religiose e diretto al Priore di Saint-Germain, lo ringrazia di una conferenza che ha tenuto e lo prega di continuar loro il suo aiuto. Il 22 agosto 1668 Madre Metilde supplica il Priore di Saint-Germain «di approvare e confermare la Bolla di erezione della loro Congregazione, ottenuta da Mons. de Vendôme al tempo della sua legazione»; e dopo l’approvazione della Congregazione e delle sue costituzioni da parte di Alessandro VII, le Benedettine sottopongono al Priore di Saint-Germain la formula di professione.

Nel 1686, M. Metilde fa stampare per le sue figlie «Gli esercizi spirituali, o pratica della regola di San Benedetto a uso delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento». Ora questo non è quasi altra cosa che l’opera di Dom Claude Martin intitolata: «La pratica della regola di San Benedetto». Questo libro, dichiara Madre Metilde in una Lettera pubblicata in capo al volume, «si può anche giustamente chiamare: la morale benedettina ...; ci potrebbe bastare per condurci alla perfezione del nostro stato». Per cui ella non cerca un piano diverso da quello adottato da Dom C. Martin. Si accontenta quasi sempre di mettere le espressioni al femminile; raramente modifica la redazione o propone un’altra pratica. Al capitolo sulla stabilità, ella adatta alla stabilità sotto clausura che conviene alle monache ciò che si diceva della stabilità nella Congregazione, che presso i Mauristi era particolare.

Se vi sono inseriti nuovi capitoli in funzione dello spirito proprio delle Benedettine dell’«Adorazione perpetua» e delle pratiche che ne derivano - come il capitolo in cui è detto «In quale spirito si deve fare la riparazione» o quello «Dei doveri verso la Santa Vergine come prima e perpetua Abbadessa» -, essi non distruggono minimamente l’omogeneità dell’insieme e si fondono con la spiritualità e gli insegnamenti che scaturiscono dall’opera. Madre Metilde non teme di affermare che «quand’anche tutti gli altri libri ci venissero a mancare, troveremmo sempre in questo di che consolarci», poiché «non manca di tutto quanto è necessario per elevare l’anima alla santità di vita alla quale dobbiamo aspirare e che la nostra professione ci richiede». L’identità d’interpretazione della regola di san Benedetto, presso i Mauristi e le Benedettine del SS. Sacramento, è dunque attestata dalla fondatrice di queste ultime; da parte loro, Dom Brachet che dà il permesso per la stampa e Dom Claude Bretagne allora Priore di Saint-Germain, che concede l’approvazione, confermano questo accordo.

I monaci di Saint-Germain esercitarono una grande influenza sulle Benedettine che da rue Cassette si sparsero in seguito in diverse regioni della Francia e in parecchie nazioni d’Europa. La comunità di Parigi si è ora trasferita. Fino alla Rivoluzione i monaci di Saint-Germain aiutarono quella casa, benché in genere non fossero né cappellani né confessori. Anche gli altri monasteri del SS. Sacramento situati a Rouen, Caen, Châtillon, Dreux, Bayeux, beneficiarono del ministero dei monaci di Saint-Germain. Quanto alle case della Lorena - quelle di Ramberrvillers, Toul e Nancy - furono poste sotto la giurisdizione spirituale della Congregazione di Saint-Vanne. Attualmente le Benedettine del SS. Sacramento di Mas-Grenier, in Tarn-et-Garonne, occupano l’antico monastero dei Mauristi. Nel 1705 due monaci di Saint-Germain, Dom Guillaume Laparre e Dom Claude de Vic, si occuparono a Roma di ottenere l’approvazione definitiva delle Costituzioni delle Benedettine del SS. Sacramento. E ai nostri giorni, in numerosi luoghi, esse mantengono viva una tradizione spirituale direttamente ispirata a quella della Congregazione di San Mauro.

III. I valori permanenti di una spiritualità

Se cerchiamo ora di individuare i caratteri dominanti di questa spiritualità, si possono ridurre a tre.

 

1. Innanzitutto si tratta di un cristocentrismo autentico, cioè conforme alla più pura tradizione teologica e spirituale. Esso si spiega con l’influenza di Bérulle, di Condren, d’Olier - i grandi rappresentanti della «scuola francese» del tempo -, ma soprattutto della Sacra Scrittura e particolarmente di san Paolo; il tutto integrato in un atteggiamento interiore plasmato dalla liturgia. Certo questa devozione al Cristo è incentrata sull’Eucaristia - questo mistero sul quale tanti monaci, dal IX al XII secolo, avevano scritto [15] -; ma il Gesù che si celebra e si adora in esso è considerato, come nella liturgia, nel suo aspetto pasquale: «Voi siete morte, insegna M. Metilde, e la vostra vita è nascosta in Gesù Cristo» [16]. Tema tradizionale per eccellenza [17], come pure il suo necessario complemento: il passaggio dalla morte «alla vita nuova di Gesù Cristo, il che è la grazia stessa del cristianesimo».

In effetti il battesimo, incorporandoci a Cristo, ci rende capaci di partecipare al suo sacerdozio, alla sua «qualità di sacerdote e di vittima». Nel sacrificio eucaristico, il Cristo si offre e noi ci offriamo con lui e in lui. Ecco l’esercizio del regale sacerdozio dei fedeli, rimesso in luce dal Vaticano II!

«Ecco, ci sembra, il fondo della sua dottrina - ed è quella stessa della Chiesa - espressa alla maniera del suo tempo, e con una notevole costanza. Ella ha gran cura di far rilevare come questa qualità di «vittima» che dà alle sue Figlie «non è una qualità nuova, è un titolo che Gesù Cristo vi ha impresso col battesimo». Abbiamo visto che è il sacerdozio dei fedeli. Per lei l’adorazione perpetua non è soltanto un omaggio alla Presenza eucaristica, deve essere «un rinnovamento universale di tutta la nostra vita e di tutte le nostre azioni, perciò la chiama anche «adorazione attuale». E’ la pratica, il mezzo e il segno di quella vita pasquale che è il frutto dell’Eucaristia. E ciò per estensione della grazia del Sacrificio in noi e nel mondo. In tal modo ella unisce vitalmente adorazione e riparazione. Poiché, notiamolo bene, la «riparazione» indirizzata a Cristo nell’Eucaristia è sempre da lei presentata come una partecipazione al mistero della Redenzione, nel nostro umile posto di creature redente, di membri della Chiesa, la quale continua questa gestazione redentrice «fino al Suo ritorno». Essa insiste su ciò in modo speciale: «Non c’è altri che Cristo Gesù che possa riparare la sua gloria e quella del Padre». Sta tutto qui: «diventare Cristo Gesù» [18].

Tutta l’ascesi deriva da questa contemplazione del Cristo, da questa partecipazione alla di Lui contemplazione redentrice. Questa dottrina si trova meravigliosamente sviluppata in un Ritiro redatto nel 1662, di cui riportiamo solo qualche estratto:

 

«Rimane da dire ... in che consista questa perpetua immolazione che le Figlie del SS. Sacramento sono tenute a fare ogni giorno, onde imitare, per quanto è possibile, Gesù Cristo immolato incessantemente al Padre suo. Questa immolazione perpetua, sorelle mie, richiede due cose. Primo: il puro sguardo su Dio sempre, come Gesù sempre guarda il Padre suo. Secondo: l’oblio di noi stesse con una sapiente indifferenza verso un’infinità di bagattelle che ci fanno ripiegare su noi stesse in tanti modi. Ora è la tenerezza per il nostro io, ora è qualche desiderio; poi il timore di qualche umiliazione o l’inquietudine per una privazione, oppure il riflettere sulle azioni altrui; e mille altre cose simili che ci occupano totalmente di noi stesse, tenendoci a volte così ripiegate e attaccate da farci perdere l’attenzione interiore a Dio. E questa trista inclinazione che abbiamo verso noi stesse ha una tale malizia da renderci incapaci, e dello sguardo a Dio, e della somiglianza con Gesù nell’Ostia. Non dobbiamo infatti allontanarci dal nostro adorabile oggetto, poiché è lui il nostro divino modello; occorre averlo sempre davanti agli occhi e fare ciò che egli ha fatto, perché dobbiamo camminare sui suoi passi.

Questa non è una chimera o lo stato di una fantasia irragionevole, no: è obbligo del cristiano - ma lo è doppiamente per una figlia del SS. Sacramento - diventare simile il più possibile a suo Padre. Continuate dunque a contemplare ciò che Gesù fa in questo augusto Mistero: vedete come non ha altro in vista che la gloria di Dio, come dimentica i propri interessi.

Sì, sorelle mie, questo è meraviglioso: Gesù entra nei nostri cuori per celebrare in noi un sacrificio divino, eterno, di un merito infinito; questo deve farci amare la santa comunione, poiché egli compie in noi l’ufficio di Sommo Sacerdote e sovrano Sacrificatore, immolando se stesso per l’anima che lo riceve e rendendo un omaggio di gloria infinita a Dio suo Padre col suo divin sacrificio [19].

Ma lasciamo questo discorso, per continuare a mostrare le due azioni che Gesù compie continuamente nell’Ostia. Abbiamo detto che la prima è uno sguardo attuale a Dio suo Padre e la seconda è la salvezza degli uomini; e questi sono i motivi della nostra vocazione nel nostro Istituto: la gloria di Dio e lo zelo per la conversione dei peccatori, soprattutto dei profanatori di questo sacro Mistero ...

Siete peccatrici, sorelle mie, personalmente e nei vostri fratelli. Vi siete sacrificate per ottenere perdono e riparare, se è possibile, la gloria sottratta a Dio. Voi fate quello che ha fatto Gesù, benché certo in modo infinitamente dissimile: dovete dunque risolvervi a essere trattate come lui. Questo non avverrà mai all’infinito - non ne sarete capaci - ma secondo il beneplacito di Dio e fino al grado che sarà necessario per soddisfare la sua Giustizia» [20].

Ecco proprio il contrario di una pietà sentimentale e individualista. I più grandi rappresentanti della tradizione monastica si sarebbero riconosciuti in essa.

 

2. Un’altra caratteristica dell’insegnamento di M. Metilde è costituita dal suo attaccamento alla vita e alla Regola di san Benedetto. Della biografia del Santo ritiene soprattutto l’ultimo dei fatti meravigliosi narrati da san Gregorio [21], come lei stessa dichiara in uno scritto intitolato Sur l’esprit de Saint Benoît:

 

«Se mi domandate, sorelle mie, dove prendo ciò che ho detto, oso assicurarvi che si tratta di un segreto che mi è stato dato di scoprire nella morte del nostro santissimo Patriarca; il quale, volendo attestare il suo amore per il SS. Sacramento dell’altare, non poté farlo meglio che spirando alla sua santa Presenza. Egli rese così gli ultimi aneliti del suo cuore a quell’Ostia adorabile, perché i suoi sentimenti, racchiusi nel sacro ciborio, potessero generare nel tempo dei figli del suo Ordine che sino alla fine del mondo offriranno adorazioni, omaggi e continui atti di amore e di riparazione ...

Se mi fosse permesso di descrivere nei particolari lo spirito e le disposizioni che deve avere una Benedettina vedreste che, praticando fedelmente la santa Regola, ella sarebbe del tutto simile a un’ostia e nell’adorazione eucaristica entrerebbe in rapporti meravigliosi con Gesù.

Non vedete dunque, sorelle mie, che san Benedetto muore in piedi, per farci comprendere che fa germogliare in uno sforzo di amore il santo Istituto che noi professiamo? Lo concepisce nell’Eucaristia, perché nasca più di milleduecento anni più tardi!» [22].

Quanto alla Regola di san Benedetto, Madre Metilde ne conserva tutte le osservanze fondamentali:

«Il rapporto e la connessione che esiste tra la Regola del grande Patriarca e l’Istituto dell’ Adorazione perpetua, richiedeva che questa santa Regola ne fosse la base e il fondamento; infatti quelle che appartengono all’Istituto devono condurre una vita austera, penitente e molto separata dal mondo per essere vere vittime e degne riparatrici, e questa santa Regola contiene tutto ciò in modo eminente ...»[23]

I contemporanei certificano infatti che queste religiose «seguono la Regola di san Benedetto nell’esattezza più rigorosa» [24]; «fanno rivivere l’antica Regola di san Benedetto e il primitivo rigore della sua osservanza - e piacesse a Dio di suscitare ogni tanto delle religiose che, aspirando a una santa riforma del loro Ordine, servano di strumento per attuarla» [25]. Esse meritano quindi il titolo di «religiose riformate» di tale Ordine [26].

 

3. Finalmente Madre Metilde ritrova d’istinto, e poiché conosce la tradizione a cui appartiene, varie pratiche che erano state trasmesse fin dal medioevo: l’abbiamo già notato a proposito della Madonna Abbadessa [27]; lo stesso è per la devozione a san Giovanni unito a Maria ai piedi della croce [28], per la vestizione ad succurrendum che permette a persone vissute nel mondo di «morire con l’abito dell’Ordine» [29], per il simbolismo stesso di quest’abito, segno di «vita nascosta al mondo e separata dal mondo» e richiamo alla Croce di Cristo [30].

IV.  L’espansione in Polonia

I fatti che riguardano quest’argomento sono stati ricordati con commovente sobrietà nel 1959, in alcune righe che basterà qui riportare:

 

«Il 22 agosto 1687, Madre Caterina-Metilde de Bar mandava dodici sue religiose a Varsavia per fondarvi un monastero di Benedettine del SS. Sacramento. Era la realizzazione di un voto fatto dalla regina di Polonia, Maria Casimira, quando nel 1683 Giovanni Sobiesky riuscì vincitore da una battaglia contro le armate dell’Islam che marciavano su Vienna. Dopo difficili inizi, la Comunità conobbe anni tranquilli. Poi vennero le grandi tribolazioni: peste, smembramento della Polonia, guerre, insurrezioni, minacce di deportazione. Ogni tanto, alcuni anni più calmi davano alla Comunità il tempo di rifarsi e di accogliere delle reclute. Ma si può dire che l’eroismo era il suo clima abituale di vita. Si ebbe una tregua fra il 1925 e il 1939. E di nuovo la guerra, il bombardamento, il continuo trovarsi in faccia alla morte, fino a quel 31 agosto 1944 quando oltre due terzi delle monache furono sepolte vive intorno al tabernacolo. Si udirono cantare per due giorni, poi tutto tacque. Ma il Signore stava per ricompensare tanto sacrificio. Nel 1948, le dodici professe rimaste avevano già dato il velo a trenta novizie e altre aspiranti attendevano che ci fosse posto.

Ed ecco la Comunità di Varsavia, che nel XVIII secolo aveva fatto a Lwow una fondazione tuttora in vita, dare la nascita a un nuovo monastero, a Sciedlce» [31].

 

Un volume che seguirà il Document biographique pubblicherà certamente dei documenti d’archivio e altri che si riferiscono alla fondazione di Varsavia *. Ma in quel monastero si conservano dieci lettere, quasi tutte autografe, di Madre Metilde. Nell’attesa della loro edizione integrale, meritano di essere presentate. Certo non tutte sono un capolavoro. Tutte però sono interessanti, sia per le idee che in esse si trovano che per i fatti di cui parlano, e anche perché rivelano i lineamenti del carattere della loro autrice. Al proposito non si può che sottoscrivere questo giudizio di Cognet:

«Io sono veramente stupefatto nel vedere l’intensità della sua corrispondenza e anche l’eccezionale qualità delle sue lettere, perché ogni volta che ho potuto vederne una che non conoscevo l’ho trovata meravigliosa. Non è a dire che siano tutte del medesimo valore, no, sarebbe un miracolo e non lo pretenderei. Questo dipende dai corrispondenti. Ve ne sono di quelli a cui può parlare su un certo tono e altri coi quali è costretta a dire cose molto più banali, ma non le dice mai in modo banale. Ha uno stile magnifico, e l’elevatezza e la coerenza del suo pensiero sono qualcosa di quanto mai notevole.

E’ anche degno di nota in lei quell’unione costante tra il più profondo e assoluto senso soprannaturale, e il più pratico e solido buon senso. Essa aveva davvero il temperamento di una grande fondatrice. Le qualità che si trovano in una santa Teresa, cioè l’equilibrio tra i doni mistici e i doni naturali più realistici, è attuato in lei a un livello incomparabile [ ... ]. Il suo misticismo tuttavia si colloca in una regione talmente elevata da non conoscere certe debolezze. Non era lei donna di fenomeni spettacolari, ma semplicemente un’anima nella quale l’ideale canfeldiano dell’unione della volontà con la Volontà divina è senza dubbio realizzato a un grado incredibile; a tal punto che è giunta a quella vetta della vita mistica in cui veramente agisce in Dio in assoluta libertà. Questo è evidente in tutta la sua corrispondenza: c’è in lei un equilibrio tra l’elemento naturale e l’elemento soprannaturale, tra l’elemento mistico e l’elemento più strettamente razionale - oserei quasi dire ragionatore sotto certi aspetti - che raramente si trova a un grado tale e che evidentemente meriterebbe uno studio molto approfondito» [32].

Ecco almeno qualche estratto di lettere dirette in Polonia. Esse testimonieranno il senso pratico della fondatrice e in pari tempo la sua qualità spirituale [33].

Le prime si riferiscono a fatti concreti - non senza importanza! - della vita delle religiose mandate in Polonia.

Da una lettera dell’8 settembre 1687:

 

« ... mi hanno mandato a dire da Rouen che alla partenza eravate tutte molto raffreddate, non avevate preso precauzioni per il freddo; la stagione è assai avanzata e vi sarà molto scomoda. Ma vedo che soffrite per Dio; che purificate sempre più le vostre intenzioni, e l’amore divino si accende nei vostri cuori per sacrificarvi agl’interessi della sua gloria. Siate tutte rivestite di Gesù Cristo, “camminate in novità di vita” come in un mondo nuovo in cui non vedete che Dio e vivete solo per lui. La sua Bontà avrà cura di tutto ciò che vi riguarda, se voi avete l’unica preoccupazione di piacere a lui e di non desiderare che lui lavorando per la sua gloria ...

Vi raccomando sempre la perfetta unione, che si può conservare solo con una profonda umiltà ...

Non siate dunque mai divise, qualunque cosa vi possa capitare, sia la tentazione, l’antipatia o il disgusto. Vivete quindi quella Pace divina che vi vuole insieme per lo Spirito Santo di Gesù Cristo. Io continuerò a pregare» *.

Da una lettera del 12 febbraio 1688:

«Vi prego di farmi sapere quanto denaro vi occorrerebbe per la fondazione, onde avere una somma ragionevole; tutto quello che desidero per voi è una Casa in proprietà, sufficiente per alloggiarvi con comodo. Fatevi coraggio: soffrirete, ma N. Signore condurrà tutto in benedizione. Penserei di mandarvi nel mese di maggio due o tre belle voci e un’organista: aspetterò gli ordini che riceverete da Sua Maestà. E se per disgrazia foste costrette a ritornare non ve ne affliggete. L’affetto così tenero di tutta la Comunità sentirebbe una grande gioia di rivedervi, voi sapete di essere amate tanto teneramente ...» *.

Post-scriptum a una lettera dell’8 marzo 1688:

«Abbiamo già una voce graziosa che sa la musica ed è molto saggia; ne attendo ancora due e una o due Religiose da mandarvi: così saranno in numero di cinque o sei » ¨.

La lettera seguente, del 6 luglio 1696, è trasmessa integralmente a causa del suo insegnamento spirituale:

 

« Sulla cara vostra del 13 maggio, mia carissima figlia, vi dirò che sono sensibilmente commossa del vostro affetto. Noi preghiamo per chiedere a N. Signore, per mezzo della SS. Madre, che egli pacifichi tutto, poiché non c’è nulla che più ci affligga quanto il sapere una casa dell’Istituto in una simile desolazione. So che ne soffrite molto senza potervi mettere rimedio, ma se sarete fedele a Dio nelle persecuzioni e tentazioni che l’inferno vi scatena, la forza divina di Gesù Cristo per mezzo della sua SS. Madre trionferà di tutto. E vedrete soccorsi tali della grazia da restarne sorpresa. Vi consiglio di restare come dite, senza interessarvi di niente, ma di tenervi interiormente alla presenza di Dio con un santo raccoglimento, aspettando dalla sua Misericordia qualche intervento straordinario della sua infinita Bontà; raddoppiate fede e confidenza. Siate fedele alle osservanze; non comunicate i vostri sentimenti per sentirvi il cuore più leggero; questo vi farebbe dire parecchie cose che finirebbero a ferirlo o per lo meno a turbare la sua tranquillità. Andate sempre dove vi attira la grazia senza fermarvi. E ricordatevi delle parole di Nostro Signore, il quale vuole che lo seguiate portando la croce, vivendo nello spirito di un continuo sacrificio che deve costituire la vita di una Vittima. In questo mondo non si possono evitare molte contraddizioni, ma la Vittima fedele lascia che i morti seppelliscano i morti. Oltrepassa tutto per donarsi a Colui al quale è immolata, non tendendo ad altro che a piacere a Lui, senza far caso dei propri interessi: li annienta di tutto cuore con un sacrificio attuale, facendo consistere la sua felicità nel mirare a Dio solo al di sopra di tutte le cose, poiché il suo amore e il suo regno costituiscono tutta la sua ricchezza per essere perfettamente e unicamente tutta di Gesù Cristo. Custodite dunque come preziosa la pace del vostro interno: la conserverete non prendendo parte a niente altro sulla terra che a vivere in uno spirito di morte.

Mi è impossibile non desiderare di essere vicina a voi tutte, per cercare di consolarvi e di rimettere la vostra santa casa nella calma. Spero che la Sacra Madre di Dio lo farà e vi benedirà: io la prego con tutto il cuore di riunirvi tutte nel suo Spirito. Bisogna chiederglielo e ricordarvi alla presenza di nostro Signore della più indegna tra tutte le creature, che nel suo Amore è tutta vostra fedele amica e serva

Sr. M. del SS. Sacramento P(riora) Ind(egna)

Saluto cordialissimamente tutta la Comunità e mi raccomando alle loro sante preghiere. Vi prego di assicurarle che le amo tutte assai teneramente.

Per la nostra carissima figlia

in Gesù, Suor di San Bernardo» *.

 

Si è già potuto rilevare, in questo primo estratto, l’importanza che M. Metilde attribuiva all’unione tra le sorelle. Ecco ancora un altro breve passo, tratto da una lettera del 6 ottobre 1689, che dice molto su tale argomento:

 

«Mi servo con grandissimo piacere, mie Rev.me e carissime madri, della possibilità datami dal Sig. Rigioly di scrivervi a Varsavia, nella speranza che vi siate arrivate; di questo dubito ma me lo auguro, pensando che ci abbiate già mandato vostre care e tanto attese notizie da Danzica; in nome di Dio, non trascurate nessuna occasione di farci sapere qualche cosa e il timore delle spese non vi serva affatto di scusa, poiché non pagheremo mai abbastanza la consolazione che aspettiamo dalle vostre lettere. Due o tre giorni fa ce ne portarono una che avevate scritta a Honfleurs: ci furono tali grida di gioia in tutta la casa che sembrava fossimo diventate tutte pazze; consolateci dunque in tutti i nostri timori e dispiaceri della vostra lontananza ...» *.

V. Conclusioni - esiste un «benedettinismo» puro?

Dopo aver ripercorso questa lunga storia - più lunga di quella della maggior parte delle Congregazioni benedettine attualmente esistenti - dobbiamo porre questa domanda, per due ragioni: innanzi tutto perché, come si è visto, la tradizione benedettina non fu la sola a esercitare la sua influenza su Madre Metilde, soprattutto nel periodo anteriore alla fondazione del suo istituto; poi perché, di fatto, si sollevano talvolta obiezioni contro il loro carattere di «pure benedettine», a un triplice titolo: esse risalgono soltanto al XVII secolo, portano l’impronta della Scuola francese, e nella loro spiritualità si dà importanza alla «riparazione». Simili rilievi richiedono alcune riflessioni, suggeriscono dei paragoni. Questi saranno presi dalla storia generale della vita benedettina e inoltre dalle condizioni in cui questa vita è stata ed è tuttora vissuta in Polonia.

1. La tradizione del XVII secolo e le altre

Qualsiasi giudizio su un’istituzione che ha una storia suppone un esatto concetto di ciò che è la tradizione e di ciò che non è: essa non si identifica né col passato antico o recente, né con un periodo sorpassato, ritenuto - più o meno arbitrariamente - come privilegiato. La tradizione è la corrente di vita che attraversa e anima lo sviluppo completo di un organismo spirituale, personale o collettivo, fin dalle sue origini [34]. Essa dunque beneficia dell’apporto di tutte le epoche, senza ridursi a nessuna, mettendo legittimamente l’accento su questo o quel dato da loro trasmesso. Comporta quindi una scelta, o delle scelte, in tale eredità; e poiché non può mai raggiungere una totalità, per ciò stesso corre il rischio di un impoverimento. Ma è normale, e anche inevitabile, che essa assuma e faccia più o meno suoi i valori propri al tempo in cui è vissuta, e in questo c’è una sorgente di arricchimento.

Si potrebbe illustrare questa specie di legge storica alla luce di molti esempi: nella Congregazione benedettina inglese, un autore del XVII secolo, Dom Agostino Baker, è stato ed è considerato come un classico della spiritualità di quella istituzione; ora egli deve moltissimo agli scrittori non benedettini della Devotio moderna, a Carmelitani e Gesuiti, e soprattutto a due Cappuccini, Benedetto di Canfeld - al quale come abbiamo visto s’ispirò anche Madre Metilde - e Costantino de Barbanson[35]. Un «monaco del XX secolo, testimone del rinnovamento liturgico», segnala in lui perfino questa «lacuna»: «La liturgia, in quest’opera scritta per benedettini, occupa forse il posto che ci saremmo attesi? Bisogna confessare di no» [36]. Ma probabilmente i criteri del benedettinismo derivati da Solesmes nel XIX secolo non convengono affatto al benedettinismo di altri tempi e di altri paesi. In Francia, nel XIX secolo il p. Muard, non solo prima del suo «noviziato alla Trappa» ma anche in seguito, farebbe pensare che «s’imponga l’accostamento tra lui, fondatore della Pierre-qui-vire e san Francesco d’Assisi: egli stesso non l’avrebbe negato» [37]. E riconoscere, per esempio, che «Dom Guéranger e il Padre Muard avevano delle concezioni monastiche affatto differenti» [38] non implica nessun giudizio sulla più o meno grande «purezza» benedettina dell’uno o dell’altro.

Quanto a Dom Guéranger, non è necessario ripetere qui quanto sia stato imbevuto delle idee del suo tempo, pur avendo talvolta intuizioni giuste e profonde riguardo alla vita benedettina; ricordiamo soltanto per il passato che egli si ispirò molto alle Costituzioni della Congregazione di san Mauro [39], quelle stesse che erano state alla base delle Costituzioni delle Benedettine dell’Adorazione perpetua.

Più tardi, a S. Cecilia di Solesmes, un’abbadessa, Cecilia Bruyère, cercò di introdurre nella spiritualità monastica d’Occidente delle idee ispirate allo Pseudo-Dionigi [40], ciò che costituiva un’in-novazione. E si potrebbe continuare citando esempi dello stesso genere, offerti dalle restaurazioni e fondazioni che vanno dalla fine dell’800 a tutto il ’900. Insomma, una istituzione non è meno «puramente benedettina» perché antica, come un’altra non lo è perché recente; e la spiritualità dei Vannisti e dei Mauristi vale quanto quelle che si dovettero costituire più tardi, dopo una interruzione della continuità storica, dovuta alla crisi rivoluzionaria e alle reazioni da questa provocate.

2. L’influenza della Scuola francese

Non sarà il caso di parlarne a lungo, quando a proposito di Dom Guéranger avremo notato col suo più recente biografo che «gli autori della Scuola francese saranno sempre oggetto della sua ammirazione» [41], ciò che sarebbe di cattivo gusto rimproverargli. Rileviamo soltanto che la «Scuola francese» comprende correnti spirituali molto diverse tra loro. A questo proposito, non è senza interesse osservare che Madre Metilde sembra aver realizzato la sua sintesi al di fuori del movimento devozionale al Sacro Cuore che, animato soprattutto dai Gesuiti, si sviluppò in molti ambienti religiosi [42]. Come tutti i cattolici del suo tempo, nel suo insegnamento dette un posto al Sacro Cuore [43], ma in modo conforme alla tradizione benedettina [44].

3. La riparazione

Dopo aver letto i testi di Madre Metilde, alcuni dei quali citati più sopra, non ci si può sottrarre a due impressioni. Per prima cosa, è chiaro che la riparazione altro non è che un nome diverso di ciò che sempre si è chiamato penitenza e che oggi si preferisce riallacciare al concetto di riconciliazione[45].

Se troviamo in lei un’insistenza sulla compensazione da dare alle negazioni di cui allora era oggetto la Presenza reale, essa è del medesimo ordine di quella che condusse nel XIX secolo parecchi restauratori del monachesimo a voler «riparare» le empietà della Rivoluzione francese e delle sue conseguenze, e quelle dei loro contemporanei. Su questo punto, M. Metilde partecipa alla cultura religiosa del XVII secolo, come il P. Muard e Dom Guéranger a quella del XIX.

Tuttavia, ed è la seconda osservazione, le forme di devozione al Sacro Cuore, alle quali andranno le preferenze degli ambienti monastici di quest’ultima epoca, saranno più vicine a quelle della tradizione proveniente da Paray-le-Monial di quanto non sia stato il caso di M. Metilde. In breve, tra i Vannisti, i Mauristi e le Benedettine del SS. Sacramento, uno stesso senso autentico della vita liturgica si esprimeva soltanto in maniera diversa: più contrassegnata nel XVII secolo dalla semplicità che dalla solennità - benché l’amore del bello non ne fosse escluso - [46]. Esse hanno le stesse preferenze: per la semplicità, riguardo a titoli, insegne e dignità di superiori e superiore; e per le forme cerimoniose con cui si manifestava il rispetto verso di loro. Non si può dire che una di queste mentalità sia più tradizionale e più «puramente benedettina» dell’ altra, a meno che si voglia riservare queste qualifiche per l’eredità più antica.

4. L’inserzione nella storia della Polonia

Finalmente è giunto il momento di situare le Benedettine dell’Adorazione perpetua tra le diverse «tradizioni benedettine» che esistono attualmente in quella nazione. Eccettuati i Camaldolesi di due diversi rami e i Cistercensi, la vita benedettina è ora rappresentata da comunità la cui origine risale, per così dire, a strati storici successivi [47].

Il più antico è quello da cui è uscito il maggior numero dei monasteri di Benedettine. Essi risalgono al XIII secolo, ma hanno ricevuto un nuovo influsso al tempo della restaurazione cattolica che seguì il periodo iniziato con la Riforma luterana [48]. I Gesuiti ebbero in questo un ruolo capitale [49], ma la Madre Maddalena Marteska, entrata nel monastero di Chelmo nel 1578, fondatrice di Zarnoviec, vi contribuì allo stesso modo [50]. Essa dovette molto ai Gesuiti, ma come Madre Metilde seppe conservare la sua identità benedettina [51]. Questo grande sviluppo monastico, troppo poco conosciuto, meriterà di essere messo in luce [52]. Una delle monache di Zarnoviec ha già saputo mostrare perché le circostanze particolari del paese e le sue esigenze spirituali non hanno mai reso possibile che fossero applicati i decreti tridentini e post-tridentini relativi alla clausura papale, benché le religiose emettano voti solenni [53].

Dopo, secondo l’ordine cronologico, vengono i monasteri delle Benedettine dell’ Adorazione perpetua, di cui si è parlato nelle pagine precedenti.

Quarantotto anni fa, nel 1939, un gruppo di Benedettini provenienti da Saint-André-lez-Bruges, introdusse nel paese la tradizione della propria Congregazione e della loro abbazia

Infine a Drohiczyn, non lontano da Siedlce, una comunità di oblate benedettine, perfettamente inserite nel contesto sociale, prega e si adopera a servizio di una parrocchia e nell’assistenza caritatevole di tutti coloro che ne hanno bisogno, illustrando particolarmente e in modo esemplare il capitolo IV della Regola sugli «strumenti delle buone opere».

Questo richiamo al passato speciale della Polonia conferma la conclusione a cui conduceva la storia generale del monachesimo: s’impone il massimo riserbo a chi vuol parlare di ciò che è «puramente benedettino» - se « puramente» vuol significare senza mescolanze -, e di ciò che non lo è. Nessun istituto di questo nome è «puro» in tal senso, e sono «autentici» tutti quelli che salvaguardano il carattere monastico della vita stabilita dalla Regola di San Benedetto, qualunque siano le forme di devozione che a questo elemento si sono accompagnate lungo i secoli: nessuno di essi può essere privilegiato, come se avesse il monopolio dell’autenticità.

In pratica, l’attuale aggiornamento esige da tutti e da tutte uno stesso discernimento tra ciò che è «autentico» e quello che fu «limitato» dalla cultura di un determinato tempo e paese. Oggi, più che essere « puri», importa che si sia attuali, come si è cercato di esserlo in altre circostanze.

 

 

Jean Leclercq

 

 



*  Tradotto da Studia Monastica, 18 (1976), pp. 433-452, Abadia de Montserrat (Barcelona).

[1]   Le renouveau solesmien et le renouveau religieux du XIXe siècle, in Studia Monastica, 18 (1976), pp. 157-195. D’ora in poi, salvo nella nota seguente e in quelle che si riferiscono alla stessa opera, i titoli non preceduti da un nome di autore si riferiscono a pubblicazioni in cui ho trattato più ampiamente soggetti che qui potranno solo essere accennati.

[2]  Catherine de Bar. 1614-1698. Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Fondatrice de l’Institut des bénédictines de l’Adoration Perpétuelle du Très Saint-Sacrement de l’Autel. Document Biographique. Ecrits spirituels. 1640-1670, Bénédictines du Saint-Sacrement, Rouen 1973.

[3]  Una Chronologie de la vie de Mère Mectilde si trova in Catherine de Bar, p. 325, e una Bibliographie ibid., pp. 329-331; inoltre, Y. CHAUSSY, Les Bénédictines et la réforme catholique en France au XVIIe siècle, Paris 1975, pp. 371-377 è una breve e densa biografia di Madre Metilde.

[4]  Ibid., Préface, pp. 7-21.

[5]  Conferenza tenuta all’Istituto Cattolico di Parigi il sabato 8 febbraio 1958, ibid., pp. 23-33.

[6]  L. COGNET, ibid, pp. 24-25.

[7]  Spiritualité vanniste et tradition monastique, in Revue d’ascétique et mystique, 36 (1960), pp. 214-231, (ristampato in Spiritualité occidentale, II, Témoins, Paris 1965; tradotto in Espiritualidad occidental. Testigos, Salamanca 1967).

[8]  Catherine de Bar, pp. 16, 220, 249.

[9]  Ibid., pp. 20-21.

[10]  Ibid., p. 26.

[11]  L. BRIGUÉ, Alger de Liège, in Studia eucharistica DCC Anni a condito festa Sanctisssimi Corporis Christi 1246-1946, Anvers 1946, pp. 50-60.

[12]  Catherine de Bar, p. 28.

[13]  Saint-Germain-des-Prés et les Bénédictines de Paris, in Revue d’histoire de l’Eglise de France, 43 (1957), pp. 223-230; tale numero speciale di questa rivista è stato pubblicato anche sotto il titolo Mémorial du XIVe centenaire de l’abbaye de Saint-Germain-des-Prés, Paris 1959.

[14]  Catherine de Bar, p. 238 e p. 98. Cfr. Notre Dame abbesse, in «Priez sans cesse». Trois cents ans de prière, Paris 1953, pp. 175-177, e M. PIGEON, Sainte Marie abbesse, in Citeaux, 26 (1973), pp. 68-69.

[15]  Bibliografia in Les méditations eucharistiques d’Arnaud de Bonneval, in Rech. de théol. anc. et médiév., 13 (1946), pp. 40-56.

[16]  Citato in Catherine de Bar, p. 118.

[17]  Cfr. per esempio Pierre le Vénérable, Saint-Wandrille 1946, pp. 91-94: La vie cachée; G. PENCO, Il monastero sepolcro di Cristo, in Vita monastica, 17 (1963), pp. 99-109.

[18]  Citato in Catherine de Bar, pp. 118-119.

[19]  Ibid., p. 131.

[20]  20 Ibid., p. 132.

«Reste à dire... en quoi consiste cette perpétuelle immolation que les Filles du St. Sacrement sont obligées de faire tous les jours, puisqu’elles vont imitant, selon leur possible, Jésus-Christ immolé à son Père incessamment.

Cette immolation continuelle, mes soeurs, demande deux choses. La première: le regard pur de Dieu partout, comme Jésus regarde toujours son Père. La seconde: l’oubli de nous-mêmes par une sainte négligence d’une infinité de bagatelles qui nous appliquent à nous en diverses manières: tantôt de tendresse pour nous, tantôt de quelque désir, puis de crainte de quelque humiliation, ou d’inquiétude pour quelque privation, tantôt par des retours sur les actions d’autrui, et mille autres choses pareilles qui nous appliquent tout à nous, nous y tenant quelque-fois si occupées et attachées que nous en perdons l’attention intérieure à Dieu. Et cette malheureuse pente que nous portons vers nous-même a tant de malignité en soi qu’elle nous rend incapables: et du regard divin, et de la ressemblance à Jésus dans l’Hostie. Car il ne faut pas s’éloigner de notre adorable objet, puisque c’est notre divin modèle; il faut toujours l’avoir devant les yeux et faire ce qu’il fait lui-même, puisque nous devons marcher sur ses pas.

Ce n’est point id une chimère ou un état d’une fantaisie qui forme des idées sans raison, non, c’est l’obligation du christianisme, mais doublement celle d’une fille du Très Saint Sacrement, de se rendre autant qu’elle le peut, semblable à son Père.

Continuez donc à regarder ce que Jésus-Christ fait dans cet auguste Mystère; voyez comme il n’a en vue que la gloire de Dieu, comme il s’oublie de ses propres intérêts.

Oui, mes soeurs, ceci est admirable: Jésus-Christ entre dans nos coeurs pour y célébrer un sacrifice divin, éternel, et infini en son mérite; et c’est ce qui doit nous donner de l’amour pour la sacrée communion, puisqu’il fait en nous l’office de Grand’Prêtre et de souverain Sacrificateur en s’immolant soi-même pour l’âme qui le reçoit, et rendant par son sacrifice divin un hommage d’une gloire infinie à Dieu son Père.

Mais laissons là ce discours pour continuer à faire voir les deux actions continuelles de Jésus dans l’Hostie. Nous venons de dire que la première est un regard actuel vers Dieu son Père, et la seconde le salut des hommes; et ce sont les motifs de notre vocation dans notre Institut, savoir: la gloire de Dieu et le zèle pour la conversion des pécheurs, surtout des profanateurs de ce sacré Mystère ...

Vous êtes pécheresses, mes soeurs, en vous et en vos frères. Vous vous êtes sacrifiées pour en obtenir le pardon et réparer, s’il est possible, la gloire qu’ils dérobent à Dieu. Vous faites ce que Jésus a fait, quoique sans doute d’une manière infiniment dissemblable, vous devez donc résoudre d’être traitées comme lui. Ce ne sera pas dans l’infini - vous n’en n’êtes pas capables - mais selon le plaisir de Dieu et jusqu’au degré qu’il faudra pour satisfaire sa Justice».

[21]  Dialoghi, II, 37, ed. M. MORICCA, Roma 1924, p. 132.

[22]  Citato in Catherine de Bar, pp. 155-156.

«Si vous me demandez, mes soeurs, où je prends ce que je viens de dire, j’ose vous assurer que c’est un secret qui m’est découvert en la mort de notre illustrissime Patriarche, lequel, vouant témoigner l’amour qu’il portait au Très Saint Sacrement de l’autel, ne le put mieux qu’en expirant en sa sainte Présence, rendant ainsi les derniers respirs de son coeur à cette adorable Hostie, et renfermant dans le sacré ciboire ses sentiments, pour y produire, dans le temps, des enfants de son Ordre qui lui rendront jusqu’à la fin du monde des adorations, des respects et des devoirs d’amour et de réparation continuels ...

S’il m’était permis de rapporter en détail, l’esprit et les dispositions que doit avoir une Bénédictine, vous verriez que, par la fidèle pratique de sa sainte Règle, elle serait toute semblable à une hostie, et elle entrerait dans des rapports merveilleux à Jésus dans l’adoration Eucharistique.

Voyez-vous point, mes soeurs, que Saint Benoît meurt debout, pour nous donner à entendre qu’il pousse, avec effort d’amour, le sacré Institut que nous professons? Il le conçoit dans l’Eucharistie pour être produit plus de douze cents ans après!».

[23]  23 Ibid., p. 125.

«Le rapport et convenance qui se trouve de la Règle de ce grand Patriarche avec l’Institut de l’Adoration perpétuelle, demandait que cette sainte Règle en fut la base et le fondament; puisque celles de l’Institut devaient mener une vie austère, pénitente, et fort séparée du monde pour être de vraies victimes et dignes réparatrices, et cette sainte Règle contient éminemment tout cela ...».

[24]  Citato ibid., p. 234.

[25]  Ibid., p. 235.

[26]  Ibid., p. 249.

[27]  Vedere la nota 14.

[28]  Catherine de Bar, p. 185. Cfr. Dévotion et théologie mariale dans le monachisme bénédictin, in Maria. Etudes sur la Sainte Vierge, II, Paris 1952, pp. 557-558, 577.

[29]  Catherine de Bar, p. 194; cfr. La vêture «ad succurrendum» d’après le moine Raoul, in Analecta monastica, Roma (Studia Anselmiana, 3) 1955, pp. 158-168.

[30]  Catherine de Bar, p. 198; cfr. La vie parfaite, Paris-Turnhout 1948, pp. 128-129.

[31]  Lettres aux amis du monastère Sainte-Trinité. Bayeux, n. 50 (aprile-giugno 1960), p. 3.

*    Il bollettino Sous la Crosse de Notre Dame del monastero di Rouen sta pubblicando a puntate il giornale di viaggio della fondazione di Varsavia (n.d.t.).

[32]  Conference ... , in Catherine de Bar, p. 29.

[33]  Le monache di Varsavia me ne hanno gentilmente comunicato il testo durante il mio soggiorno nel 1975: a loro vada il mio ringraziamento. Nel testo francese è rispettata la ortografia degli originali.

*  « ... lon ma mandez de Rouen que vous estiez toutes bien Enrumées en partant, vous ne vous estiez point precautionees pour le froid; la saison estant fort avancée Vous sera très Incommode; Mais je vois que vous souffrez pour Dieu; que vous purifiez tousiours de plus En plus vos Intentions, Et Lamour divin S’allume dans vos Coeurs pour Vous Sacrifier Aux Interrests de Sa glorie, soyez toutes revestue de Jésus Christ - Marchez En Nouvauté de vie Comme dans un Monde Nouveau Ou Vous ne voyez que Dieu et ny vivez que pour luy. Sa Bontez Aura soin de tout ce qui vous regarde Sy vous Avez un soin Unique de luy plaire et de ne desirer que luy En travaillant a sa gloire ...

Je vous recommande tousiours la parfaite union qui ne se peut Conserver que par une profonde hurnilité ...

Ne soyez donc iamais divisées queques Choses qui vous puissent arriver soit par tentation par Entipatie ou par degoust. Vivez donc cette Paix divine qui vous veut Ensemble par Lesprit Saint de Jésus Christ, Je Continueray de prier ».

*  «Je vous prie me mander quelle Somme de deniers, il faudroit pour vous establir pour faire un fond raisonnable tout ce que ie vous Souhaite cest une Maison en propre suffisante pour vous loger commodement, prenez Courage, Vous Souffrirez mais NS conduira tout En Benediction, Javois dessein de vous Envoyer au mois de May deux ou 3. belles voix et une organiste i’attendray les ordres que vous receverez de Sa Maiesté Et sy par malheur Vous estiez obligées de revenir Ne vous en affligez. L’affection sy tendre que toute la communautez Sentiroit une grande ioye de vous revoir, ous Seavez que lon vous ayme bien tendrement ... ».

¨  «Nous avons desia une Voix qui est Jolie qui seay la Musique et tres Sage Jen attend Encore 2 et une ou deux Religieuses pour vous Envoyer, cela fera un Nombre de 5 ou 6 ».

*  «Sur la chere vostre, Ma très chère fille, du 13 may Je vous diray que ie suis sensiblement touchée de vos affections Nous faisons des prières pour demander a NS. par La tres Ste Mere quil pacifiie tout, car rien n’est plus affligeant que de seavoir une maison de l’Institut dans une telle désolation. Je seay que vous En souffrez beaucoup sans y pouvoir mettre de remede, mais sy vous estes fidelle a Dieu dans les persécutions et dans les tentations que l’Enfer vous livres, la force divine de Jésus Christ par sa tres ste Mere triomphera de tout. Et vous vairez les secours de la grace qui vous suprendront Je vous Conseil de demeurer Comme vous dite a ne vous mesler de rien, Mais de vous tenir dans vostre Interieur par un St recueillement En la présence de Dieu, attendant de Sa Misericorde quelques Coups Extraordinaire de Son infinie Bonté; redoublez vre foy Et vostre Confiance.

Soyez fidelle a vos obligations, ne Communiquez point vos sentiments [afin de] décharger Vostre Coeur, qui vous feroit dire plusieurs Chose qui le pouroit blesser ou du moins troubler sa tranquilitez. Allez tousiours sans vous arrester ou la grace vous attire. Et vous souvenez des paroles de Notre Seigneur qui veut que vous Le suiviez En portant vostre Croix, vivant dans L’esprit d’un Continuel Sacrifice, qui doit faire la vie d’une Victime, l’on ne peut en ce monde Eviter plusieurs Contradictions, mais la Victime fidelle laisse les Morts Ensevelir les Morts. Elle surpasse tout pour se rendre a Celuy a qui Elle est Immolée, Nayant point d’autre tendence que de Luy plaire sans Envisager les propres Interrests, Elle les aneanty de tout son Coeur par le sacrifice actuel, faisant consister son bonheur a n’avoir que Dieu En veue sur toutes chose, Son amour et son Reigne faisant toute sa fortune pour Estre parfaitement et uniquement toute a Jésus Christ; gardez donc précieusement la paix de vostre Intérieur, vous la conserverez En ne prenant party a rien sur la terre qu’a vivre dans un Esprit de Mort. Je ne puis mempecher de me desirer Aupres de vous toutes pour tacher de vous consoler et remestre vre Ste Maison dans le Calme. J’espère que la Sacrée Mère de Dieu le faira et vous bénira ie L’en prie de tout mon Coeur, et quelle vous réunisse toute En son Esprit, il luy faut demander Et vous souvenir En la présence de nostre Seigneur de la plus indigne de toutes Les Créatures qui est en son Amour toute a vous fidelle Amie Et Servante

Sr. M du St Sacrement P[rieure] Ind[igne]

Je salue très Cordialement toute vre Communautez et me recommande a leurs Stes prières Je vous prie de les assurer que ie les ayme toutes bien tendrement.

Pour Nostre tres chere fille

En Jésus Soeur de St Bernard».

*  «Je me sers avec un tres sensible plaisir, Mes tres Rdes et très Cheres meres, du moment que me donne Mr Rigioly de vous escrire a Varsovie esperant que Vous y estes arivees; c’est dont je doute et ce que je souhaite, croyant qu’auparavant vous nous auriez donnés de vos cheres et bien atendues nouvelles de Danzic; au nom de Dieu ne negligez aucune occasion de nous en faire seavoir et que la crainte des ports ne vous serve point d’excuses, car nous ne pouvons allez payer la consolation que nous attendons de vos lettres; il y a 2 ou 3 jours que lon en aporta une que vous auriez escritte à honneurs, ce fut des cris de Joye dans toute la Maison qui senbloit que nous estions toutes devenues folles; consolees nous donc toutes nos craintes et desplaisirs de votre esloignemt ...».

[34]  Cfr. Tradition et ouverture, in Chances de la spiritualité occidentale, Paris 1966, pagine 67-86.

[35]  J. JUGLAR, Introduction, in Dom Augustin Baker, La Sainte Sapience ou Les voies de la prière contemplative, Paris 1954, pp. XXIII-XXV.

[36]  Ibid., p. XIX.

[37]  D. HUERRE, Jean-Baptiste Muard, La Pierre-qui-Vire 1950, pp. 352-353; cfr. ibid., pp. 313, 336-337 ; su Paray-le-Monial, p. 310.

[38]  Bulletin de l’Abbaye d’Autecombe, n. 101, marzo 1976, p. 20.

[39]  L. SOLTNER, Solesmes et Dom Guéranger (1805-1875), Solesmes 1974, p. 39.

[40]  C. BRUYERE, La vie spirituelle et l’oraison, ed. Tours 1950, p. 416, Table des citations, numerose referenze alla parola Denys l’Aréopagite.

[41]  L. SOLTNER, op. cit., p. 22.

[42]  La sua dottrina del resto si è formata prima della rivelazione di Paray a S. Margherita Maria Alacoque nel 1685; cfr. A. HAMON, Coeur (Sacré): au XVIIe siècle, in Dictionnaire de spiritualité, II (1953), pp. 1033-1035. Madre Metilde si pone nella linea retta della tradizione.

[43]  U. BERLIÈRE, La dévotion au Sacré-Coeur dans l’Ordre de S. Benoît, Paris-Maredsous 1923, pp. 122-124.

[44]  Le Sacré-Coeur dans la tradiction bénédictine au moyen age, in Cor Jesu, II, Roma 1959, pp. 1-28; C. VAGAGGINI, La devozione al Sacro Cuore in S. Metilde e S. Geltrude, ibid., pp. 29-48.

[45]  Cfr. La dimension pénitente de la vie monastique, di prossima pubblicazione.

[46]  Vedere gli estratti di lettere del 12 febbraio e dell’8 marzo 1688, citate sopra.

[47]  Indicazioni sulla storia del monachesimo benedettino in Polonia sono sparse in P. SCHMITZ, Histoire de l’Ordre de S. Benoît; le referenze si trovano nel t. VII, Maredsous 1956, nella Table, p. 504.

[48]  Un panorama storico è stato dato da SR. ANCILLA, Benediktinerinnen in Po1en. Die Kongregation von Culm (Chelmo), in Erbe und Auftrag, 46 (1970), pp. 490-495.

[49]  Cfr. J. MYZINSKI, Les débuts des jésuites en Pologne et Mathias Casimir Sarbiewski, S. J. (1595-1640), in Mélanges de science religieuse, 32 (1975), pp. 103-110.

[50]  Cfr. K. GÓRSKI, De la piété à la mystique. Esquisse d’une histoire de la spiritualité en Pologne (966-1795), riassunto dell’opera seguente: Od reigijnosci do mistyki. Zarys dziejów zycia wewnetrznego w Polsce. Czesc pierwsza. 966-1795, Lublin 1962, p. 216; A. JOBERT, De Luther à Mohila. La Pologne dans la crise de la chrétienneté. 1517-1648 (Collezione Storica dell’Istituto di studi Slavi, XXI), Paris 1974, pp. 301-306.

[51]  Cfr. l’art. Morteska Magdalena, in Hagiografia polska: slownik bio-bibliograficzny, vol. II, Poznan 1972, pp. 137-147.

[52]  Un articolo del Prof. K. Górski sulla Madre Morteska sarà prossimamente pubblicato in francese.

[53]  Sr. Marguerite BORKOWSKA, The Practice of Enclosure in the Polish Benedictine Congregation of Chelmmo, di prossima pubblicazione su Studia monastica.