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Deus absconditus , anno 74, n. 3, Luglio-Settembre 1983, pp. 9-13
 

Mons. Santi Pesce
Adorazione

I Premessa generale

    Nel significato teologico, la parola «adorazione» o «culto di latria» è il riconoscimento di Dio come supremo Signore e della nostra assoluta dipendenza da lui. L’adorazione, pertanto, è l’atteggiamento logico della creatura spirituale, che non trovando in se stessa la ragione del proprio essere, l’attribuisce al vero Dio, personale e trascendente.

    Nel Nuovo Testamento, l’adorazione è riferita al Cristo Risorto, esaltato alla destra di Dio. «Nel nome di Gesù – canta l’inno cristologico contenuto nella lettera ai Filippesi – ogni ginocchio deve piegarsi in cielo, in terra e sotto terra e ogni lingua deve confessare: Gesù Cristo è il Signore» (2,10-11). Quella stessa adorazione che nell’Antico Testamento era rife-rita a Dio, nel Nuovo Testamento è riferita al Cristo. Il Vangelo di Giovanni (4,20-22) mentre narra l’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, riferisce sulla nota controversia tra giudei e samaritani intorno al luogo dove Dio vuole essere adorato, il pensiero di Gesù. «Viene l’ora – dice Gesù – anzi essa è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità».

    Gesù parlando di adorazione nuova, non vuole evidentemente dire che d’ora in poi l’adorazione fatta a Dio dall’uomo non debba più esprimersi con gesti esteriori o in luoghi determinati. Perché «spirito» non ha qui il significato di interiorità o di anima dell’uomo, come «verità» non significa qui lealtà o sincerità dell’uomo. La vera adorazione di Dio, da sempre è stata intesa sia dai Giudei che dai Samaritani, come riconoscimento sincero e profondo della dipendenza assoluta dell’uomo da Dio.

    La novità dell’adorazione sta invece nell’annunzio che Gesù fa dell’avvenuto compimento dell’attesa messianica. Gesù è il Messia promesso e atteso dai Profeti; Gesù è il rivelatore di Dio Padre; è Lui il tempio nuovo, dove Dio deve essere adorato. Ormai culto e luogo del culto nell’adorazione di Dio, sono legati alla Persona di Dio, cioè al Figlio di Dio, che si rivela.

II Adorazione del SS. Sacramento

    Il fondamento teologico dell’adorazione dell’Eucaristia, è la reale presenza di Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino consacrati. La presenza reale, mentre è per noi motivo di immenso conforto, ci aiuta a comprendere che Cristo presente nell’Eucaristia, è presente nell’atto del Suo Sacrificio. Poiché è perenne la presenza di Gesù fra noi nel Sacramento dell’amore, perenne deve essere la nostra espressione di gratitudine, di lode, di amore verso di Lui. Di qui la prassi della Chiesa Cattolica di promuovere l’adorazione perpetua dell’Eucaristia.

Nella Chiesa primitiva, poiché la conservazione dell’Eucaristia era limitata per l’uso dei malati, l’adorazione avveniva nella celebrazione della Messa e nella comunione degli infermi. A partire dal secolo XIII si inizia in Francia e nella Spagna la pia pratica dell’esposizione delle specie eucaristiche per l’adorazione. L’Italia è stata la fucina dell’adorazione eucaristica, distribuita in forma regolare nei diversi periodi dell’anno, con la pratica delle Quarantore. Alla fine del XVII secolo sorsero Congregazioni religiose e Confraternite con lo scopo dell’adorazione perpetua.

Alcune congregazioni religiose, come «Le Benedettine dell’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento», «La Congregazione Sacerdotale degli Adoratori del SS. Sacramento», praticano anche la riparazione delle offese recate a Cristo nel SS. Sacramento.

Madre Mectilde del S. Sacramento, al secolo Caterina de Bar testimone oculare delle orrende profanazioni verificatesi nelle guerre che ebbero luogo ai suoi tempi, fu apostolo illuminato del mistero eucaristico e del modo come si deve intendere la riparazione, incentrata sull’aspetto di sacrificio dell’Eucaristia.

III Giustificazione teologica dell’adorazione del SS. Sacramento

    A) L’Eucaristia presenta come prima e fondamentale sua caratteristica, l’aspetto del «banchetto».

    È la «frazione del pane», di cui ci parla Luca, quando descrive la primitiva comunità cristiana: «assidua alla predicazione degli apostoli, alla vita comune, alla frazione del pane e alle preghiere» (Atti 2,42). Da tutta la narrazione lucana emerge che la «frazione del pane» serviva a preservare e ad approfondire nei primi cristiani il senso della comunità, lo spirito di solidarietà che animava la Chiesa primitiva. Nella celebrazione della «Cena del Signore», i primi cristiani si sentivano uniti con Cristo e uniti fra di loro, come membra di Cristo.

    S. Paolo perciò insiste molto sul simbolismo della Cena Eucaristica: «Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un solo corpo; poiché noi tutti siamo partecipi di questo unico pane» (1 Cor 10,17). In quel pane consacrato, che in realtà è il Corpo glorificato di Cristo, sta il potere di unificare la comunità attraverso la partecipazione alla stessa mensa. La celebrazione eucaristica è infatti il mezzo con il quale Cristo sigillò la nuova e definitiva alleanza con tutto il popolo di Dio; fu il Suo Corpo e il Suo Sangue, dati per gli uomini sotto le specie del pane e del vino nella cena e in modo cruento sulla croce del Calvario, il supremo adempimento della volontà salvifica universale di Dio.

    B) L’Eucaristia è anche il memoriale di ciò che Cristo fece nell’ultima Cena: «Fate questo in memoria di Me».

    L’atto commemorativo dell’ultima cena, non è però il semplice ricordo di un fatto storico verificatosi nel passato. Come l’istituzione dell’Eucaristia, così la sua memoria sono avveni-menti che devono perpetuarsi nel tempo, perché la sua alleanza è valida ed efficace per tutti gli uomini del passato, del presente e del futuro. È attraverso la presenza reale del Signore risorto nell’Eucaristia, che oggi si riattualizza sacramentalmente la morte del Signore. Cristo glorificato è quello stesso che un giorno morì sulla croce, come Cristo fu glorificato dal Padre perché la passione e morte del Suo Figlio, furono le supreme manifestazioni del suo amore e della sua obbedienza al Padre. Perciò l’Eucaristia, mentre è il memoriale del sacrificio di Gesù, è anche la proclamazione della buona novella della nostra salvezza.

    C) Eccellenza dell’Eucaristia su tutti gli altri Sacramenti.

    Mentre il proprio dei Sacramenti istituiti da Gesù Cristo è l’essere «segni pratici», cioè segni che non solo significano, ma che producono ciò che significano, S. Tommaso rileva alcuni aspetti, proprii dell’Eucaristia, che ne proclamano l’eccellenza su tutti gli altri Sacramenti.

    1) L’Eucaristia si realizza nella consacrazione della materia: pane e vino, di modo che la presenza reale di Cristo, che è la «res et sacramentum» dura finché durano le specie del pane e del vino. Negli altri Sacramenti, sia la «res et sacramentum», sia la «res tantum», come per es. nel Battesimo sia il carattere che la grazia battesimale, si realizzano solo nell’applicazione della materia al soggetto che li riceve. Così che, mentre l’Eucaristia è Sacramento permanente, il Battesimo è Sacramento nel suo fieri.

    2) L’Eucaristia è in sé stessa una realtà sacra perché contiene l’Autore della grazia, il Cristo medesimo.

Gli altri sacramenti sono realtà sacre, solo se considerati in relazione al potere che hanno di santificare (cfr. III 9.73 a. 8 ad 3).

IV Difficoltà che può sollevare la pratica dell’adorazione del SS. Sacramento

    1) L’Eucaristia è istituita sotto forma di cibo, come nutrimento, mentre l’adorazione prescinde dalla Comunione.

    Si risponde: l’amore tende, per sua natura, alla presenza dell’amante con l’essere amato. L’adorazione risponde al bisogno del cristiano di stare vicino a Gesù, di dialogare con Lui, di ascoltarLo e di parlarGli, di lasciarsi permeare dal suo amore, per amare gli altri come Egli ci ha amato, di chiederGli le grazie per sé e per i fratelli e di domandarGli perdono delle proprie e delle colpe altrui.

    L’Eucaristia, che è anche il memoriale della Passione del Signore, cioè il ricordo della suprema manifestazione del suo amore per l’uomo, esige che l’uomo, beneficiario dell’amore di Cristo, se ne ricordi sempre, perciò - attraverso l’omaggio della sua adorazione - offre a Gesù un altro segno della propria gratitudine e del proprio amore: «Amore con amor si paga».

    2) L’Eucaristia è il Sacramento della comunità ecclesiale, mentre l’adorazione è una devozione individuale.

    Si risponde: la comunità ecclesiale non assorbe né distrugge l’individualità dei cristiani, ma la potenzia perché, come dice S. Paolo, i molti che partecipano dell’unico pane, diventano un solo corpo.

    L’Eucaristia fu istituita da Cristo sotto l’aspetto del banchetto perché la comunità ecclesiale può essere formata a condizione che i suoi componenti, nella qualità di commensali, cibandosi del pane soprasostanziale, che è il Corpo di Cristo, assicurino l’efficienza e l’unità del Corpo mistico.

    Come l’efficienza del corpo fisico si ha quando ogni cellula, ogni organo, ogni tessuto opera in sintonia per il benessere del tutto, così l’efficienza del Corpo mistico si ha quando ogni cristiano vive ed opera in unione al Capo, nello stato di grazia. L’adorazione dell’Eucaristia, è uno dei mezzi, che la Chiesa Cattolica raccomanda perché il cristiano viva meglio in coerenza la propria vocazione.

    3) In che senso l’adorazione dell’Eucaristia serve anche come «riparazione del peccato»? Come si può riparare al peccato, senza il personale impegno del peccatore?

    Si risponde: il dato di fede della «Comunione dei Santi», risolve la difficoltà. In virtù della «Comunione dei Santi», tutte le membra del Corpo mistico, comunicano nel Cristo alla stessa vita. Scrive dom Georges Lefèbvre o.s.b: «La vita che in Cristo risiede con ogni pienezza e potenza di effusione riversantesi sull’umanità intera, si comunica alle membra di Lui con quella stessa forza di amore, di donazione, che le è propria in quanto è vita divina. La grazia è contagiosa: la «Comunione dei Santi« è il contagio della grazia» [1].

    Ogni anima che vive in grazia, è una sorgente di luce e di calore soprannaturale. Poiché la «Comunione dei Santi» è scambio di vita divina, è comunicazione vicendevole, è circolazione della vita del Capo tra le membra, si comprende la spiritualità riparatrice. Si vuole riparare il peccato, distruggendolo là dove si trova.

    Come nel corpo fisico, all’insorgere di un malanno da virus che colpisce una delle innumerevoli parti che lo compongono, si verifica, con la ripresa accelerata e intensiva di tutte le funzioni dell’organismo, una convergente, agguerrita offensiva degli anticorpi, per guarire la parte lesa, così analogamente avviene nel Corpo mistico di Cristo, in virtù della «Comunione dei Santi».

    È questa certezza di fede che rende il cristiano riflessivamente ottimista.

    La rivelazione divina conferma il sano ottimismo del cristiano:

    a) la volontà salvifica universale di Dio. (1 Tim 2, 4).

    b) «Dove abbondò il delitto, sovrabbondò la grazia». (Rom 5, 20).

    c) Dio Padre è Amore e Cristo Suo Figlio, è nostro fratello.

    d) Cristo è il Capo del Corpo mistico che è il Popolo di Dio. (Col 1, 18).

 



[1] Cf. «Rivista Ora et Labora» n. 1, 1959, Monastero S. Benedetto, Milano.