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Deus absconditus, anno 98, n. 4,  Ottobre-Dicembre 2007, pp. 5-23

 

 

Sr. Marie-Cécile Minin osb ap
Catherine Mectilde de Bar :
alle fonti di un insegnamento monastico
inserito nel dinamismo spirituale del suo temp
o

 

 

Introduzione

 

In una ricerca effettuata anni fa, sulla base di 3 manoscritti, sono stati individuati riferimenti a 42 citazioni di autori anteriori o contemporanei a madre Mectilde.

Con alcuni di essi cammineremo su tre strade: la strada monastica, con le tradizioni benedettine e cistercensi, quella mistica e quella ascetica, con la Scuola Francese. Imboccandole una dopo l’altra cercheremo di andare (e non di ritornare) alle fonti del suo insegnamento fondato sull’antico sempre nuovo, completamente aperto alle grandi correnti del rinnovamento spirituale del suo tempo.

 

I – Un insegnamento spirituale fondato sull’antico sempre nuovo

A – L’insegnamento monastico

Sulla nostra strada monastica incontreremo autori che hanno segnato madre Mectilde al punto da diventare per lei modelli di vita e di osservanza.

Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) e l’esempio di vita dei primi discepoli

Quando giunge in Normandia, madre Mectilde risiede, con la monaca che la accompagna, presso l’abbazia cistercense di Barbery, il cui abate è Louis Quinet. Questi provvede alla loro direzione spirituale durante quei pochi mesi di presenza.

Nei suoi scritti, madre Mectilde fa riferimento parecchie volte a san Bernardo. Citando lui, apre la Prefazione alle Costituzioni sulla Regola, riferendosi a lui per definire la Professione religiosa così «alta nella sua eccellenza da elevarsi sopra i cieli e che può essere paragonata alla condizione degli angeli …» [1]

 

Poco più avanti aggiunge:

 

«Gli Ordini religiosi, secondo san Bernardo, hanno grande rapporto con la prima scuola di verità e santità tenuta da nostro Signore in questo mondo: sono essi che imitano più perfettamente questi primi discepoli e la loro santa vita è un rinnovare quella degli Apostoli e una espressione fedele della vita evangelica...» [2].

 

La Madre ricorre a lui anche per evocare la grandezza di Dio :

 

«San Bernardo si diffonde nel dire tutto ciò che gli è possibile sulle infinite grandezze, perfezioni e attributi di Dio, usando espressioni correnti del nostro parlare, per farci concepire un’alta stima della sua grandezza. Ma subito dopo, afferma che Dio non è affatto tutto ciò che ha descritto in precedenza e che sarebbe quasi una bestemmia credere in lui secondo quanto possiamo comprendere, essendo Dio infinitamente superiore di una infinità di volte a tutto ciò che si potrebbe esprimere»[3].

 

Madre Mectilde cita qui un passaggio del De consideratione, opera scritta per papa Eugenio III, cistercense diventato papa, contenente consigli per il governo e per la propria vita spirituale.

Mectilde di Hackeborn (1241-1299) e Geltrude di Helfta (1256-1301): la fedeltà alle osservanze monastiche

Ciò che madre Mectilde rileva soprattutto in santa Mectilde e in santa Geltrude, è la loro fedeltà all’osservanza monastica:

 

« Quanto a me, - confida in un conferenza -  non vedo niente di più toccante e non trovo nulla di più forte, né un motivo più potente per portarci ad una grande esattezza nell’obbedienza alle Regole, costituzioni e osservanze della Santa Religione, se non nell’affermare che, infrangendole, contristiamo lo spirito di Dio in noi. Mi direte che Gesù Cristo non è più sensibile, essendo glorioso, e di conseguenza che non possiamo ferire il suo cuore. Egli è glorioso nella sua persona, ma soffre ed è oltraggiato nel cuore del peccatore. Sapete bene cosa ha detto al riguardo a Santa Geltrude e a santa Mectilde» [4].

 

Come patrona della sua vita monastica, santa Mectilde è ben conosciuta da madre Mectilde che ha letto il Libro delle Rivelazioni. Se ne ritrova un testo nello Scritto mectildiano n 1885.

 

Vi si parla anche di una monaca chiamata Berta de Bar. Una lontana parente? [5]

Santa Mectilde dedica parecchi capitoli del suo libro all’Eucaristia. «Quanto è utile assistere alla messa, come bisogna prepararsi alla santa comunione, con quale desiderio bisogna accostarsi all’Eucaristia». Vi si apprende che santa Mectilde «desidera sinceramente il disprezzo e l’abiezione», nutrendo una devozione per le sante piaghe del Signore. Si riscontrano espressioni quali «passare in Dio», «infilarsi in Dio». Santa Mectilde parla dell’adesione a Cristo, della riparazione, espressioni che abbondano nella penna di madre Mectilde.

 

Nella parte del suo libro consacrata alla Vergine Maria, santa Mectilde saluta il desiderio della Santa Vergine «della nascita di Cristo, del desiderio che supera quello dei patriarchi e dei profeti ».

 

In una conferenza anche madre Mectilde sottolinea:

 

«Sorelle, abbiamo un gran motivo di onorare i desideri del cuore della santa Vergine, poiché hanno più potere di attirare Dio sulla terra di tutti i desideri e sospiri degli antichi patriarchi e dei profeti » [6].

 

Il modo di comportarsi durante l’incontro comunitario chiamato Capitolo sta a cuore a madre Mectilde, ed è a santa Geltrude che ricorre a più riprese per convincere le sue sorelle dell’utilità di questa osservanza della vita monastica:

 

«Il capitolo serve a purificarci delle mancanze che non sono materia di confessione. (…) Bisogna perciò accusarsene con dolore alla sua santa presenza, perché è lui stesso a presiederlo, come mostrò un giorno a santa Geltrude » [7].

 

Nel 1663, il venerdì di Passione, affronta lo stesso tema :

 

«Sorelle mie, il capitolo [delle colpe] deve rinnovare la vostra vita e operare nel vostro spirito la grazia di un nuovo fervore per correggervi dalle mancanze da cui vi accusate. Credo che vi accusiate con consapevolezza, cioè con la sofferenza di avere, con queste infedeltà, causato dispiacere a Dio, e sapendo di essere alla sua santa presenza, poiché, come già vi ho detto, è nostro Signore che presiede il capitolo. Non guardate che a lui, sorelle mie, e credete che egli è presente in questo luogo riempiendolo della sua immensità più di quanto vi siamo presenti noi stesse » [8].

 

Si legge infatti nelle Rivelazioni che santa Geltrude ha avuto parecchie volte la visione del Signore che presiedeva il Capitolo della Comunità [9].

 

Nelle Rivelazioni Santa Geltrude, proprio come santa Mectilde, dà grande spazio all’eucaristia. Tratta anche del lavoro manuale, fonte di meriti, dell’effetto della compunzione e dell’effetto dello sguardo divino.

 

Il Libro della grazia speciale di santa Mectilde e Le Rivelazioni di santa Geltrude facevano (e fanno ancora) parte dei libri fondamentali della letteratura monastica.

Giovanni di Castel e i mezzi per tendere all’unione con Dio

In un opuscoletto intitolato Dell’unione con Dio [10] (De adhaerendo Deo), per lungo tempo attribuito ad Alberto Magno e il cui vero autore fu in seguito identificato nel monaco tedesco Giovanni di Castel, si notano parecchie immagini ed espressioni che si ritrovano in madre Mectilde; immagini che possono sorprendere, come quella del condannato a morte evocato in questa conferenza:

 

«Vi chiedo se un malfattore condotto al supplizio, legato con le catene, potrebbe essere capace di qualche piacere e cosa risponderebbe a una persona che gli offrisse onori e ricchezze. Certamente non risponderebbe nulla, se non che deve morire, la fine è decretata»[11].

 

La similitudine con Giovanni de Castel è sorprendente:

 

« Se non avrai il dono delle lacrime per piangere davvero, cerca almeno di sentire un sincero dolore delle tue infinite e gravissime colpe. Come, infatti, un condannato a morte, neppure per sogno può pensare a divertirsi, così chi ha il cuore triste e sinceramente contrito è impossibile che cerchi gioie e onore »[12]:

 

Sotto la penna dell’autore del De adherendo Deo leggiamo anche :

 

« Non cerchiamo altra consolazione in questa misera vita mortale, che di piangere e deplorare incessantemente i nostri peccati, di disprezzarci e annichilirci al massimo grado, e di giorno in giorno farci stimare dgli altri sempre più vili e divenire ai nostri stessi occhi indegni di tutto »[13]

 

Ecco quindi un’altra fonte a cui madre Mectilde ha attinto: quella degli autori monastici del XIV e XV secolo, come Luigi di Blois o Tritemio che come Giovanni di Castel insiste sul disprezzo di sé, sull’abbandono alla Provvidenza, sull’inabissarsi in Dio, sul nulla della creatura, la santa indifferenza la riparazione di Cristo. Giovanni di Castel ne fornisce la ragione: « l’unione libera, sicura, illuminata, ferma col Signore Iddio »[14]

Tommaso da Kempis e l’imitazione di Cristo

L’Imitazione di Cristo da Tommaso da Kempis è il classico dei classici della letteratura religiosa.

 

Madre Mectilde la conosce bene e ne fa ampiamente uso. Cita spesso il Libro 2, cap. 8, v 2. In una conferenza per la Domenica delle Palme afferma:

 

«Più voi sarete fedeli, più Dio dimorerà in voi, e più vi prenderà le sue compiacenze. Se non trova la fedeltà, se ne andrà altrove, dove possa trovarla. E che farete, quando Gesù vi avrà abbandonate? Sarete molto miserabili, perché “stare senza Gesù è un inferno, mentre possedere Gesù è il paradiso” (come dice Tommaso da Kempis) »[15].

 

E in una lettera alla contessa di Châteauvieux  ricorre a un passaggio del Libro 3:

 

« Quando dunque vi sentirete spinta a pregare per qualcosa, pregate senza scrupoli, ma sempre in vista o nell’intenzione degli interessi di Dio. Ma ordinariamente, pregate in silenzio come vi ho appena detto, assicurandovi che tale silenzio gridi forte, che squarci i Cieli e arrivi fino al cuore di Gesù Cristo » [16].

 

In risposta ad alcune conversazioni, le consiglia di leggere l’Imitazione :

 

« Nella misura in cui vi svuoterete di voi stessa, delle vostre luci e dell’attacco alle vostre attività, sarete più capace di riconoscere il movimento della grazia in voi. C’è a questo riguardo un bellissimo capitolo nel libro L’Imitazione di Cristo »[17].

 

L’opera era stata all’origine di una controversia, poiché i benedettini rifiutavano l’attribuzione dell’opera a Tommaso da Kempis e lo consideravano come uno dei fondamenti della spiritualità benedettina riformata.

 

Ha forse letto «La disciplina del chiostro »[18], altra opera di spiritualità monastica attribuita a Tommaso da Kempis?

Dom Claude Martin (1619-1696) e la Pratica della Regola di San Benedetto

E’ essenzialmente in qualità di assistente del Superiore Generale della Congregazione di san Mauro che dom Claude Martin segue i primi passi della Congregazione fondata da madre Mectilde [19]. Nel 1669 pubblica le Méditations chrétiennes e nel 1670 la Conduite pour la retraite du mois à l’usage des Religieux de la Congrégation de Saint-Maur. Pubblica inoltre ad uso dei Superiori la Perfection du Chef. Nel 1674 viene pubblicato per la prima volta la Pratique de la Règle de Saint Benoît, in cui parecchi punti della Regola sono aggiornati da alcuni estratti delle Costituzioni maurine.

Il 10 giugno 1686 dom Brachet, Superiore generale della Congregazione di san Mauro consente a madre Mectilde di attingere alla Pratique de la Règle de Saint Benoît «ciò che le sarà conveniente per la guida delle sue figlie, e di farla stampare » [20]. Infatti, madre Mectilde riprende l’insieme dell’opera e lo adatta agli usi propri di una Congregazione femminile. L’opera rimaneggiata è pubblicata con il titolo Exercices spirituels ou Pratique de la Règle de Saint Benoît à l’usage des Religieuses bénédictines de l’Adoration perpétuelle du Très Saint Sacrement.

Al capitolo 5 che tratta dell’orazione si legge :

 

Se le monache « si sentono fissate nella presenza di Dio, vi rimarranno tanto quanto dura questa attrattiva, perché in tal modo saranno nella vera e perfetta orazione, la quale non è altro che una elevazione, ossia un’unione dell’anima a Dio con l’intelletto e la volontà » [21].

 

La conservazione di questo passaggio de La Pratique di dom Claude Martin mostra quanto madre Mectilde fosse fortemente attaccata alla vita di orazione.

 

Notiamo infine che L’Imitazione di Cristo è vivamente raccomandata negli Esercizi spirituali.

Il passaggio corrispondente degli Esercizi  è un’aggiunta volontaria di madre Mectilde, perché esso non esiste nel capitolo relativo all’orazione nell’opera di Dom Claude Martin. Ciò manifesta chiaramente a grande stima di madre Mectilde per l’opera di Tommaso da Kempis.

 

Riportiamo interamente il passaggio:

 

« Dopo la lettura della Santa Regola, leggeranno anche sempre qualcosa dell’Imitazione di Cristo, in cui incontreranno sempre qualcosa in relazione al loro stato presente »[22].

B – L’introduzione nella vita mistica

Imbocchiamo ora la strada mistica che si incrocia con quella monastica sui sentieri dell’Europa.

Giovanni Taulero (1304-1361) e l’essere uno con Dio

Si ritrova una terminologia simile in madre Mectilde e in Giovanni Taulero, uno dei mistici renani. L’una e l’altro utilizzano in maniera abituale il termine «fondo» e anche quello di «abisso» per parlare della vita di unione a Dio.[23].

 

Nel 1653 madre Mectilde scrive a madre Benoîte de la Passion :

 

«  E ogni giorno ricevo nel fondo dello spirito tali leggi interiori che mi rendono certa della mia piccola via, tutta silenzio e annientamento. Restiamo nell’abisso in cui ci tiene la volontà di Dio, e ogni anima sia vittima secondo il suo grado d’amore, non essendo più altro che una pura capacità del suo beneplacito»  [24].

 

Poi, in una conferenza per il 31 dicembre alle monache di rue Cassette :

 

«Si, sorelle mie, dico che il silenzio è una cosa santissima. Il silenzio dissipa le nubi e caccia le tenebre interiori; calma un’anima e le fa possedere una grande pace, per mezzo della quale entra in unione con Gesù Cristo, che si presenta nel fondo di quest’anima e si comunica in maniera ineffabile. Il silenzio dispone l’anima all’orazione» [25].

 

Si ritrova anche in madre Mectilde una pratica spirituale cara a Taulero : la «rassegnazione all’inferno». Tale pratica consiste nel vivere nel perfetto abbandono alla volontà di Dio, al punto da accettare di rimanere eternamente all’inferno se egli lo volesse o potesse volerlo. Taulero fa di questa pratica la pietra angolare dell’edificio dell’umiltà che prova l’autenticità del desiderio di occupare l’ultimo posto.

L’esercizio della rassegnazione volontaria alla pena dell’inferno fu una pratica tenuta in alta considerazione negli ambienti spirituali successivi a Taulero ed anche nel XVII secolo. Madre Mectilde ne consiglia la pratica quando è necessario. Così nel 1667, chiede a madre Marie de Saint François de Paule [Charbonnier] di praticare tale esercizio di abbandono:

 

«Vi ordiniamo da parte di Dio di considerarvi come una stupida nella perdita di tutto e persino della vostra salvezza e perfezione. Non si tratta di tutto questo ma soltanto di rimanere in questo semplice abbandono con una fermezza tale, che se vedeste anche l’inferno aperto per inghiottirvi, non vi discostereste dal vostro puro abbandono per mettervi in salvo» [26].

 

La pratica appare anche nel cap VII dell’ultima edizione de Il vero spirito sempre allo scopo di spingere all’abbandono confidente nei confronti di Dio:

 

« Devono, pertanto, abbandonarsi con semplicità e, quando la tempesta è così violenta da rovesciare e rovinare ogni cosa, devono trovare la pace nella propria rovina. “Che cosa?! – direte – Devo accettare con pace di andare all’inferno, per dannarmi ?”. Sì, all’inferno. Bisogna credere che Dio fa giustizia e aderire ai suoi interessi, lasciando perdere i propri, i quali non possono ammettere una separazione eterna da Dio, non a motivo del puro amore con cui lo si ama, ma a motivo dell’istinto segreto dell’amor proprio. Abbandonatevi, quindi, al beneplacito di Dio, sia esso di giustizia o di misericordia, perché fino a quando l’anima non ha conseguito questo santo abbandono, non fa nessun progresso e non realizza il disegno di Dio a proposito della propria purificazione interiore » [27].

 

Mal interpretato, questo passaggio de Il vero spirito verrà soppresso nell’edizione del 1900. Ciò dimostra quanto sia importante conoscere il più possibile le fonti del pensiero di madre Mectilde per trasmetterlo fedelmente.

Caterina da Genova (1447-1510) e il puro amore

La dottrina spirituale di Caterina da Genova ha avuto i suoi amatori e i suoi detrattori. Un ruolo significativo è stato giocato nella Francia spirituale del XVII secolo. Le idee di Caterina circolano direttamente, attraverso l’edizione francese dell’Opus fatta dai Certosini di Bourg Fontaine nel 1598. Per Caterina la via di annientamento consente la crescita dell’anima nell’amore divino. Caterina da Genova è stata definita la grande signora del puro amore. Non si tratta forse anche di una caratteristica di madre Mectilde?

Nel 1610 viene pubblicata La Vie et les œuvres spirituelles de sainte Catherine d’Adorny de Gènes. Sarà rieditata nel 1662 da Desmarets [28]. Quest’opera apparteneva al monastero di rue Cassette, madre Mectilde stessa l’aveva iscritta nel Catalogo della Biblioteca.

Madre Mectilde conosce l’edizione del 1610, perché sin dal 1640 cita Caterina da Genova nel sunto di un ritiro utilizzando un testo che ricorre spesso sotto la sua penna:

« Presto, presto, strappatemi a me stessa e mettetemi nell’operazione del mio fine »[29].

Madre Mectilde riprende la citazione in una lettera alla Comunità di Toul nel 1672, alla contessa di Châteauvieux [30], quindi in una lettera a madre Dorothée Heurelle :

 

«A Dio, in Dio, è qui che bisogna perdersi e dire con una pia anima : “mi separo da me stessa per perdermi nell’essere infinito di Dio”, e con la beata Caterina da Genova: “ Presto, presto, strappatemi a me stessa e mettetemi nell’operazione del mio fine” » [31].

 

Capire Caterina da Genova aiuta a circoscrivere meglio madre Mectilde. La vita di Caterina da Genova ha il suo fulcro nel rapporto con Cristo, in quel puro amore che caratterizza la sua mistica. La sua via conferisce una precisa direzione alla vita spirituale, incentrandola sul puro amore, ossia l’amore di Dio che non dispensa né doni né consolazioni particolari, ma porta l’anima a identificarsi col creatore.

 

Scrivendo alla Contessa di Châteauvieux, madre Mectilde le descrive la strada che conduce a questo puro amore senza doni né consolazioni.

 

«Il puro amore è bello, pieno di fascino, ma noi siamo ancora troppo impure per possederlo; non potrebbe rimanere in noi un solo istante. Si ritira nelle anime completamente annientate (...) Lasciatevi dunque distruggere, umiliare e consumare nel centro del vostro nulla e poi vedrete il puro amore riposare su di voi come nel suo talamo» [32].

Giovanna di Francia (1464-1505) e l’imitazione di Maria

Per Giovanna di Francia, fondatrice dell’Ordine delle Annunciate, si tratta di imitare Maria per vivere della sua fede, per accogliere Gesù, per adorarlo in noi.

In una Conferenza per il giorno dell’Annunciazione, madre Mectilde esorta ad aderire al beneplacito di Dio:

 

« Imitate la sua umiltà, la sua sottomissione, permettete a Dio di essere in voi in qualsiasi modo gli piacerà. (…) Adorate il Verbo fatto carne e venerate l’umiltà della santissima Vergine. Non uscite da questa disposizione per nessun motivo, restate nell’abbassamento davanti alla grandezza di Dio e siate abbandonate al suo beneplacito » [33].

 

Madre Mectilde, entrata nel monastero delle Annunciate di Bruyères nel 1631, conserva per tutta la vita una predilezione per l’Ufficio divino unito a una solida devozione mariana[34], per conformarsi in tutto alla volontà divina per il «beneplacito» di Dio.

Teresa d’Avila (1515-1582) fra l’azione e la contemplazione

L’influenza della Spagna comincia a farsi sentire nella Francia del XVII secolo con l’introduzione del Carmelo ad opera di Pierre de Bérulle.

Canonizzata il 12 marzo 1622, santa Teresa è la mistica del Cristo, la contemplativa per disposizione interiore e per vocazione. Come mistica e fondatrice, concepisce la preghiera come un rapporto interpersonale, senza opposizione tra azione e contemplazione. Come donna e fondatrice, è un esempio incoraggiante per madre Mectilde che si immerge parecchio nella lettura dalla sua vita e delle sue fondazioni.

 

Madre Monique des Anges, narratrice della fondazione del monastero di Rouen, ha ornato il suo racconto di aneddoti che non risultano graditi a tutti. Scrivendole il 30 settembre 1686, madre Mectilde la rassicura, prendendo come testimone il Libro delle fondazioni di Teresa d’Avila:

 

« Desidero, caro angioletto – le scrive – che vi si rimandi la storia che avete raccolta ; sono arrabbiata per le cose che vi sono state dette ; quanto a me, non l’ho disapprovato, ben sapendo che santa Teresa ha messo parecchi fatterelli assai ricreativi nelle sue fondazioni» [35].

 

E in una Conferenza sul Regno di Dio in noi, a proposito della comunione, fa riferimento alla vita di santa Teresa d’Avila:

 

« Santa Teresa diceva che quando si comunicava, sentiva i capelli drizzarsi in testa, tanto era pervasa di rispetto per questo Dio santo davanti al quale i Cherubini si coprono le ali come se non avessero nulla di più puro per comparire davanti a un sole così luminoso» [36].

Giovanni della Croce (1542-1591) e la piccola via del nulla

La prima traduzione francese delle Opere spirituali di Giovanni della Croce risale al periodo 1641-1665.

Giovanni della Croce ricorda all’uomo che quanto più egli si annienta per Dio, sia a livello dei sensi sia a livello spirituale, tanto più egli si unisce a Dio e compie grandi opere. La traversata dell’oscurità e della croce, della notte oscura, ha come fine la pienezza della luce.

 

Scrivendo alla contessa di Châteauvieux molto prima della canonizzazione di Giovanni della Croce (avvenuta nel 1675), madre Mectilde testimonia la santità di quest’ultimo, citando La salita del monte Carmelo, capitolo 13, libro I:

 

« “Da quando mi sono messo nel nulla ho scoperto che nulla mi manca”. Sono le parole di un grande santo, che ne aveva fatto molto esperienza (…) Dovete accontentarvi di non essere nulla, e “sarete tanto più quanto meno vorrete essere”. (…) nella vita interiore si avanza indietreggiando. Ossia : in questa fate fortuna non volendo essere nulla e comparite tanto più agli occhi di Dio, quanto meno avrete splendore e apparenza agli occhi vostri e a quelli delle creature. “Per essere qualcosa in tutto bisogna essere niente del tutto” » [37].

 

Madre Mectilde conosceva bene La salita del monte Carmelo, la ricorda a madre Saint Placide che si affligge nelle tenebre:

 

« Dio dunque è e noi siamo nulla ; mio Dio, carissima, quali grandi forze io trovo nella pratica di questo nulla nella fede ! Esso porta l’anima a un abbandono così prezioso che ella vi dimora sempre in una pace tutta divina. Ricordatevi di quello che è scritto nella Salita del Monte Carmelo, che è la figura della perfezione ove deve giungere l’anima spirituale: l’inizio del sentiero dice: Nulla; più su: Nulla; avanzate, vi dirà ancora: Nulla; dopo aver fatto alcuni progressi in questa salita, troverete ancora la stessa lezione: Nulla; un po’ più avanti, sentirete questo motto: – Voi sarete tanto più quanto meno vorrete essere. Continuando il cammino, l’anima dice con una meravigliosa esperienza: – Da quando mi sono decisa a rimanere nel nulla, ho trovato che nulla mi manca » [38].

 

Infine, nel 1680, in una lettera a madre Monique des Anges la quale pure gusterà, come abbiamo visto, le opere di Teresa d’Avila, scrive:

 

«Mettiamo tutta la nostra fortuna a non essere niente e sperimenteremo una verità meravigliosa, che ha dato motivo a un gran santo di esprimerla con queste parole : “ Da quando mi sono ridotto al nulla, ho trovato che nulla mi manca” » [39].

 

Per averla lei stessa sperimentata, madre Mectilde consiglierà spesso questa piccola via del nulla per imparare a conoscere Dio.

 

 

II – Un insegnamento ascetico aperto alle grandi correnti di rinnovamento spirituale del suo tempo

 

Eccoci quindi giunti alla strada ascetica che ci riporta nella Francia della Scuola francese e del rinnovamento spirituale.

A – L’apporto della spiritualità di Pierre de Bérulle

Nel 1644, sotto il generalato di François Bourgoing, suo successore, vengono pubblicate le opere complete di Bérulle, ripubblicate nel 1657 e 1663. Sono poi riedite nel 1657 e nel 1663. Abbiamo preso in considerazione qui due delle caratteristiche della spiritualità di Bérulle.

1 – L’Incarnazione, mistero di annientamento per amore

 

Il mistero dell’Incarnazione del Verbo riveste una grande importanza in madre Mectilde, che ne fa l’oggetto delle sue conferenze, tra cui questa :

 

Voi siete, o Gesù, dal momento dell’Incarnazione, l’ostia pura. (…) Rivestendo la nostra carne, siete, nella Presentazione al Tempio, l’ostia tutta santa, e così perfettamente santa da santificare tutti i cristiani che sono ostie con voi. Sì, santa, dico, tanto da essere la felicità dell’Eterno Padre, la pienezza della sua gioia e della sua compiacenza, e riceve dalla vostra Presentazione una gloria infinita, perché voi siete la prima ostia pura e santa che gli sia stata mai presentata.[40].

 

Lo «stato e forma di servitù» di Cristo costituisce l’oggetto della riflessione di Pierre de Bérulle, che ritorna spesso sull’umiliazione del Verbo.

Bérulle scriveva, a proposito dell’Incarnazione del Verbo.

 

« [Gesù] offre questo corpo in qualità di ostia, per la gloria del Padre suo e per la salvezza del mondo. Gesù, quindi, che entra nel mondo…assume la qualità di ostia e si presenta a Lui in questo stato. È il suo primo ufficio nei riguardi di Dio … Questo primo stato di Gesù è di un’importanza tale da far sì che in esso sono stabilite la religione e la redenzione. del mondo» [41].

 

Nel 1693, il giorno dopo Natale, dice in una conferenza:

 

Per intuire qualcosa dell’abbassamento in cui si riduce il Verbo divino, facendosi uomo e bambino, bisogna elevarsi fino alla sua grandezza e guardare ciò che egli è in se stesso e nel Padre: Dio infinito come lui in maestà, perfezioni e santità. (…) Ecco dunque, è stabilito nel consiglio eterno che questo Verbo adorabile si incarnerà per l’onore del Padre, per riparare la sua gloria e, infine, per salvare gi uomini[42].

2 – Gesù, l’adoratore perfetto del Padre

Gesù è l’adoratore del Padre per eccellenza. È la dottrina berulliana.:

 

«Da tutta l’eternità - scrive Bérulle - c’era un Dio infinitamente adorabile, ma non c’era ancora un adoratore infinito; c’era un Dio degno di essere infinitamente amato e servito, ma non c’era alcun uomo né servo infinito atto a rendere un servizio e un amore infiniti. Voi siete ora, o Gesù, quell’adoratore, quell’ uomo, quel servo, infinito in potenza, in qualità, in dignità»[43] .

 

Sulla scia di Bérulle, madre Mectilde considera Gesù nel Santissimo Sacramento che adora incessantemente la santità di Dio, il Padre suo :

 

Dovete, sorella mia, fare oggi, in unione a Gesù, la vostra riparazione alla santità di Dio oltraggiata nelle anime dei peccatori che la profanano (…). È l’occupazione di Gesù che nel Santissimo Sacramento adora incessantemente la santità di Dio [44].

 

Pierre de Bérulle è certamente fra coloro che più hanno influenzato le modalità espressive di madre Mectilde e la sua dottrina ascetica dell’annientamento.

B –  L’influenza dei direttori e dei consiglieri spirituali

Jean Louvigny de Bernières (1602-1659 e l’interiorità ritrovata

Madre Mectilde entra in relazione con l’ambiente spirituale radunato attorno a Jean de Bernières mentre si trova in Normandia nel 1642. Considerato da tutto il suo entourage come un santo, Bernières esercita il ruolo di un autentico direttore laico e la sua influenza è assai estesa. Lo studio della corrispondenza tra Bernières e madre Mectilde è indispensabile per comprendere appieno il pensiero di madre Mectilde. Esistono ancora 137 lettere di madre Mectilde à Bernières che segnano una tappa decisiva nella vita spirituale di madre Mectilde. Bernières sarà uno dei suoi migliori consiglieri al momento della fondazione.

La terra dell’annientamento

L’influenza di Bernières su madre Mectilde è grande, poiché le fa scoprire ciò che egli chiama «la terra dell’annientamento», espressione che verrà ripresa da madre Mectilde.

 

Questa terra contiene parecchie fattorie: quella della distruzione di sé, quella del disprezzo, quella dei dolori, quella delle aridità e degli abbandoni. In tutte egli incontra Gesù povero, disprezzato, abbandonato. Su questa terra vi era una Chiesa: Dio stesso contemplato nelle sue grandezze attraverso l’annientamento di Cristo.

Se Cristo si è fatto povero, è stato disprezzato e ha sofferto, egli ha divinizzato la povertà, il disprezzo e la sofferenza. Se noi vi entriamo, anche noi saremo divinizzati. Infine, su questa terra vi era uno stagno, lo stagno della povertà in cui le anime si immergono per acquisire la purezza. Purezza che consiste nell’essere pieni di Dio, quando si è accettato di essere annientati a immagine di Gesù.

 

L’insegnamento profondo sulla via dell’annientamento consegnato da Bernières a madre Mectilde, che ne farà un tesoro spirituale, è contenuto in queste righe: «Ci vuole molto tempo per conoscere che la perfezione è all’interno e non al di fuori dell’anima, che consiste nel non essere assolutamente più proprietari della propria volontà, del proprio giudizio e di tutto ciò che non è Dio» [45].

 

Di questa terra dell’annientamento madre Mectilde parla in una conferenza, commentando il Vangelo delle Beatitudini:

 

Beati i miti perché possederanno la terra. Cosa pensate di questa terra data ai miti? E’ la terra dell’annientamento, perché mite significa una persona dolce, benefica, che porta la pace ovunque e la possiede in sé, così che essendo esente dalle passioni la persona si conosca; conoscenza che la pone nel nulla, dove si trova ogni sorta di grazie e benedizioni, dove le è data quella terra fortunata che racchiude lo stesso Dio[46].

Il cristiano interiore

 

Nella stessa conferenza continua a tratteggiare le virtù del cristiano interiore:

 

Questa beatitudine è in stretto rapporto a quell’altra. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Quest’ultima ha qualcosa di più particolare rispetto alla figliolanza divina. Abita nel suo cuore come un figlio abita nella casa di suo padre. Il pacifico pacifica tutte le cose, ha una grande calma nell’intimo, e ciò lo unisce a Dio, il quale è un Dio di pace [47].

 

In Le chrétien intérieur Bernières spinge alla conformità con Gesù scegliendo la follia della croce:

 

Il nostro interno deve essere formato su quello di Gesù (…) e così, trasformati in Gesù Cristo siamo in una perfetta unione con lui. (…) [48]

 

Il 21 marzo 1659 è la data di inaugurazione del monastero di rue Cassette, seguita il 3 maggio dalla morte di Bernières.

Madre Mectilde, che ha fatto veramente tutto suo l’insegnamento di Bernières, scrive a madre Dorothée : «Questo grande santo è morto prima di morire, mediante un continuo annientamento dando tutto per tutto (…) moriamo incessantemente, moriamo sempre perché dal momento in cui cessiamo di morire cessiamo di vivere »[49].

Jean Chrysostome di Saint-Lô (1594 circa-1646) e la santa povertà e abiezione

Quando lascia la Normandia, Bernières indirizza madre Mectilde a Padre Jean Chrysostome che diventa suo direttore. Tiene conferenze spirituali alle monache, il cui argomento principale è la fuga dalle creature. Guida madre Mectilde nelle sue vie austere.

A partire dal luglio 1643, madre Mectilde stende una relazione autobiografica della propria vita spirituale per farsi conoscere bene. Vi si legge che fin dall’entrata al monastero di Rambervillers si sviluppa la sua attrattiva per la contemplazione e la Madre conduce una intensa vita di preghiera fin dal noviziato. Le note caratteristiche di madre Mectilde che la « perseguiteranno » sono il desiderio della vita solitaria, separata dal mondo e un’attrattiva per la preghiera continua, una devozione al Santissimo Sacramento dove Gesù è nascosto e una chiamata ad onorare « per stato » questa vita nascosta.

Padre Jean Chrysostome comprende perfettamente tutta l’estensione della grazia racchiusa in madre Mectilde. Assecondando in questo l’opera compiuta in lei da Bernières, le fa scoprire gli stati di annientamento e di abiezione e la invita ad imitare Gesù servo e umiliato.

Il Padre le annuncia che ella acquisterà la pace dell’anima e riposerà in Dio, ma dovrà anche sopportare molte lotte e tentazioni per giungere al possesso del puro amore. Madre Mectilde diventerà anch’ella effettivamente la «donna del Puro amore», per riprendere l’espressione già incontrata in Caterina da Genova.

Egli la invita anche a coltivare una particolare devozione a Maria. Le fa comprendere che benché la perfezione non consista nelle luci, tuttavia esse servono molto e non bisogna quindi trascurare di istruirsi.

 

Il 26 marzo 1646 padre Jean Chrysostome muore. E’ una grande desolazione e un grande distacco per madre Mectilde. In una lettera a Bernières il 6 novembre 1646 confida: «Temo di perdere lo spirito di orazione (...) quello di penitenza e di santa povertà e abiezione che il nostro buon Padre  [Jean Chrysostome] ci ha impresso così santamente nello spirito » [50].

 

Padre Jean Chrysostome aveva impresso così bene in lei queste attrattive che potrà scrivere in tutta verità:

 

“Colui che possiede non è povero. Ma è povero, invece, chi muore continuamente a tutte le cose sensibili, che soffre la mancanza di ogni aiuto; chi si compiace d esercitare anche la povertà materiale; chi mantiene libero il proprio spirito da tutte le creature; chi non vuol riporre la propria tranquillità in nessuna creatura, fosse anche la migliore, chi non accoglie nessun pensiero di stima di se stesso e neppure la lode degli uomini; chi con un atteggiamento semplice e continuo verso Dio non desidera altri che Lui solo; chi non cerca nulla al di fuori di lui; chi non si affeziona ai suoi doni e ai suoi favori e non si appropria di alcun bene; chi ama rimanere nella piccolezza e ne fa il luogo del proprio riposo. Chi agisce in tal modo è in grado di possedere pienamente il regno di Dio...» [51].

Epiphane Louys (1614-1682) e la natura immolata dalla grazia

Padre Epiphane Louys, Premostratense riformato, si lega a Jean de Bernières durante un soggiorno in Normandia.

Nell’aprile del 1663 accetta la carica abbaziale a Etival (Vosges), non lontano da Rambervillers. Nel giugno dello stesso anno predica al monastero di Rambervillers.

Quando madre Mectilde incontra padre Epiphane Louys, ha messo per iscritto gli orientamenti principali della sua opera monastica.

Nel 1665, dietro sua richiesta, padre Epiphane consegna in uno scritto indirizzato a madre Mectilde una serie di indicazioni concrete per entrare nella via vittimale. Indica le caratteristiche di un’adoratrice, mette in relazione san Benedetto con il carisma dell’Istituto. Si ritrova tutto questo nell’insegnamento di madre Mectilde.

Grande mistico e uomo d’azione, Epiphane Louis diventa l’apologista della “contemplazione di semplice sguardo”. Nel 1676, su richiesta di madre Mectilde, pubblica le Conférences mystiques sur le recueillement de l’âme pour arriver à la contemplation, du simple regard de Dieu par la lumière de la foi. Scrive anche molto, e si deve a lui l’opera La nature immolée par la grâce ou la pratique de la mort mystique pour l’instruction et la conduite des religieuses bénédictines, consacrées à l’adoration perpétuelle du Très-Saint-Sacrement et très utile à toutes les personnes dévotes à ce grand mystère [52], autentico trattato (come egli stesso lo definisce) sul carisma proprio dell’Istituto.

La grafia del titolo è abbastanza eloquente. Le parole «La nature immolée » sono scritti in carattere normale, mentre le parole « par la grâce » sono messe in caratteri più grossi e il resto del titolo ancora con grafia normale.

All’inizio di quest’opera, Epiphane Louys averte il lettore che l’opera è stata composta per infondere alle monache lo spirito e la grazia del loro Istituto.

 

Si legge:

 

«Bisogna morire alla vita della natura per vivere la vita della grazia : bisogna morire alla vita umana per vivere la vita divina. Dovete sbarazzarvi di ciò che siete per diventare quello che non siete. (…) Se vi annientate, Dio accorrerà a voi, scenderà fino al vostro nulla e lo eleverà sino al suo tutto»[53].

 

Padre Epiphane muore nel 1682, ma è sempre presente spiritualmente nella vita di madre Mectilde. La sua influenza su di lei è stata determinante per la perennità dell’opera mectildiana. E’ stato il catalizzatore che le ha permesso di dare un fondamento solido al suo insegnamento già dotato, al momento dell’incontro con padre Epiphane, di tutte le basi che si ritrovano lungo la sua esistenza.

 

III – Conclusione

 

Abbiamo percorso le strade monastica, mistica e ascetica, giungendo così alle principali fonti dell’insegnamento di madre Mectilde. In lei queste strade si raccordano sulla strada del suo specifico carisma. Conservando la sua identità benedettina, madre Mectilde ha saputo accogliere il grande movimento spirituale chiamato Scuola francese.

Ha anche saputo introdurre le sue monache nella vita mistica, ossia nella verità interiore radicata nella grazia battesimale con tutte le sue conseguenze e nutrita dalla lectio divina, l’eucaristia e la preghiera liturgica o personale che conducono all’unione con Dio.

L’insegnamento che propone è basato su una forte tradizione spirituale. Ha attinto agli autori monastici anteriori o contemporanei e ha fatto suoi i sani valori del suo tempo, come la spiritualità della Scuola francese. E soprattutto, si può dire di lei quello che san Gregorio ha detto del nostro Padre san Benedetto: «non ha insegnato diversamente da come ha vissuto ».

Si potrebbe sintetizzare così il suo insegnamento

Fedeltà all’osservanza benedettina riformata, fedeltà al carisma proprio di adorazione e di riparazione in qualità di vittima, fedeltà a coltivare la vita di unione con Dio, scopo della vita monastica, sotto lo sguardo e a imitazione di Gesù e di Maria.

Ci si può legittimamente chiedere se tale insegnamento sia aperto al dinamismo spirituale del nostro tempo.

Non ci rimane altro, in forma di conclusione, che proiettare questo insegnamento mectildiano nel nostro oggi.

La fedeltà allo spirito dei fondatori e al carisma proprio di ogni famiglia religiosa è richiamato dal Concilio Vaticano II (Perfectae Caritatis). Il culto eucaristico, l’adorazione e la riparazione eucaristica sono stati nuovamente valorizzati con l’enciclica Ecclesia de Eucharistia. Lo sviluppo della vita spirituale infusa nel battesimo che è il grande asse portante del pensiero mectildiano è stato incoraggiato dalla Dominum et vivificantem. La vita ascetica e la rinuncia sono state proposte con l’enciclica Deus caritas est. Il posto della Vergine Maria e il suo ruolo unificatore e di conservazione della fedeltà agli impegni del battesimo è stato espresso con la Lumen Gentium e la Redemptoris Mater.

Guardando il passato abbiamo preso coscienza di una tradizione monastica che, messa a confronto con il nostro oggi, non solo è ancora attuale ma ha certamente ancora molto da dire al nostro tempo.

 

 



[1] Prefazione delle Constitutions sur la Règle de saint Benoît : Biblioteca municipale di Nancy, ms 546 ; cf. Catherine de Bar, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Documents historiques, Rouen, 1973, p. 124. Si usa qui la tr. it. di: Costituzioni sulla Regola del Santo Padre Benedetto per le Monache dell’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento, Alatri 1982, p. XVII, che utilizza il ms P 103.

[2] Id., p. 124, tr. it., p. XVII.

[3] N° 188. Sulla Festa del Santissimo Sacramento, in Catherine Mectilde de Bar, L’anno liturgico, ed. Glossa, Milano 1997, p. 276 (da qui in poi abbreviato con AL/1). Cf. S Bernardo, Trattati, Opere, vol 1, La Considerazione V, VII, 16, Città nuova, 1984, p. 917.

[4] N° 2138 (=CC 212).

[5] Santa Metilde, Il Libro della grazia speciale Varese, 1938, quinta parte, cap. 5, p. 424.

[6] N° 659 Conférence sur la fête de l’Expectation de la Sainte Vierge (CC 12/1).

[7] Capitolo «In quale spirito bisogna compiere le proprie azioni e assistere al capitolo» n° 527 (= CC 231)

[8] N° 2677, Per il Venerdí “di Passione” in AL/1, p. 180s.

[9] Santa Gertrude, Le rivelazione, Libro IV, volume 2, I classici cristiani, Cantagalli, 19834, capp. 2, 18, cap. 12, 61, cap. 48, p. 167

[10] Giovanni di Castel O.S.B., Dell’unione con Dio, Scritti monastici, serie ascetico-mistica, n° IV, Praglia, 1944.

[11] N° 282, Conférence sur le vœu de victime (= CC 259).

[12] Giovanni di Castel, o.c., p. 32.

[13] Giovanni di Castel, o.c., p. 31.

[14] Giovanni di Castel, o.c., p. 3.

[15] N° 2583, Per la domenica delle palme, in AL/1, pp. 182-183; Imitazione di Cristo, Libro 2, cap. 8, v 2.

[16] Come si può pregare in tre modi per il prossimo, in Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, ed. Ancora, Milano 1999, p. 175  (d’ora in poi = LAS); Imitazione di Cristo, Libro 3, cap. 21,4.

[17] Risposte ad alcune proposizioni, LAS, p. 309; Imitazione di Cristo, Libro 3, cap. 37.

[18] Tommaso da Kempis, La disciplina del chiostro, traduzione di Onorato Tescari, Società Editrice Internazionale, Torino, 1932.

[19] Daniel-Odon Hurel « Mère Mectilde et les Mauristes » in Catherine de Bar, Une âme offerte à Dieu en Saint-Benoît, Miscellanea, Téqui, 1998,  pp. 112-118.

[20] Exercices spirituels ou Pratique de la Règle de Saint Benoît à l’usage des Religieuses bénédictines de l’Adoration perpétuelle du Très Saint Sacrement, Lille, 1859, p. 274. Nella sua traduzione italiana, l’opera di Dom Claude Martin s’intitola: Pratica della Regola di San Benedetto del Padre D. Claude Martin, Venezia, 1744.

[21] Exercices spirituels ou Pratique … o. c., 312. Cf. Pratica della Regola di San Benedetto, o. c., p. 37.

[22] Exercices spirituels ou Pratique … o. c., pp. 356-357. Cf. Pratica della Regola di San Benedetto, o. c., Della lezione spirituale, pp. 52-55.

[23] Cf. Louise Gnädinger, Giovanni Taulero, ambiente di vita e dottrina mistica, San Paolo, 1997, p. 162; p. 206.

[24] A Madre Benoîte de la Passion [de Brême], 22 febbraio 1653, in Catherine Mectilde de Bar, Non date tregua a Dio, Lettere alle monache, ed. Jaca Book, Milano 1979, p. 66 (d’ora in poi abbreviato con NDT).

[25] Conférence de la veille de l’an 1662 (=CC 31)

[26] N° 56, Lettre à la Mère Marie de Saint François de Paule [Charbonnier], 1667, in Catherine de Bar, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Lettres inédites, Rouen, 1976, p. 286.

[27] M. Mectilde du Saint Sacrement, Il Vero Spirito delle religiose adoratrici perpetue del SS. Sacramento dell’altare, Ronco di Ghiffa, 1980, pp. 76-77.

[28] Cf. La Vie et les œuvres spirituelles de sainte Catherine d’Adorny de Gènes, revues et corrigées, Lyon, chez Pierre Rigaud, Rue Mercière au coin de la rue Serrandière 1610 et La Vie et les œuvres spirituelles de sainte Catherine de Gènes, par Jean Desmarets, éditée chez Florin Lambert, Paris, 1662. Se ne può comprendere appieno il significato solo ricollocandola nel suo contesto. Cf. cap. 32 della vita di Caterina da Genova, «come mostra con la figura del pane mangiato, il modo in cui si compie l’annientamento dell’uomo in Dio ».

[29] Véronique Andral (a cura di), Catherine Mectilde de Bar. l. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Roma, Città Nuova, 1988, p. 49. Su Caterina da Genova e madre Mectilde, vedere anche: Giorgio M. Bertolini, in Catherine Mectilde de Bar, Anno liturgico e santità, ed. Glossa, Milano 2005, p. 323 nota 27, e p. 324.

[30] Cf. testo n° 1316, Lettera alla Comunità di Toul, 1672, in NDT, p. 136 ; cf. anche LAS, L’orazione in semplicità di spirito secondo i sentimenti del monsignore di Ginevra, p. 172.

[31] N° 856, Lettre à Mère Dorothée Heurelle, 6 février 1674, Catherine de Bar, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Lettres inédites, Rouen, 1976, p. 323.

[32] LAS p. 150.

[33] N° 2014, Per il giorno dell’Annunciazione, AL/1 311 Si veda anche la conferenza N° 1907, conferenza per la festa del Sacro Cuore di Maria (=CC 52).

[34] Cf. Atti del Colloquio « Jeanne de France et l’Annonciade » tenutosi presso l’Institut Catholique di Parigi nel 2002 : Joël Letellier, Catherine de Bar (1614-1698), annonciade et bénédictine, une même aspiration à travers les vicissitudes de l’histoire : D. Dinet- Moracchini-m.E. Portebos  in Jeanne de France et l’annonciade, Paris, ed. du Cerf, 2004, pp. 329-384 e più specificamente  pp. 343-346.

[35] Catherine de Bar, Fondation de Rouen, Bénédictines du Saint-Sacrement, Rouen, 1977, p. 132

[36] N° 2038  Conferenza sul Regno di Dio in noi (=CC 265). Il passo si trova nel capitolo 38, versetto 19 della vita di Teresa d’Avila. Cf. Santa Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa, Opere7, Roma, Postulazione Generale, o. c. d., 1981, p. 399.

[37] È con la fede che si conosce Dio (AS pp. 105-106).

[38] Véronique Andral (a cura di), Catherine Mectilde de Bar. l. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Roma, Città Nuova, 1988.

[39] N° 1411 Alla madre Monique des Anges, (NDT p. 190).

[40] N° 459, Conferenza della Presentazione di Nostro Signore al Tempio (=CC 49/1).

[41] Pierre de Bérulle, La Vie de Jésus, Cerf, Collection « Foi vivante , 236 », Paris, pp. 197-198. Pierre de Bérulle (1575-1629). Cf. Véronique Andral (a cura di), Catherine Mectilde de Bar. l. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Roma, Città Nuova, 1988, pp. 295-309.

[42] N° 2484, Conférence de la surveille de Noël, (=CC 18/1).

[43] Pierre de Bérulle, Les Grandeurs de Jésus, II, 13, citato secondo Fernando Guillen Preckler, « Etat » chez le Cardinal de Bérulle, théologie et spiritualité des « états » bérulliens, Analecta Gregoriana vol. 197. Series Facultatis Theoogicae : Sectio B, n. 63, Università Gregoriana Editrice, Roma, 1974, p. 129.

[44] N° 2813, Capitolo per la vigilia di Ognissanti (=CC 173/1).

[45] Cf. Bernard Pitaud pss, La corrispondenza tra madre Mectilde e Jean de Bernières, in “Deus absconditus”, anno 89, n. 3-4, Luglio-Dicembre 1998, p. 61.

[46] N° 2606, Bienheureux les débonnaires car ils possèderont la terre (=CC 180).

[47] Idem.

[48] Jean de Bernières-Louvigny, Le chrétien intérieur ou la conformité intérieure, Parisse Frères, Paris, 1852, tomo secondo, p. 10.

[49] Véronique Andral (a cura di), Catherine Mectilde de Bar. l. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Roma, Città Nuova, 1988, p. 106.

[50] Id., p. 65.

[51] Il Vero spirito, cap. 15, pp. 132-133.135.

[52] Pubblica anche La vie sacrifiée et anéantie des Novices et Les Méditations sur les Solennités et les fêtes des Saints propres de l’Institut de l’Adoration perpétuelle du Très Saint-Sacrement, L’horloge pour l’Adoration perpétuelle au très Saint Sacrement.

[53] La nature immolée par la grâce ou la pratique de la mort mystique pour l’instruction et la conduite des religieuses bénédictines, consacrées à l’adoration perpétuelle du Très-Saint-Sacrement et très utile à toutes les personnes dévotes à ce grand mystère, Paris, chez Georges Josse, 1674, p. 388.