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Deus absconditus, anno 99, n. 4,  Ottobre-Dicembre 2008, pp. 30-37

Sr. Marie-Cécile Minin osb ap
Semi di contemplazione mectildiani
e testi monastici medievali

Quaerere Deum, cercare Dio e «vivere ormai per lui solo» [1], questa è la parola più ricorrente di madre Mectilde de Bar nei suoi scritti, nel suo insegnamento, nei suoi colloqui e anche di ogni monaco o monaca, come ha ricordato Papa Benedetto XVI nel suo discorso al Collegio dei Bernardini a Parigi il 12 settembre 2008. Riferendosi esplicitamente al monachesimo medievale, il Santo Padre mostra come l’obiettivo dei monaci “era: quaerere Deum, cercare Dio. […] erano alla ricerca di Dio. […] Dietro le cose secondarie cercavano le definitive” [2].

Nell’insegnamento di madre Mectilde, la contemplazione del mistero di Cristo ha largo spazio. Rileggere i suoi scritti alla luce di alcuni autori monastici può aiutare a penetrare meglio uno stile segnato dalla spiritualità del suo tempo.

1 – La contemplazione del mistero di Cristo

Nelle conferenze e nei capitoli, madre Mectilde sosta spesso sul mistero di Cristo. Il suo insegnamento affonda le radici nella tradizione monastica medievale. La Madre invita a guardare Cristo per imitarlo e partecipare alla sua opera riparatrice.

a – Contemplare Cristo per imitarlo

Madre Mectilde fa dell’imitazione di Cristo un elemento essenziale dell’ascesi benedettina. In una conferenza nel 1662, afferma:

“Si presenta un’occasione di praticare l’umiltà, la pazienza, la dolcezza: attingiamone la grazia e la forza in Gesù Cristo. Vediamo come egli ha praticato quelle virtù e formiamoci sul nostro modello. E’ ciò di cui nutrire l’anima che vivrà in Cristo, o piuttosto Cristo vivrà in lei in modo ineffabile” [3].

Ancora, in una conferenza del 1663:

“Dobbiamo perciò praticare tutte le altre virtù su questo divino modello, supplicarlo spesso che sia lui stesso a esercitarle secondo quanto desidera”[4],

durante un Capitolo in occasione di una nuova fondazione:

“In tutte le cose – afferma la Madre - dobbiamo vedere solo Gesù Cristo; è il  nostro esempio e il nostro modello. Imitiamo la sua dolcezza, la sua umiltà, la sua condiscendenza e la sua pazienza verso il prossimo. Lo vedremo nell’esercizio di tutte queste virtù nel divin sacramento, ed egli vuole infonderle in noi come nostro Capo”[5] 5.

Madre Mectilde si colloca così nel solco dei monaci cluniacensi e più particolarmente di Pietro di Celle (+1182), la cui dottrina spirituale è essenzialmente cristologica. Per lui, “Cristo ci ha dato esempi concreti nelle fasi successive della sua esistenza terrena, e noi dobbiamo conformarci ad essi” [6]6. Ciò ha come corollario il lasciarsi “formare” da Cristo e secondo Lui.

La contemplazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo porta madre Mectilde a una grande devozione all’Umanità di Cristo. Così scrive la Madre, a proposito del mistero dell’Ascensione:

“E’ veramente la festa dell’umanità santa di Nostro Signore, poiché in questo giorno entra in possesso della gloria che gli è dovuta. O umanità adorabile per la sua unità ipostatica con il Verbo. […] O umanità santa che ci avete tanto amate da non aver voluto separarvi da noi, stabilendo la vostra dimora con noi sino alla consumazione dei secoli nel santissimo Sacramento dell’altare”[7].

Madre Mectilde considera l’Umanità di Cristo per imitarne le virtù. Così scrive nella stessa Conferenza: 

“Non vi è nulla di amabile sulla terra, dopo la divinità – dice – che la santa Umanità di nostro Signore. Amatela, sorelle, e in qualunque stato possiate trovarvi, gettate lo sguardo su questa Umanità adorabile per conformarvi ad essa. E’ il vostro modello, ne trarrete mirabili insegnamenti e troverete in essa una forza e consolazione grandissime nelle sofferenze” [8].

Questa devozione mantiene il legame con tutto il mistero della salvezza9. Gesù è la “forma”, ossia il modello che contiene tutta la realtà della salvezza e quindi la mostra con tutto l’essere, con tutta l’esistenza. In lui tutto è stato restaurato.

“Conformarsi” a Cristo significa lasciarsi “trasformare”, lasciarsi “ri-formare” a somiglianza sua, dallo Spirito Santo, lasciarsi “riparare”. Questo implica tutto un processo di conversione e di santificazione in cui prende corpo il “vivere in Cristo”.

L’intera storia della salvezza consiste nella restaurazione di questa immagine sino ad essere totalmente conformati, nella gloria, all’immagine perfetta che è Cristo risorto, modello assoluto e definitivo.[9]

b – Contemplare Cristo per partecipare alla sua opera riparatrice

Se per madre Mectilde riparare è sostituirsi al peccatore per riceverne la pena, è anche offrire a Dio a nome di coloro che non lo fanno, tutta la lode e l’amore che egli dovrebbe ricevere per il dono di Se stesso nell’Eucaristia. Nei Pensieri sulla riparazione, madre Mectilde esorta:

“Devono quindi essere, per quanto possibile, […] il supplemento di tutti coloro che non rendono omaggio a Gesù nella divina Eucaristia” [10].

E’ soprattutto nell’ambiente monastico femminile medievale che si esprime un desiderio di riparazione e di espiazione. I più bei testi su Gesù Riparatore si devono a monache quali Geltrude di Helfta o Mectilde di Hackeborn. In Santa Geltrude, il fatto di sostituirsi agli altri, di pregare, offrirsi e soffrire per loro si esprime attraverso l’idea di supplire a quello che manca loro, facendo ciò che essi non fanno [11].

Per queste monache, la riparazione riveste una dimensione cristica, universale e infine personale.

Nella prima dimensione Cristo supplisce, perché è lui il Riparatore per eccellenza. Il Signore non dice forse a santa Mectilde, a questo riguardo:

“Quando vengo a supplire io stesso alle incapacità di quell’anima, la guarisco da tutte le sue ferite” [12] ?.

Questa “supplenza”, se così si può dire, non è altro che una partecipazione a quella offerta da Cristo. Il Riparatore è Lui, è Lui che ripara e ci unisce a Sé.

Nella dimensione universale, la riparazione riguarda tutto il genere umano come si legge in questo passaggio dell’Araldo dell’amore divino:

“Da Nona sino a sera – dice il Signore a santa Geltrude – esercitati in tutti i generi di buone opere, in unione agli atti santissimi che la mia Umanità ha praticato. Agisci con l’intenzione di supplire alla negligenza universale con la quale il mondo risponde ai miei benefici” [13].

Quanto alla dimensione personale, conversando con santa Mectilde il Signore le dice a proposito di una delle sue consorelle:

“Imitando il Signore con tutta la sua vita perfetta, la presenterà a Dio Padre per riparare le sue negligenze e chiederà che attraverso di lui, egli supplisca a tutte le sue imperfezioni. Inoltre se vuole recuperare completamente tutto ciò che ella ha perduto, fatto male o trascurato, si accosterà spesso al nobilissimo e degnissimo sacramento di Gesù Cristo, perché contiene tutti i beni e fa trovare tutte le grazie” [14].

Essendo madre Mectilde un’anima mariana, invita a mettersi alla scuola della Vergine Maria per mutuare la strada dell’imitazione di Cristo e quella della riparazione.

2 – Maria modello di contemplazione del mistero di Cristo

Maria è modello di contemplazione del mistero di Cristo perché viene presentata da san Luca come colei che, a proposito dei misteri di Cristo e soprattutto della sua infanzia, “conservava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2, 19.51b).

Lo sguardo contemplativo della Vergine Maria ingloba tutta la storia della salvezza.

a – Maria, donna dell’ascolto

In una conferenza sull’Immacolata Concezione della Vergine Maria, madre Mectilde insegna che Dio ha riservato la Vergine Maria

“Per essere appoggio e sostegno della Chiesa nascente […]  e per la consolazione degli apostoli e dei discepoli che lei istruiva in modo particolare sui misteri del Figlio; non leggiamo, infatti, che abbia predicato in pubblico come pure avrebbe potuto fare. Aveva scienza e luce sufficiente per questo, ma preferiva lavorare per la salvezza degli uomini nel silenzio e nel ritiro con le sue preghiere e orazioni piuttosto che con lunghi discorsi, onorando la vita nascosta di Gesù Cristo”[15].

Si scopre quindi quanto il pensiero mectildiano sia impregnato della tradizione monastica. Parecchi autori monastici, infatti, hanno presentato la Vergine Maria come fonte principale di informazioni sulla nascita e i primi anni di Gesù, basandosi sul testo di Luca.

Si trova in Pascasio Radberto (+865) un testo nel quale egli afferma che la Vergine Maria, dopo l’Ascensione del Signore:

“conversa con i testimoni della santa risurrezione, essendo lei stessa testimone” [16].

E’ negli scritti di questo monaco che si trova l’immagine più vicina, perché la Vergine Maria viene presentata come colei che, dopo la risurrezione di Cristo:

“rimase con gli apostoli fino alla sua assunzione, il tempo sufficiente per istruirli sul Verbo Incarnato, poiché ella stessa aveva ricevuto ogni spiegazione dallo Spirito Santo” [17].

Madre Mectilde conosceva forse la Bibbia sacra cum Glossa ordinaria pubblicata ad Anversa nel 1634, dove si trova questa citazione?

L’ascolto silenzioso della Vergine Maria è stato la fonte feconda del suo apostolato, anch’esso silenzioso.

b – Maria apostola silenziosa

Nel 1691, in una Conferenza per la festa dell’Assunzione della Santissima Madre di Dio, madre Mectilde considera la Vergine Maria che interpreta, spiega, fa esegesi per coloro che hanno il compito di predicare o di scrivere.

“Dio – afferma a proposito della Vergine Maria – l’ha lasciata sulla terra parecchi anni dopo la morte e la risurrezione di Nostro Signore per un effetto della sua misericordia, per consolare, fortificare e illuminare con i suoi esempi la Chiesa nascente” [18].

Può sembrare frutto di fantasia, però si tratta anche di una tradizione veicolata dal mondo monastico, che presenta la Vergine Maria come colei che ha trasmesso agli apostoli quanto aveva sperimentato e compreso.

Così, Beda il Venerabile [19], afferma che  la Vergine Maria confidava i propri ricordi a coloro che la interpellavano per predicare o scrivere. Allo stesso modo nel XII secolo il cistercense Elredo di Rievaulx nell’opera Gesù dodicenne fa queste belle considerazioni a proposito dei primi anni di vita di Gesù:

“Maria (…) conservava tutte queste parole, meditandole nel suo cuore. Le conservava con la memoria, le ruminava con la meditazione, e le confrontava con tutto quello che di lui aveva visto e udito. In questo modo la Vergine beatissima già allora provvedeva misericordiosamente a noi, perché cose così dolci, così salutari, così necessarie non si perdessero per una qualche negligenza, con la conseguenza che poi non sarebbero state né scritte, né predicate, e così i discepoli sarebbero stati privati delle delizie di questa manna spirituale. Tutto, dunque, questa vergine prudentissima conservò fedelmente, con discrezione tacque su queste cose, le rivelò al momento opportuno, e le affidò ai santi apostoli e discepoli perché le predicassero” [20].

Un altro benedettino, l’abate di Montecassino Bruno di Segni (+1123), presenta gli apostoli alla scuola della Vergine Maria che svela loro i misteri dell’infanzia di Gesù.

“Niente avremmo di tutto questo – scrive – se Maria non l’avesse custodito. Queste cose ci vengono dai suoi tesori”[21].

Certo, ad eccezione di Elredo di Rievaulx, è poco probabile che madre Mectilde abbia attinto in modo diretto a questi autori, ma la corrispondenza tra i testi vale la pena di essere segnalata.

Così la Vergine Maria ci insegna a conservare nel cuore tutte le cose che riguardano il Signore Gesù, a mantenere integra la professione di fede nella totalità degli aspetti inerenti alla Persona di Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, a ricordare per trasmettere le cose custodite nel cuore.

 

*****

 

Dopo aver sorvolato su alcuni autori monastici medievali e averli accostati con l’insegnamento di madre Mectilde, possiamo fare alcune costatazioni. Sappiamo che Madre Mectilde era in relazione con dom Luc d’Achery, bibliotecario di Saint Germain des Près sin del 1672 e aveva una buona conoscenza della lingua latina. La Madre ha forse letto La scala del Chiostro di Pietro di Celle, le cui opere sono state pubblicate nel 1671 da dom Janvier [22] ? Ha avuto la possibilità di consultare direttamente alcune opere pubblicate dai maurini?

L’insegnamento di madre Mectilde è rivolto alle monache per le quali ha cercato, dietro le cose secondarie, quelle definitive, per costruire, basandosi sulla tradizione monastica, l’edificio della fede, invitando così ad attingere un cammino di rinnovamento interiore che è premessa a una vita di unione a Cristo.

E’ quanto il Santo Padre Benedetto XVI ha posto nuovamente in evidenza in occasione della Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica quando constata:

“Quando i monaci vivono il Vangelo in modo radicale, quando coloro che sono dediti alla vita integralmente contemplativa coltivano in profondità l’unione sponsale con Cristo, […] il monachesimo può costituire per tutte le forme di vita religiosa e di consacrazione una memoria di ciò che è essenziale e ha il primato in ogni vita battesimale: cercare Cristo e nulla anteporre al suo amore”[23] .

Madre Mectilde è, al riguardo, testimone privilegiata di una trasmissione della cultura monastica che, con il vocabolario del XVII secolo, invita a quaerere Deum, “cercare Cristo e nulla anteporre al suo amore”.

 

 

 



[1] Catherine Mectilde de Bar,  Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare, Ronco di Ghiffa, 1980, cap. 1, p. 8.

[2] Benedetto XVI, Discorso al mondo della cultura nel Collège des Bernardins à Parigi, 12 settembre in La Traccia, Tutti i discorsi e i documenti del Pontefice del mese di settembre 2008, anno XXIX, 1037 (1035-1042).

[3] N° 1523, Conferenza sulla seconda domenica dopo Pasqua 1662, (98/1-2).

[4] N° 2111, Conferenza del giorno della Trasfigurazione di Nostro Signore, 7 agosto 1663 (CC 140/1).

[5] N° 337, Capitolo in occasione di una nuova casa (= fondazione),  (CC 258/2).

[6] Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo nel monachesimo medievale, San Paolo, 1993, p. 164.

[7] N° 3157, Conferenza della vigilia dell’Ascensione, 11 maggio 1695, (CC 101/3).

[8] Ivi.

[9] Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo… o. c., p. 196.

[10] La Journée Religieuse dressée par notre Révérende et très honorée Mère Institutrice pour faire tous les exercices réguliers et autres actions principales avec esprit religieux, manoscritto dell’Abbazia Saint Louis du Temple, Limon, p. 141.

[11] Cf. Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo… o. c., pp. 185-194. Cf. Jean Leclercq, «Réparation et adoration dans la tradition monastique», in Studia monastica, 26, 1984, pp. 13 - 42; Jean Leclercq, «L’adorazione riparatrice nella tradizione e nella storia» in Deus absconditus, anno 75, n. 4, ottobre-dicembre 1984, pp. 19-28.

[12] Sainte Mechtilde, Le Livre des Révélations, parte I, cap. 9, p. 33. Vedere anche Sainte Gertrude, Le Héraut de l’amour divin, Libro IV, cap. 14, T. 2, Mame, 1926, p. 85.

[13] Sainte Gertrude, Le Héraut de l’amour divin, Libro IV, cap. 14, T. 2, Mame, 1926, p. 72.

[14] Sainte Mechtilde, Le Livre des Révélations, parte III, cap. 18, Mame, 1926, p. 262.

[15] N° 175, Conferenza sull’Immacolata Concezione della Santissima Vergine, 15 dicembre 1694, (CC 10/3).

[16] Beati Hieronimi ad Paulam et Eustochium, De Assumptione Sanctae Mariae Virginis epistola «Cogitis me» n. 20, CCM 56C, 118, (si tratta di uno pseudo-Girolamo) citato in Aristide Serra, «Maria Vergine contemplativa del mistero di Cristo. Prospettiva biblica» in Aa. Vv., Maria modello di contemplazione del mistero di Cristo, Edizioni monfortane, Biblioteca di Teotokos 3, p. 66  (37-70).

[17] Cf.  Nicola di Lyra, in Lucam II, 10, 51, ed. Bibbia sacra cum Glossa ordinaria, V, Anvers, 1634 , coll. 713 et 726, citato in Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo… o. c., p. 48, nota 24.

[18] N° 2586, Conferenza sulla festa dell’Assunzione della Santissima Madre di Dio, 1691, (CC144/1).

[19] Homilia I, 19, CCL 122, 139 citato in Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo… o. c., p. 48, nota 18.

[20] Aelredo di Rievaulx, Gesù dodicenne, Preghiera pastorale, Paoline 2001, p. 85.

[21] Commentaria in Lucam, 12, PL 165, 355-365 citato in Aristide Serra, «Maria Vergine contemplativa del mistero di Cristo. Prospettiva biblica», o. c., p. 66  (37-70).

[22] Genovefa Guerville OSB ap, Catherine Mectilde de Bar. II. Uno stile diLectio divina” nel secolo XVII, Roma, Città Nuova 1989, p. 42.

[23] Benedetto XVI, Discorso pronunciato il 20 novembre 2008 nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico davanti ai partecipanti della Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.