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Deus absconditus,  anno 89, n. 1,  Gennaio-Marzo 1998, pp. 56-59
 

Gabriella La Mela, Novizia del monastero di Catania.
Madre Mectilde de Bar: un carisma da conoscere

 

1. CARISMA DELL’ADORAZIONE

Comunemente accade che la vita e il carattere di un autore ricevano chiarezza principalmente dai suoi scritti. Talvolta, invece, la personalità di uno scrittore, imponendosi in modo determinante, si fonde e diventa un tutt’uno con l’opera stessa.

La vicenda interiore di madre Mectilde de Bar, fondatrice delle Benedettine del SS. Sacramento, è ricca di aspetti capaci di esercitare una forte presa sugli scritti che, dall’altro lato, hanno contribuito a richiamare l’attenzione su caratteri più soggettivi di questa grande personalità religiosa del 1600.

Ed è dai suoi numerosi ed importanti scritti che emerge un carisma altamente cristocentrico, espresso in diverse sfaccettature armonicamente sintetizzate in un «ideale di adorazione e riparazione», dove Maria – Madre ai piedi della Croce – è modello di adesione all’annullamento del Dio incarnato.

Brevemente analizzeremo due pilastri del pensiero mectildiano: l’adorazione e la riparazione.

Per madre Mectilde adorare è aderire, ossia entrare in intimità col Signore nel culto eucaristico, diventare dei «Gesù Cristo». Più si adora, più si aderisce e più cresce il desiderio di porsi alla sequela di Chi si è fatto obbediente fino alla morte.

Essere con Gesù vuol dire essere dalla parte della croce, essere – come Maria – la madre del «sì», generoso e nascosto, in adesione piena e vitale con il mistero di un DIO-UOMO che si fa prossimo ad ogni fratello, abitando nel cuore e nelle profondità di ogni essere.

Adorare è fare scaturire dall’interiorità di noi stessi, la forza stessa del Cristo e la preghiera diventa offerta trasformata in adorante uniformità con l’Uomo dei dolori e Signore della vita gloriosa. Per questo motivo la Madre esorta le figlie tentate di scoraggiamento, a cercare nell’Adorazione, la gioia silenziosa che viene dall’uniformarsi in tutto alla vita del Dio Creatore e Salvatore.

È lo stesso Signore che chiede veri adoratori e madre Mectilde vuole essere tra questi.

Ella, in un secolo fortemente eucaristico, ma segnato da forti contraddizioni, addita in «un ostensorio» il culmine attorno a cui gravita l’intera esistenza dell’uomo e del cristiano.

«Adorare un Mistero così indicibilmente superiore all’intelligenza umana è ciò che attira su di noi le divine compiacenze di Dio che ci guarda con amore. Andate, dunque, in spirito di fede ai piedi del Tabernacolo e lasciatevi bruciare alla Divina Presenza di questo Dio d’amore: non potreste fare nulla di meglio» [1].

Madre Mectilde è una donna che parla per esperienza e che ha fatto una grande scoperta nella sua vita. Dio è un continuo dono d’amore fino al pieno annientamento di Sé. Adorarlo è rispondere all’invito di Cristo di «essere perfetti come il Padre Suo».

Una donna che, tra le vicende dolorose della sua vita ha incontrato il Cristo e lo ha adorato tutto raccolto in un’Ostia, ci invita a fare di Gesù nel SS. Sacramento l’unico scopo della nostra esistenza.

L’Eucaristia è e diventa sicuro punto di riferimento, specialmente in una società frammentata e spersonalizzante come la nostra. Diventa aggancio e risposta alle esigenze più profonde dell’uomo che, nel suo cammino, necessita del sostegno e della centralità del Cristo.

2. IL CARISMA DELLA RIPARAZIONE

Abbiamo evidenziato lo stretto rapporto esistente in madre Mectilde de Bar, tra adorazione e adesione.

Fare «adorazione» è cercare la radice stessa della propria fede, con la consapevolezza che il mistero di Dio impegna tutta l’esistenza in quella sola ricerca capace di dare un senso e una risposta all’ansiosa tensione dell’uomo.

Ecco che per la fondatrice delle Benedettine del SS. Sacramento, l’adorazione è adesione e l’adesione è continua e operosa esigenza di riparazione. Riparare è cercare Dio, riscoprire la sua centralità, affermare che l’essenza dell’uomo è l’amore.

È amando che si offre vera riparazione e la riparazione è la molla che spinge l’adoratrice a servire la fede, cercando risposte capaci di colmare quei vuoti che l’esistenza porta inevitabilmente con sé.

A cosa serve una vita se non per essere donata? Madre Mectilde ha intuito tutto questo, associandosi a Gesù Riparatore, non desiderando altro che la sua vita fosse donata.

Riparare è espiare, ma non in modo astratto, bensì nella Persona di Gesù. Espiare è offrire continuamente la propria vita.

Il messaggio sulla riparazione di Mectilde de Bar è quanto mai attuale e profondo in un contesto ecclesiale moderno, segnato tuttavia da gravi problemi, un po’ come quelli della Francia del 1600 della Madre Fondatrice.

Esso è un invito a volersi far carico delle proprie e altrui colpe e offrirle, in nome di Cristo al Padre perché le purifichi e le trasformi in abbondanza di grazie.

Questa donna dalla tempra forte e decisa, ha ben capito l’intima essenza della riparazione e ha risposto con generosità alla vocazione riparatrice, coinvolgendo in questa sua adesione, altre persone desiderose di prendere sulle proprie spalle la croce di Gesù e dell’umanità intera.

L’attenzione un po’ polemica di qualcuno, potrebbe giudicare tutto questo come un atto di presunzione, come una sorta di privilegiato «cireneismo», per usare una parola insolita. Ma la vera riparazione è un grande atto di umiltà: è un uscire da se stessi per collaborare con Cristo, il quale, offrendo al Padre una perfetta adorazione, ha trasformato il volto dell’umanità, liberando il cuore dell’uomo dalla schiavitù del peccato.

Gesù conta sulla nostra gratitudine: Egli non vuole dispensarci da ogni riparazione. Egli la attende. Chi risponde a questa attesa deve imparare, come le donne di Gerusalemme, a piangere prima sui propri peccati e, dopo, su quelli dell’umanità.

È quello che madre Mectilde insegna a se stessa e alle sue sorelle:

«Perché non posso io morire di dolore e di dispiacere per gli affronti che faccio al mio Dio! Chiedete misericordia per me, affinché i miei peccati non attirino l’ira di Dio. Mio Dio, salvate i peccatori e fate regnare il Vostro Figlio Divino» [2].

Gesù è in azione di riparazione, anche oggi. Egli è sempre in prima fila: Egli chiede collaboratori affinché il nutrimento interiore che dà la vita eterna, venga offerto alle generazioni presenti e future, ad ogni uomo che porta avanti il peso della sua vita.



[1] N. 1010, Capitolo del 29 aprile 1695.

[2] Citato in Véronique Andral, Catherine Mectilde de Bar. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, ed. Città Nuova, Roma 1989, p. 131.